In via Crispi una bottega di ricarica per bombole «Ho visto la proprietaria tra le vittime del crollo»

Il tragico crollo della palazzina al numero 111 di via Crispi, al momento, ha due nomi all’interno del registro degli indagati per i reati di disastro e omicidio colposo. Ma una nuova pista potrebbe essere attualmente al vaglio della magistratura inquirente. A essere individuato come possibile responsabile della forte esplosione, certamente causata da una fuoriuscita improvvisa di gas – come ha rilevato la perizia dei vigili del fuoco -, è stato sin da subito Arturo Russello, uno dei residenti dell’edificio distrutto, che è stato ricoverato all’ospedale Civico di Palermo a seguito delle ustioni riportate su tutto il corpo. A lui si è aggiunto, in seguito, l’uomo che gli avrebbe venduto la bombola. Tuttavia, al di là dello scoppio in casa di Russello, è un elemento conosciuto dalle autorità anche la presenza di una bottega, forse abusiva, di ricarica di bombole a gas, dove potrebbero essere stati conservati fusti pieni di materiale volatile, gestita da una donna catanese. 

A parlarne a MeridioNews è una fonte che ha preferito rimanere anonima. «La conoscevano tutti nell’ambito della nautica – spiega – è una donna dai tratti mascolini da cui molti andavano per rigenerare le bombole delle imbarcazioni e, quindi, risparmiare sull’acquisto di quelle nuove». «Lavorava in una specie di topaia – continua – non so se in modo illegale o meno, dove faceva anche riparazioni di cucine a gas». Come chiarisce meglio la fonte, l’ingresso dell’attività gestita dalla donna «era sulla parallela del corso Sicilia, la via Archimede, ma era collegata al palazzo distrutto in via Crispi tramite un cortile». 

Sergio Mazzeo, amministratore del condominio di cui faceva parte la palazzina distrutta, spiega in effetti che «tutte le botteghe e i palazzi che insistono in quel quadrante hanno un accesso nel cortile, e anche le botteghe, come la salumeria o la lavanderia». Tuttavia, prosegue l’uomo, «non ho mai sentito parlare di questa persona, o di un deposito, altrimenti avrei fatto cinquemila denunce alle forze di polizia». L’anonimo però ne è certo: «Quando ho visto le prime foto dopo il disastro – aggiunge con sicurezza – l’ho notata tra i feriti e l’ho subito riconosciuta. Non mi posso sbagliare». 

Non si sa se la bottega abbia avuto un ruolo nello scoppio, se i materiali contenuti all’interno siano entrati in contatto con le scintille causate dalla deflagrazione che si presume sia avvenuta all’interno dell’appartamento di Russello. Si era parlato di un «deposito abusivo di bombole» anche negli ambienti del Pronto soccorso del Vittorio Emanuele dove sono stati portati i primi inquilini della palazzina, nei minuti successivi al crollo. 

Ma c’è di più. Alcuni residenti della zona riconoscono la descrizione della signora in Rosaria Nicosia, la 69enne deceduta lo scorso 31 marzo dopo mesi di agonia, dopo aver riportato diverse fratture. «La conoscevo con il nome del marito – spiega un cittadino a MeridioNews – e so che è morta pochi mesi dopo a causa del crollo. Lei aveva una bottega dove si facevano riparazioni di cucine che dava su via Archimede». Secondo l’anonimo la versione coincide. Dopo avere chiuso il negozio più grande qualche anno fa, la donna avrebbe infatti continuato l’attività, unita a quella delle ricariche di gas, in un «portoncino accanto». 

Mattia S. Gangi

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