Ha attraccato intorno alle 8.30, con il suo carico di 104 persone. Comincerà a breve lo sbarco della nave Ocean Viking al porto di Pozzallo, in provincia di Ragusa. A bordo dell’imbarcazione, gestita dalle ong Medici senza frontiere e Sos Mediterranee, ci sono i naufraghi soccorsi il 18 ottobre da un gommone in difficoltà, a cinquanta miglia nautiche dalla costa libica. Quarantasette provengono dalla Costa d’Avorio, 36 dal Mali, 12 dal Bangladesh, tre dal Camerun, due rispettivamente dalla Guinea e dalla Nigeria, uno dal Niger e uno dal Sudan.
Tra i migranti che sbarcheranno ci sono due donne incinte e 41 bambini e ragazzi sotto i 18 anni. I più piccoli hanno due e undici mesi. «Uno è nato in un centro di detenzione in Libia, secondo la testimonianza della madre», scrive Sos Mediterranee. I naufraghi salvati verranno portati nell’hotspot di Pozzallo. Settanta dovranno essere ricollocati, secondo gli accordi internazionali, tra la Francia e la Germania. Il sindaco Roberto Ammatuna afferma a MeridioNews di avere ricevuto rassicurazioni dal Viminale in merito al fatto che lo spostamento dei cittadini stranieri avverrà in tempi brevi. La struttura pozzallese accoglie già 78 persone.
Si conclude così, questa mattina, una vicenda cominciata ormai 12 giorni fa con il salvataggio e continuata con la lunga attesa di migranti e personale delle ong in mare. Poco dopo il soccorso, infatti, la Ocean Viking ha spiegato di avere richiesto un luogo sicuro di sbarco alle autorità marittime competenti. «Il centro di coordinamento congiunto dei soccorsi libico – spiegava in quei giorni Sos Mediterranee – ha indicato il porto di Tripoli il giorno stesso. La Ocean Viking non ha potuto accettare perché nessun porto libico può essere considerato sicuro secondo il diritto internazionale».
Il 20 ottobre, dunque, è stata formulata la medesima richiesta ai Centri di coordinamento dei soccorsi di Italia e Malta. Da allora, però, non è stato assegnato un porto sicuro. Fino a ieri, quando il ministero dell’Interno ha comunicato l’ok per Pozzallo. «Ogni paziente visitato finora nella clinica di Medici senza frontiere a bordo ci ha raccontato di aver subito o assistito a violenze, anche sessuali, a un certo punto del viaggio. Le donne hanno detto al nostro team medico di essere fuggite dai loro Paesi a causa di matrimoni forzati, mutilazioni genitali femminili o violenze sessuali», ha spiegato Michael Fark, capomissione di Msf.
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