In Sicilia un indagato ogni sette ore per reati sugli animali Il business più allarmante è quello delle corse clandestine

Ogni 12 ore in Sicilia è stato aperto un procedimento penale per reati a danno di animali, mentre ogni sette ore una nuova persona viene indagata. I dati, che fanno riferimento all’anno 2019, sono stati elaborati nella ventesima edizione del Rapporto ZoomafieCorse clandestine di cavalli, combattimenti tra cani, macellazioni clandestine, uccisioni di animali, traffico di fauna selvatica e pesca di frodo sono alcuni dei crimini contro gli animali maggiormente registrati sull’Isola. I fascicoli registrati sono 1.094 (circa l’11,23 per cento di quelli nazionali) con un tasso di 21,63 procedimenti ogni centomila abitanti; gli indagati sono stati 683 (che corrisponde all’11,7 per cento di quelli nazionali) con un tasso di 13,51 indagati ogni centomila abitanti. Numeri che arrivano all’osservatorio dalle procure ordinarie (escluse Agrigento, Barcellona Pozzo di Gotto, Palermo e Ragusa) e dalle procure minorili (non pervenuti da quella di Caltanissetta). 

Le corse clandestine di cavalli
«La Sicilia è una delle regioni dove la zoocriminalità è più
attiva
– si legge nel rapporto curato da Ciro Troiano – Alcune condotte sono fortemente radicate nel sottobosco delinquenziale». Il business più allarmante è rappresentato dalle corse clandestine. Diverse sono le indagini che, nel periodo preso in considerazione, hanno confermato l’esistenza di associazioni per delinquere (sia semplici che mafiose) finalizzate alle corse e alle scommesse illegali: dall’operazione Bucefalo nell’Ennese che, partendo dall’osservazione di alcuni profili Facebook, portò all’arresto di otto persone a quella nel Messinese denominata Zikka – dal nome del cavallo vincitore di più gare clandestine -, fino all’operazione Beta che ha svelato il potere del clan catanese Santapaola a Messina e l’interesse per le corse e le scommesse illegali. Sono state poi le indagini che hanno portato all’operazione Talea a confermare l’interesse della criminalità mafiosa per il controllo di corse e scommesse all’ippodromo di
Palermo
.

Le strade del Catanese, anche di recente, si sono trasformate in
ippodromi abusivi: l’ultimo caso, rivelato da MeridioNews a giugno, riguarda una corsa clandestina organizzata all’alba alle spalle del cimitero del capoluogo etneo. I video, fatti dagli spettatori con i cellulari, erano stati pubblicati anche sui social. A Paternò, nel maggio del 2018, dopo quattro giorni di ricovero in ospedale, è morto il 66enne Salvatore MirendaTrovato abbandonato e agonizzante ai margini della strada provinciale 139, l’ipotesi principale è che stesse partecipando da spettatore a una corsa clandestina di cavalli e che sia stato investito da una delle auto che faceva da codazzo. Nel Ragusano, è in contrada Berda di Vittoria, non distante da Scoglitti, che nel luglio del 2018 i militari hanno sorpreso sette persone intente a partecipare a una gara illegale a cui assistevano oltre 150 persone. A Caltanissetta, invece, è il 2 dicembre quando i carabinieri interrompono una gara clandestina tra due cavalli e arrestano in flagranza sette persone (i due fantini e altri cinque a bordo di auto e scooter che affiancavano gli animali) ritenute responsabili dell’associazione che l’ha organizzata. «Il corollario delle corse clandestine – si legge nel report – è fatto di stalle abusive, scuderie illegali, maltrattamenti, doping e, in alcuni casi, anche di macellazione clandestina». 

La pesca illegale e il commercio del pesce
Pesca di frodo, raccolta di ricci di mare oltre il periodo o la quantità consentita, pesca illegale di tonno, pesce spada e novellame sono attività frequenti nell’Isola e nelle quali si concentrano anche le
infiltrazioni della criminalità organizzata. Un esempio su tutti è quello del clan Rinzivillo di Gela (in provincia di Caltanissetta) che gestisce il business della carne e del pesce non solo sull’Isola. Nel settembre del 2019, Benedetto Rinzivillo (cugino dei fratelli capimafia Crocifisso, Antonio e Salvatore) è stato arrestato nell’ambito dell’operazione Exitus, una costola dell’inchiesta Extra Fines che, nell’ottobre del 2017, portò all’arresto di 37 affiliati al clan. «L’attività investigativa – si legge nella relazione della Dia di quell’anno – ha evidenziato la capacità di infiltrare anche la filiera del commercio ittico, in particolare di prodotti importati dal Marocco, con ramificazioni anche sul territorio nazionale (in particolare nel Lazio e in Lombardia, ndr) e in Germania».  

Gli altri reati
Tra le sette aree in Italia in cui il bracconaggio risulta particolarmente intenso ci sono anche la Sicilia occidentale e lo Stretto di Messina. Sono zone calde (definite blackspot) in cui la caccia e la pesca di frodo vengono esercitate con armi clandestine, mezzi vietati, oppure a danno di specie protette o in periodi in cui non sono consentite. A questo si aggiungono anche il traffico di fauna selvatica (per cui il mercato di Ballarò a Palermo mantiene il triste primato di essere il più rilevante in tutta Italia, nonostante i frequenti sequestri dei carabinieri forestali) e il furto venatorio. Per i combattimenti di cani, sono stati segnalati diversi allevamenti abusivi. In particolare, nell’ex polo industriale dell’Arenella a Palermonel quartiere Librino di Catania e anche in provincia di Trapani e Caltanissetta. Di frequente, in questi territori, sono stati trovati animali morti o feriti durante i combattimenti. 

Marta Silvestre

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