In Sicilia si nasce di meno, si muore di più e si parte Da Istat la fotografia di una quotidianità conosciuta

Si nasce di meno, si muore di più. E si parte, si continua a partire. Dal bilancio demografico annuale, prodotto da Istat, viene fuori un’immagine dell’Isola che trova nei numeri – aggiornati al 31 dicembre 2015 – conferma di ciò che ogni siciliano può sperimentare nella vita di tutti i giorni. Amici che vanno via, valigie pronte per cercare quel lavoro che manca al 40 per cento delle persone e comunicazioni via Skype per mantenere il contatto con la terra che ha dato i natali e voltato le spalle.

Una regione che in un anno ha visto scendere il numero di abitanti di quasi 18mila unità (cinque milioni 74mila 261, il dato esatto, con le femmine che sono 141mila in più dei maschi), partecipando in maniera decisiva alla riduzione della popolazione a livello nazionale: sono infatti 130mila in meno le persone che risiedono nel Paese rispetto al 31 dicembre 2014, con il solo Piemonte (- 20.221) a registrare un saldo peggiore.  

Un contributo, quello della Sicilia, che in quasi tutti gli indici segue i trend nazionali portando alla considerazione generale che se è tutta l’Italia a non passarsela bene, l’Isola è tra le regioni che stanno peggio. A partire dal saldo naturale, ovvero la differenza tra natalità e mortalità: in un anno che ha visto «un significativo aumento dei decessi» anche per colpa dei picchi di caldo della scorsa estate, il dato per la Sicilia è negativo (– 9810), il peggiore nel Meridione ma dietro a Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna, Lombardia, Liguria, Lazio e Veneto.   

I dati più interessanti, tuttavia, riguardano le scelte – più o meno obbligatorie – dei residenti, ovvero le cifre riguardanti le migrazioni. A riguardo la differenza tra iscritti e cancellati negli uffici Anagrafe dei 390 Comuni dell’Isola vede una diminuzione di circa ottomila persone rispetto al 2014. Se ci si concentra sui cittadini italiani – la maggior parte dei quali, ovviamente, siciliana – che hanno deciso di andare all’estero il numero supera le diecimila e 400 unità. Mentre sono 1128 gli stranieri che, dopo aver vissuto nel 2014 in Sicilia, hanno lasciato l’Italia. Il tasso di emigrazione all’estero dei siciliani è dell’1,6 per mille, il più alto dell’intero Centro-Sud e inferiore soltanto ad aree come Trentino AltoAdige, Valle d’Aosta dove, per questione prettamente geografica, lasciare i confini nazionali è decisione meno carica di significati.  

Passando agli arrivi nell’Isola, il dato riguardante gli stranieri – influenzato dai flussi migratori provenienti dal Mediterraneo con le presenze nei diversi centri d’accoglienza – supera di poco le 15mila unità, mentre sono circa 2600 gli italiani – e anche in questo caso è verosimile considerarli per larga parte siciliani – che sono tornati a vivere nella regione, dopo un periodo trascorso all’estero. 

Cosa rimane alla Sicilia? Difficile dirlo, forse la giovinezza. Anche se l’espressione – per via della natalità in calo in tutta Italia dal 2008 – va presa con le pinze: tuttavia, è vero che l’Isola ha la terza popolazione più giovane del Paese. Con una età media di 43,1 anni e una percentuale di under 14 del 14,3. Dietro soltanto a Campania e Trentino Alto Adige.

Simone Olivelli

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