Cronaca

Inchiesta Interporti: chiesto rinvio a giudizio per sette, anche Falcone e Armao

La procura di Catania ha chiesto al giudice per le indagini preliminari il rinvio a giudizio di sette indagati dell’inchiesta sulla società Interporti Siciliani. Tra loro ci sono l’ex assessore regionale all’Economia Gaetano Armao della giunta di Nello Musumeci e Marco Falcone, suo successore con la stessa delega nel governo presieduto da Renato Schifani. L’udienza è stata fissata per il 27 giugno, alle 9.30, nel palazzo di giustizia di Catania. Compariranno davanti al gup anche: l’ex presidente della Società interporti siciliani, avvocato Rosario Torrisi Rigano; l’imprenditore della logistica e dei trasporti Luigi Cozza; il capo della segreteria particolare di Falcone, Giuseppe Li Volti; l’ex deputato regionale, il commercialista Nino D’Asero e la dipendente della Società interporti Cristina Sangiorgi

Le indagini furono avviate dai carabinieri in seguito all’esposto della Cgil che aveva ricevuto le segnalazioni di alcuni funzionari proprio contro Sangiorgi che, secondo l’accusa, avrebbe presentato una falsa laurea e poi, appoggiata da D’Asero, avrebbe chiesto la revoca di un procedimento disciplinare prima, per aver rifiutato di lavorare in smart working durante l’emergenza pandemica, e del licenziamento per giusta causa poi, e infine l’ assegnazione di un incarico lavorativo a lei gradito. Da qui le telefonate, secondo gli inquirenti, insistenti di D’Asero nei confronti di Armao e Falcone affinché intercedessero nei confronti di Torrisi Rigano. Dalle intercettazioni sarebbero emersi anche scambi di favori tra Torrisi Rigano e l’imprenditore Cozza, quest’ultimo avrebbe potuto occupare spazi all’interno dell’interporto senza autorizzazione in cambio dell’assunzione, durata pochi mesi, della figlia dell’allora presidente. I reati ipotizzati dal sostituto procuratore Fabio Saponara, al termine delle indagini svolte dal nucleo investigativo dei carabinieri, dal settembre 2019 al marzo 2021, che ha chiesto in rinvio a giudizio sono, a vario titolo: induzione indebita a dare o promettere utilità, peculatocorruzione e contraffazione e uso di pubblici sigilli.

Redazione

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