Cronaca

Ispra: in Sicilia differenziata per la prima volta oltre il 50 per cento. Ma pesano costi e mancanza di impianti

Percentuali in aumento per quanto riguarda la raccolta differenziata ma costi di smaltimento che rimangono i più alti d’Italia. In mezzo la necessità, a livello regionale ma anche su scala nazionale, di invertire la rotta sui quantitativi di rifiuti che finiscono in discarica: al momento siamo al 18 per cento mentre le direttive di Bruxelles indicano l’obiettivo al 10 per cento. Come si può raggiungere questo traguardo? Con nuovi impianti per l’incenerimento dei rifiuti e il recupero energetico.

Questa, in sintesi, la fotografia dell’edizione 2023 del rapporto Rifiuti urbani, pubblicato nei giorni scorsi, dell’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale. La Sicilia, per la prima volta, supera il 50 per cento di raccolta differenziata. Un incremento considerevole se confrontato alla situazione che si viveva nel 2018, quando la percentuale era del 29,5 per cento. Su scala provinciale, primeggia l’area di Trapani con il 77 per cento di rifiuti differenziati. A seguire le province di Ragusa – 68,1 per cento – ed Enna – 63,3 per cento. Le uniche province a non superare la soglia del 50 per cento sono Catania e Palermo. Ma, se per la provincia etnea la percentuale arriva al 47 per cento, per quella di Palermo c’è un misero 34 per cento. A Catania spetta però il primato – tra le città con popolazione superiore a 200mila abitanti – per la produzione pro capite di rifiuti: 737 chilogrammi per abitante con 16 chilogrammi in più rispetto al 2021. A livello nazionale, nel 2022, il valore medio si attestava a 547,6 chilogrammi per abitante.

Da sottolineare anche i dati sulle percentuali di raccolta differenziata nei singoli capoluoghi di provincia. Messina e Catania, rispetto al 2021, crescono di circa dieci punti percentuale. La prima passa dal 43 al 53,5 per cento, mentre la seconda da uno striminzito 11 per cento al 22 per cento. A Palermo, invece, il primato della percentuale più bassa con un valore del 15,2 per cento, con una leggera crescita rispetto al 13,6 per cento del 2021. Nella gestione dei rifiuti nell’Isola, stando a quanto messo nero su bianco nel rapporto Ispra, incide «un quadro impiantistico carente e poco diversificato». In Sicilia i rifiuti smaltiti in discarica rappresentano il 51,5 per cento del totale che vengono prodotti. La linea, tracciata prima dal governo di Nello Musumeci e poi dal presidente Renato Schifani, è quella di dotare l’isola di due termovalorizzatori: uno a Catania e l’altro in provincia di Palermo. Sui tempi, però, non c’è nessuna certezza anche se, in una recente intervista, l’assessore all’Energia Roberto Di Mauro ha cerchiato in rosso il 2027. In Europa, Finlandia, Svezia, Estonia, Belgio, Danimarca, Paesi Bassi e Lussemburgo smaltiscono in discarica percentuali ridotte mentre più consistenti sono i valori percentuali dell’incenerimento con recupero energetico: dal 41 per cento di Lussemburgo, Paesi Bassi e Danimarca al 61 per cento della Finlandia.

Un capitolo a parte è quello rappresentato dai costi. La Sicilia presenta il maggiore valore di spesa, a livello nazionale, per la raccolta e trasporto della frazione differenziata con un esborso di 23,5 euro al chilogrammo. Il valore più basso è quello del Friuli Venezia Giulia con 9,2 euro al chilogrammo. All’estero, infine, vengono conferite più di 511mila tonnellate dei rifiuti prodotti dagli impianti di trattamento meccanico-biologico dei rifiuti indifferenziati. Primeggiano Campania (oltre 274mila tonnellate), Lazio (132mila tonnellate), Friuli-Venezia Giulia (oltre 42 mila tonnellate), Emilia Romagna (circa 26mila tonnellate) e Calabria (11mila tonnellate). Circa 9000 tonnellate sono conferite all’estero anche da Puglia e Sicilia che conferiscono entrambe circa 3000 tonnellate, mentre quantitativi modesti sono conferiti dall’Abruzzo e dal Piemonte. L’Isola, stando alle tabelle contenute nel rapporto Ispra, ha destinato la quota maggiore nei Paesi Bassi.

Dario De Luca

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