Interessi fino al duemila per cento a un barbiere catanese Gli usurai patteggiano. «Esito che scoraggia la denuncia»

Un giovane barbiere catanese era stato costretto a pagare interessi usurai anche fino al duemila per cento. Entrato nel tunnel dell’usura, il piccolo imprenditore aveva poi scelto di denunciare i suoi due strozzini. Camillo Scuderi, detto Meluccio (classe 1984) e Alfonso Giovanni Angiolini, detto ‘zu Giuvanni di bibiti (classe 1957) adesso, con giudizio immediato, hanno patteggiato due anni di carcere (con pena sospesa) e rispettivamente il pagamento di una multa di 6mila euro e di 4mila euro.

«Con sorpresa abbiamo appreso la sentenza di patteggiamento emessa con una pena così mite per fatti che sono apparsi subito piuttosto gravi», dicono a MeridioNews dall’associazione antiestorsione Asaec di Catania, che ha supportato l’imprenditore nel percorso di denuncia. «La decisione – spiega il presidente di Asaec Nicola Grassi – ci amareggia non per la scelta del rito alternativo, che rimane nella facoltà delle parti, ma piuttosto perché la serialità e l’abitudinarietà delle condotte usurarie avrebbero potuto suggerire l’applicazione di pene più severe». 

La vittima, prima lavoratore dipendente non in regola e poi titolare di una propria sala di parrucchiere nel quartiere Monto Po a Catania, per fare fronte ad alcuni bisogni personali e anche per sostenere la propria attività professionale, si è rivolta prima all’uno e poi all’altro per ottenere un prestito di 32mila euro. Il primo a prestare soldi al piccolo imprenditore sarebbe stato Scuderi: dieci prestiti per un totale di 18mila euro in contanti. In cambio, però, oltre alla cifra avuto in prestito Scuderi avrebbe preteso interessi di oltre 23mila euro. Con un tasso tra il 117 e il 1997 per cento

«Desta perplessità il fatto che le somme anticipate dall’erario per le attività tecniche di indagine – continua Grassi – non potranno essere recuperate e che nulla sia stato previsto sulla confisca delle somme sequestrate dal gip che ammontano agli interessi usurari percepiti. Ci chiediamo – continua il presidente di Asaec – se possa essere davvero questa la risposta giudiziaria più equilibrata verso coloro che con coraggio e determinazione decidono di denunciare rischiando tutto o, invece, rappresenti un preoccupante disincentivo sul quale tutti dovremmo soffermarci a riflettere».

È il 2011 quando per la prima volta la vittima si rivolge a Meluccio. L’uomo, che vanta legami di parentela con alcuni esponenti della criminalità organizzata, è il figlio di Salvatore Scuderi ritenuto vicino al clan Santapaola-Ercolano. Al barbiere i soldi gli servono per accendere un mutuo per comprare la casa ma, con il suo lavoro non regolare, non riesce ad avere accesso a piccoli prestiti bancari. L’accordo sembra semplice: versamento del denaro contante alla vittima sottraendo già dal prestito iniziale interessi mensili al dieci per cento. In pratica, per un prestito da mille euro al mese al barbiere ne venivano dati 900 con l’obbligo di versare cento euro di interessi ogni mese. Così, per una cifra minima, la vittima entra nel tunnel dell’usura e si trova presto costretta a chiedere altri prestiti sia per pagare l’usuraio che per portare avanti la propria attività lavorativa e le necessità della propria famiglia.

Nel 2015, infatti, il barbiere è costretto a rivolgersi al secondo strozzino, Angiolini. Titolare della ditta omonima che si occupa di commercio ambulante di bevande, profumi, cosmetici e saponi. Da lui la vittima ottiene tre prestiti diversi per un totale di 14mila euro in contanti da restituire con rate da 450 euro a settimana. Un tasso che oscilla tra il 108 e il 520 per cento. Per pagare il debito, l’imprenditore finisce costretto a vendere la propria attività a ‘zu Giovanni de bibiti al valore sottostimato di 15mila euro. Il barbiere continua comunque a lavorare, pagando ad Angiolini un affitto di cento euro a settimana.

Nel 2017, il barbiere denuncia tutto e partono le indagini della guardia di finanza. Da numerose intercettazioni telefoniche e ambientali è emerso che, negli anni, Scuderi sarebbe andato di continuo nel salone di Monte Po’ a chiedere informazioni sulla restituzione del debito. «Domani sera avvicino, magari in mattinata passo. Tu questo mese ce la fai per fine mese, no?». Di fronte all’incertezza del barbiere, però, Meluccio sarebbe passato a toni più duri. «Quando mi dici una cosa del genere, mi metti tipo in croce – continua – Sai una cosa? Sono i miei (i soldi, ndr). Tu ora mi dici “aspetta” ma io giustamente ho preso impegni. Se è una questione di 10-15 giorni uno aspetta, ma se uno non sa come fare a me non interessa […] Quando tu mi hai detto che eri rimasto senza soldi, io sono rimasto agghiacciatu (di gelo, ndr)».

Marta Silvestre

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