«La mia storia parla per me». È questa in pratica l’unica dichiarazione rilasciata da Leoluca Orlando alla stampa dopo l‘inchiesta della procura palermitana sui bilanci del Comune dal 2016 al 2019 che vede coinvolto lo stesso sindaco di Palermo insieme ad altri 23 tra funzionari, assessori e dirigenti comunali. Una dichiarazione che arriva a margine della conferenza stampa di presentazione del summit annuale del parlamento globale dei sindaci, che vedrà Palermo ospitare nei prossimi giorni politici e funzionari provenienti da mezzo mondo.
«I sindaci sono più liberi dei capi di Stato, perché non hanno esercito e non emettono moneta» dice Orlando durante la conferenza, e forse proprio qualche libertà di troppo nella redazione dei bilanci, almeno secondo la procura, è quella che gli è costata l’accusa di falso materiale commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico per avere presentato al Consiglio comunale dei bilanci di previsione costruiti sulla base di alcune entrate ritenute sovrastimate. Ma il primo cittadino, almeno all’inizio, sembra tranquillo: dribbla i cronisti che lo attendono di fronte all’ingresso di palazzo Sant’Elia, dà il via al suo evento con alle spalle un video in cui lo stesso Orlando parla della bellezza della città, offre la solita dimostrazione di forza sostituendosi al traduttore durante il discorso del sindaco di Montpellier Michaël Delafosse, che pure gli offre un gradito assist ringraziandolo «per quanto fatto per la lotta alla corruzione». Poi evita le domande: «Quello che avevo da dire l’ho detto in un comunicato stampa divulgato stamattina».
Una nota piuttosto scarna a dire il vero, poche righe in cui il sindaco spiega: «Ho avuto comunicazione dell’avviso di un’indagine, esaminerò gli atti depositati dalla procura della Repubblica e per fare massima chiarezza attendo di essere ascoltato dai magistrati titolari delle indagini sul merito e sulle competenze in una materia, peraltro, particolarmente tecnica». E mentre dai banchi dell’opposizione la Lega chiede le dimissioni immediate, col silenzio di quella che è la frangia che si è dimostrata più avversa a Orlando, quella di Italia Viva, peraltro titolare di ben due ex assessori al bilancio in quota renziana, entrambi indagati al pari del sindaco, a chi chiede al primo cittadino se sia sua intenzione rimettere il mandato Orlando fa ripetere più volte la domanda, come a voler dire che da quell’orecchio proprio non sente.
L’indagine di cui stamattina è stata comunicata la conclusione ai diretti interessati comunque impensierisce non poco il sindaco, a circa un anno dalla fine del suo secondo mandato consecutivo, l’ultimo per una figura politica che ha legato indissolubilmente la sua immagine a quella del ruolo ricoperto per così tanti anni. Un’inchiesta che rischia di macchiare il curriculum di Orlando molto più delle emergenze rifiuti e che per certi versi verte su un’altra delle spine nel fianco storiche dell’amministrazione Orlando, quella relativa ai bilanci delle partecipate, oggetto perenne di lotte tra i banchi di sala delle Lapidi, con un presunto ritocco in difetto dei debiti del Comune nei confronti dell’Amat, l’azienda del trasporto pubblico palermitana, «quantificati falsamente in soli 197 mila euro per l’anno 2016, a fronte di crediti della società privi di impegni di spesa pari a 8 milioni 890 mila euro» come scritto dagli inquirenti.
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