«Ho scritto email certificate anche al ministro della Salute Roberto Speranza e telefonato ovunque, ma la nostra situazione è sempre uguale. Siamo abbandonati e costretti a vivere chiusi in camera». Alessio Spina, autista soccorritore della Seus 118 e sindacalista Cisl, vorrebbe tornare a fare il suo lavoro. Stesso discorso per la moglie Patrizia, pure lei impegnata nei turni in ambulanza. Dal 14 novembre per questa coppia e per le tre figlie è iniziato una sorta di calvario. Catapultati in un limbo di inefficienza talmente grande da fare passare quasi in secondo piano la positività al Covid-19 di Alessio, della moglie e della figlia più grande. Per raccontare l’ennesima storia di abbandono di pazienti residenti in provincia di Catania e infetti dal coronavirus bisogna riportare indietro il calendario proprio al 14 novembre scorso.
«Quel giorno ci rechiamo al Pronto soccorso dell’ospedale di Acireale – racconta Alessio a MeridioNews -. Mia moglie non stava bene e le viene fatto il test rapido con esito positivo» Subito dopo, come da procedura, la donna viene sottoposta a tampone molecolare, l’unico con un elevato grado di affidabilità ma che deve essere processato in laboratorio e che quindi richiede, sulla carta, qualche giorno di attesa. La coppia – con Alessio pure lui sottoposto al rapido ma risultato negativo – viene mandata a casa in isolamento domiciliare. «Ho fatto presente che insieme a me e mia moglie vivono le tre figlie – spiega – e quindi mi hanno detto di procedere con il test anche nei loro confronti». Così viene fatto, tramite privati, e il risultato è uguale a quello dell’uomo: tutte e tre negative. Per la famiglia inizia così la convivenza con una persona infetta. «Mia moglie è rimasta isolata in una stanza, mentre il resto della famiglia adoperavamo mascherine FFP2 e visiere». Lo spartito però cambia dopo appena quattro giorni.
Il 18 novembre Alessio si sveglia con forti dolori e febbre. Il tampone rapido conferma la positività e anche per lui, come per la moglie, scatta la procedura con il test molecolare. Tutto sempre all’ospedale di Acireale. «Ho chiamato il medico di famiglia per attivare la sorveglianza domiciliare tramite l’Usca ma non mi ha contattato nessuno». Tramite privati si decide quindi di sottoporre a un nuovo test molecolare le tre figlie. Le notizie non sono buone e la più grande, poco più che ventenne, risulta positiva. «Abbiamo cambiato per l’ennesima volta abitudini a casa – spiega -. Le figlie negative vivono in una stanza, quella più grande da sola in un altro ambiente e io e mia moglie nella nostra stanza isolati. Per uscire in corridoio o parlarci ci telefoniamo mentre alla spesa provvedono i familiari o la gastronomia sotto casa. Nessuno però entra dentro e ci lasciano i pacchi in ascensore».
Il 22 novembre finalmente arriva la chiamata dell’Usca ma dei risultati dei tamponi molecolari non c’è traccia e rimane così fino a ieri, quando Alessio decide di denunciare la vicenda che vive la sua famiglia. «Sono passati 19 giorni da quello fatto a mia moglie in ospedale – continua – e non c’è mai stato fornito l’esito». Una via d’uscita sembra arrivare il 30 novembre. «Quel giorno, come ci ha chiesto l’Usca, ci siamo recati al drive-in allestito all’ospedale vecchio di Acireale. Abbiamo fatto dei nuovi tamponi molecolari e ci è stato spiegato che il nostro periodo di isolamento sarebbe partito da quel giorno perché l’unico test molecolare sarebbe stato quello». Una situazione paradossale che, carte alla mano, costringerebbe – solo per fare un esempio – la moglie di Alessio a stare in isolamento a casa praticamente fino a metà dicembre.
«Ho segnalato questa situazione a tutti, inviato 111 email certificate ma nessuno riesce a darmi una risposta – continua – I tamponi fatti a metà novembre all’ospedale di Acireale non si trovano e adesso c’è il rischio di dovere aspettare chissà quanto per avere l’esito di quelli fatti al drive-in». In tutto questo c’è anche il cortocircuito legato all’invio, tramite email da parte dell’Asp, dei decreti che dispongono l’isolamento. Il nome di Alessio, risultato positivo al rapido, non compare in nessun documento. Ci sono invece quello della moglie e della figlia più grande, entrambe positive, e della piccola. Quest’ultima negativa, ma vivendo a contatto con dei malati, costretta a stare a casa. «Manchiamo io e la secondogenita. Di lei non c’è traccia. Tutto è affidato al nostro senso di responsabilità».
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