Quasi due ore. Tanto è durata l’ultima udienza preliminare per l’inchiesta che vede tra gli imputati il deputato regionale di Italia Viva Luca Sammartino. Il re delle preferenze, 36 anni appena compiuti, è accusato dalla procura di Catania di corruzione elettorale per le Regionali del 2017 e le Politiche del 2018, dove però non riuscì a centrare il seggio a Roma, nonostante 16mila voti. Il destino giudiziario di Sammartino, oggi assente davanti al giudice per l’udienza preliminare Luigi Barone, si deciderà con ogni probabilità la prossima settimana. Due le possibili strade che il politico condividerà con altre sei persone: rinvio a giudizio, così come chiesto dalla procura con l’inchiesta affidata ai magistrati Agata Santonocito e Fabio Saponara, oppure non luogo a procedere. Al piano terra del palazzo di giustizia di piazza Giovanni Verga oggi hanno preso la parola gli avvocati difensori, con in testa Carmelo Peluso, legale di Sammartino.
A rischiare il processo, oltre al politico ex Udc, Articolo 4 e Partito democratico, ci sono Sebastiano Nuccio Anastasi, l’ex consigliere comunale di Catania Giuseppe Musumeci, Giuseppe Damiano e Salvatore Capuano, l’attuale assessore a Mascalucia Antonino Nino Salamone Rizzotto e l’avvocato ed ex consigliere comunale di Caltagirone Alfredo Scozzarella. Quest’ultimo, secondo l’accusa, avrebbe chiesto al politico renziano il trasferimento di una cugina dall’ospedale Cannizzaro all’Azienda sanitaria provinciale etnea.
In aula c’era invece la senatrice renziana Valeria Sudano. Seduta, in mise total black, nell’ultima fila dei banchi riservati al pubblico. Sudano faceva inizialmente parte del fascicolo dell’inchiesta denominata Sammartino più tredici ma la sua posizione venne stralciata. Nei suoi confronti la Digos di Catania aveva proceduto ipotizzando i reati di falso materiale e abuso d’ufficio. Sotto la lente d’ingrandimento la firma, messa al posto di Sammartino che si trovava in Brasile e quando Sudano era ancora deputata regionale, durante una seduta di commissione all’Assemblea siciliana. Successivamente la procura ha fatto richiesta di archiviazione, poi accolta secondo quanto risulta a MeridioNews.
Il cuore dell’inchiesta su Sammartino è il suo smartphone. Gli inquirenti passarono al setaccio l’Iphone 6 del politico, scandagliando qualcosa come duemila file audio e 390mila messaggi tra sms e Whatsapp. Una scatola nera da cui emerse una costruzione del consenso elettorale in stile militare. Con tanto di elenchi – una sorta di schedatura – chiesti a più riprese ai propri sostenitori e un servizio di accompagnamento ai seggi elettorali. In mezzo richieste di favori, raccomandazioni e l’ipotesi più grave, secondo la procura, ossia quella della corruzione elettorale.
Questa però non è l’unica inchiesta con cui l’odontoiatra classe 1985 deve fare i conti. Passata l’archiviazione per i voti degli anziani di una casa di riposo a Sant’Agata li Battiati, il nome di Sammartino alla fine dello scorso anno è finito in un avviso di garanzia, sempre per corruzione elettorale, nell’ambito dell’inchiesta antimafia Report sul clan Laudani e sulla famiglia di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano. Il rampante politico venne pizzicato dagli inquirenti a colloquio con il boss Girolamo Lucio Brancato. In cambio dei voti del padrino e della sua famiglia il deputato avrebbe promesso a Brancato un posto di lavoro per il nipote, nella ditta di rifiuti Mosema, e lo spostamento di una cabina telefonica ritenuta troppo ingombrante perché proprio davanti l’ingresso di un bar riconducibile allo stesso boss nel territorio di Massannunziata.
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