«Non abbiamo avuto più alcuna risposta dalla politica. Attualmente nessuno si prende carico della nostra situazione: noi da dipendenti pubblici abbiamo il diritto di essere assunti nei Comuni del comprensorio o nelle Asp. Eppure, ci vediamo chiudere la porta in faccia». L’esasperazione sembra essere stata superata e adesso nelle parole dei dipendenti dell’Ipab Oasi Cristo re di Acireale sembrano trovare spazio la frustrazione e il nervosismo. «Il governatore Musumeci ci aveva promesso che la situazione si sbloccava – protestano -. Il sindaco Stefano Alì non si è mai fatto vedere: fossimo stati in campagna elettorale, forse, la situazione sarebbe stata diversa». Dal canto suo il primo cittadino acese Stefano Alì si dice disponibile a sostenere la causa dei lavoratori «ma non ho visto una loro protesta a Palermo, perché è lì che si deve risolvere la questione con la legge per le Ipab – risponde -. Ho più volte detto di essere disponibile per una mobilitazione regionale».
La situazione dei quasi quaranta dipendenti che ormai contano 52 mensilità arretrate sembra ormai essere stata inghiottita dal buco nero della burocrazia. Da un paio di mesi – in particolare da quando l’ente non è coperto dalle spese per l’assicurazione e i fornitori non possono essere pagati – i locali che per decenni hanno dato assistenza a disabili e anziani non ospitano più nessuno. Qui, ormai, i dipendenti sono costretti a fare da guardia alle sole pareti, mentre tra i corridoi alberga soltanto il silenzio. Con l’Ipab in chiaro fallimento – il deficit si aggira sui tre milioni, stando all’ultimo bilancio consuntivo del 2017 -, adesso i dipendenti cercano altre occupazioni nella pubblica amministrazione. Dall’altro lato però non possono abbandonare la struttura, che adesso li vede semplici custodi, pena la perdita di tutte le loro spettanze.
I lavoratori che sono rimasti si danno il cambio durante la giornata fatta di due turni. «Veniamo qui a tenere le candele», si lascia scappare uno di loro con un velo di ironia. Chi viene a fare i turni gratis adesso aspetta solo di essere assunto anche temporaneamente, così come è accaduto ad alcuni colleghi che nei mesi scorsi hanno trovato un impiego a chiamata presso il Comune di Acireale, Viagrande, l’Ipab Ventimiglia di Catania e l’Iacp: undici dipendenti, per l’esattezza, che hanno risposto al bisogno degli enti pubblici. «Di alcune assunzioni non sapevamo niente, i colleghi hanno fatto quasi tutto di nascosto – dice una lavoratrice -. Non sappiamo com’è avvenuta l’assunzione». Tre dipendenti sono stati assunti dal Comune di Acireale in maniera provvisoria. Ma l’onorevole Angela Foti sottolinea come ci sia stata trasparenza: «Il Comune di Acireale aveva bisogno di tre figure specifiche – replica a MeridioNews -, sono stati scelti in base all’elenco inviato dall’Ipab». Ma lo sconforto dei lavoratori rimane. «L’ente ha fatto una richiesta collettiva per cercare un’occupazione a ognuno di noi – commenta una dipendente -. La richiesta è stata estesa a tutti i Comuni del circondario per farci assumere. Abbiamo fatto domanda anche singolarmente. Ma tuttora non abbiamo avuto riscontro. Ho girato i Comuni ma niente è stato fatto. Il nostro non è elemosinare, non è clientelismo, ma ci affidiamo semplicemente alla norma che dice che possiamo essere assunti negli enti pubblici».
Alla fine del 2017 si era prospettato un risanamento attraverso l’Occ (Organismo di composizione unità di crisi). «Abbiamo presentato tutta la documentazione a corredo, volevamo chiedere il risanamento, ma anche in quel caso niente è stato fatto», aggiunge il direttore Angelo Rigano. Che poi parla di «situazione di totale paralisi, fino a determinare anche l’impossibilità di assistere i degenti». A questo si aggiungono i pignoramenti che tutti i dipendenti hanno prodotto nei confronti dei Comuni debitori verso l’ente. La maggior parte delle somme che spettano ai dipendenti sono bloccate perché alcune amministrazioni non possono pagare. E, se le somme dei Comuni sono bloccate, l’unica boccata di ossigeno può arrivare dalle rette socio sanitarie che ammontano a circa due milioni di euro. «Quelle potrebbero essere sbloccate e pagate – continua Rigano – , sarà l’Asp a dare l’ok. Per quanto riguarda le restanti rette che sono state sbloccate, si attende il pagamento del Durc. Senza il Durc le somme non possono partire».
Nel frattempo si spera nello sblocco della riforma delle Ipab, di cui si parla da anni tra i banchi dell’Ars e che, almeno fino a settembre scorso, sembrava potesse andare in porto. Tuttavia la storica riforma sembra essere in stallo: «Questo indica tutta l’inefficienza da parte del governo regionale, il quale non si decide a mandare avanti un disegno che salverebbe le Ipab siciliane, come già si fa in altre parti d’Italia – commenta Angela Foti, una delle fautrici del disegno di legge -. La riforma prevede un accorpamento degli istituti su base provinciale, in un’unica istituzione, che dovrebbe godere delle convenzioni con le Asp sui servizi socio assistenziali. Ma evidentemente alla Regione fa comodo disperdere interi patrimoni e lavoratori». Intanto è previsto un incontro tra l’onorevole Foti e l’assessorato regionale della Famiglia per lo sblocco delle rette.
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