Interpretare profumi e sentori del vino

L’insostenibile leggerezza della banana. Odori e profumi del vino, dalla chimica alle nostre percezioni. Banana? Frutta rossa? Sottobosco? Fiori appassiti? Quando un neofita si approccia per le prime volte ai profumi del vino, in maniera alquanto bizzarra, prova sempre, per puro compiacimento, a indovinare. Durante i corsi professionali di formazione per sommelier, alla domanda del docente «Chi si vuole cimentare?» cala il sipario. Capita, specie durante le prime lezioni. Timidamente, quasi con ritrosia, si è alla ricerca di approvazione nelle espressioni dei compagni di banco: «La senti anche tu la banana appena sbucciata?».

Si prova a decifrare negli altri volti terrorizzati, o talvolta spavaldi, se quei sentori sbocciati nel calice e avvertiti dal docente ci siano veramente o siano frutto della fantasia di un buon naso. La domanda, che nessuno inizialmente non pone per timore di andare in errore è la seguente: da dove derivano i profumi del vino? Perché sento quell’odore che mi ha fatto pensare allo yogurt o alla vaniglia? 

Chiariamo, innanzitutto, che nel vino non vengono assolutamente aggiunti aromi, né di banana né di sottobosco, benché meno di fiori appassiti, o altro ancora – esiste la categoria dei vini aromatizzati, ma magari ne riparliamo – Quelli che noi percepiamo non sono altro che sostanze volatili, molecole che veicolano i profumi che noi avvertiamo (anche i più assurdi come quello della stalla). 

In altri termini, noi sommelier compiamo un’operazione di esegesi della chimica: traduciamo i termini tecnici delle sostanze in parole più semplici che aiutino a riconoscere un odore a noi familiare. Talvolta siamo autoreferenziali, lo ammetto. Ma proprio i profumi, a tutti noi più conosciuti, aiutano a veicolare una corretta degustazione, e non abbiate timore di dire quello che avvertite. Giusto o sbagliato l’importante è che lo motiviate. Non vogliamo scoraggiare nessuno, tutt’altro. Vogliamo solo svelare che nella nostra mente esistono già quei sentori, dobbiamo solo imparare a riconoscerli. In natura esistono più di 200 mila molecole in grado di produrre odori (profumi o altre sensazioni meno gradevoli). 

Di seguito un po’ di chiarezza. I profumi del vino si possono classificare in tre gruppi di aromi. 

Primari o varietali, sono profumi legati al vitigno di origine. 

I principali aromi primari sono i terpeni, molecole tipiche delle uve aromatiche. Sia odorandone un acino, sia assaporandone il gusto se ne può avvertire la gradevole aromaticità. Il profumo è molto evidente e semplice da individuare. Un esempio ne sono: Malvasia, Brachetto, Gewurztraminer. Questi aromi si possono trovare anche in uve a sapore semplice vinificate in particolare condizioni. Esempi ne sono le molecole di nerolo e geraniolo che profumano di rosa nelle espressioni più giovani di Nebbiolo, alcoli e benzanoidi che profumano di lampone e fragola nel Perricone, i norisoprenoidi come lo ionione profumano della viola che identifica immediatamente il Sangiovese. Tutto ciò che avvertiamo come vegetale, invece, dal peperone all’asparago o alla foglia di pomodoro, sono metossipirazine e composti solforati riscontrabili nel Cabernet Sauvignon e nel Merlot.

Secondari sono profumi che si sviluppano durante i processi di fermentazione, dalla pigiatura alla fermentazione alcolica. 

A questo gruppo appartiene la sopraindicata banana, frutto della discordia di molti sommelier, scaturito degli esteri nati dall’unione di alcol e acidi. O ancora il diacetile, ovvero, quel profumo di burro, yogurt, latte. Un composto formato in fase di fermentazione malolattica. 

Terziari sono profumi derivati dalla fase di maturazione di un vino. 

Li troviamo soprattutto in vini che sono affinati in botte. Solitamente quando un produttore desidera mantenere più o meno intatto il varietale vinifica esclusivamente in acciaio o in cemento. Il legno rilascerà soprattutto sentori di vaniglia, o spezie dolci, e dal tipo di tostatura anche fiori appassiti o nuance che potrebbero ricordare tabacco o cuoio. Un buon metodo per allenare il nostro olfatto è certamente degustare il più possibile, se vi va anche alla cieca, ma anche iniziare come un segugio ad annusare tutto ciò che abbiamo intorno: dalla frutta, ai fiori, agli ortaggi, e last but least nei tanti altri angoli della nostra memoria. E vedrete che anche la banana salterà fuori.

Questo contenuto è un omaggio a Carmelo D’Urso, docente di Fondazione Italiana Sommelier, con il quale mi sono cimentata parecchie volte negli anni passati. Grazie per le sue appassionanti e appassionate lezioni di cui conservo vividamente gli insegnamenti..


Alessia Zuppelli

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