Gare truccate, quote imposte ogni mese, fantini accondiscendenti. Quello di Cosa nostra sull’ippodromo è stato «un controllo pressoché totale». Almeno fino al 9 dicembre 2017, giorno in cui si è disputata l’ultima corsa. Poi, a segnare il destino dell’anello di viale del Fante è un’interdittiva della prefettura di Palermo, che ne ordina la chiusura dei cancelli per sospette infiltrazioni mafiose. Le stesse appurate nelle successive indagini della procura, che un anno dopo porterà all’ennesimo blitz antimafia. Da struttura ippica a luogo addirittura di summit tra padrini, negli anni è questo il nuovo volto che Cosa nostra avrebbe imposto all’ippodromo. La cui chiusura, intanto, ha lasciato a casa gli ex lavoratori della struttura. All’interno della quale, nel frattempo, sono state trovate anche tracce di amianto e opere abusive da eliminare.
Questi i motivi che avrebbero ritardato la pubblicazione del bando di aggiudicazione da parte dell’amministrazione comunale. Ritardo che prima dell’estate aveva spinto gli ex dipendenti a scendere in piazza e a far sentire la propria voce. Le promesse fatte dal Comune, però, rispetto a un proprio impegno per riqualificare e rilanciare la struttura sembrerebbero essere state mantenute e il bando, alcuni mesi dopo, è in effetti arrivato. Solo che non si è presentato nessuno. «La gara indetta dal Comune per la gestione dell’ippodromo è andata deserta», denunciava a fine agosto la consigliera comunale dell’Udc Sabrina Figuccia, lanciando l’allarme. L’anello della Favorita è destinato a cadere nel dimenticatoio come altre note strutture sportive palermitane, rimanendo coi cancelli chiusi? Il dubbio sembrerebbe legittimo, visto gli esempi vantati dalla città.
«Diventano sempre più incerte le somme che il Comune potrebbe incassare dall’eventuale gestore del bene, perché sembrerebbe che Palazzo delle Aquile si accollerà non soltanto le spese della manutenzione straordinaria, ma addirittura anche quelle dell’ordinaria – proseguiva la denuncia della consigliera -, senza parlare poi del ribasso del 20 per cento (previsto dal bando) e dei costi relativi al furto del rame, di cui sicuramente il Comune è parte in causa per la scarsa, se non inesistente capacità di controllo». L’ippodromo, insomma, è destinato a rimanere abbandonato a se stesso come il palazzetto dello sport o il diamante di viale dell’Olimpo? «Forse, lanciando una provocazione, sarebbe meglio abbattere tutto e trasformarlo in mega centro multisportivo e funzionale, così da dare una risposta ai tanti appassionati palermitani che chiedono da decenni spazi dove poter fare sport».
Ma per Roberto D’Agostino, assessore al Patrimonio, queste non sono altro che polemiche senza capo né coda. E subito rassicura che le intenzioni dell’amministrazione vanno in direzione opposta e guardano a una restituzione di quel luogo alla comunità. «Stiamo continuando a riproporre il bando precedente, ma lo stiamo aggiustando per quanto riguarda il valore – spiega – per tenere conto di una variazione che c’è stata riguardo allo stato d’uso dell’ippodromo. Quindi, a breve sarà di nuovo pronto, è lo stesso bando sostanzialmente, col valore dell’importo da sistemare: non sappiamo ancora se dobbiamo aumentare gli anni o viceversa l’importo, stiamo studiando queste modifiche ma il corpo del bando rimarrà quello precedente. L’intenzione resta quella, di salvarla questa struttura». Non ci sono tentennamenti né incertezze nella sua voce. «Mi sono insediato il 13 marzo e da allora abbiamo cominciato a sviscerare tutti i problemi legati alla vicenda, ci eravamo dati come impegno di fare il bando entro agosto, ovviamente il fatto che non si sia presentato nessuno non era stato messo in conto. Anche se in realtà – rivela – una società è venuta a vederlo, quindi qualcuno di interessato c’è e noi in quella direzione stiamo andando, per restituire alla città l’ippodromo nella sua interezza».
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