In Sicilia si lavora per istituire lo psicologo di base Esperto: «Prima si pensi ai consultori e alle scuole»

In questo momento, sul tavolo della commissione Salute all’Ars ci sono cinque disegni di legge a cui si sta lavorando per farne un testo unico. Deputati di orientamenti politici diversi si confrontano con la presidente Margherita La Rocca Ruvolo per arrivare alla definizione di una norma che possa istituire lo psicologo di base. Una figura che dovrebbe affiancare il medico di famiglia o il pediatra, prestando un servizio pubblico erogato dalle Aziende sanitarie locali. Prima della Sicilia ci è arrivata la Campania con una legge regionale che a dicembre ha già ricevuto il via libera della Corte costituzionale che ha respinto un ricorso presentato dal governo. Una novità assoluta in Italia a cui adesso aspira anche la Sicilia. «Non credo che ci sia bisogno di una nuova legge – commenta a MeridioNews Fulvio Giardina, che stato presidente dell’ordine degli psicologi della Sicilia e anche nazionale fino al 2018 – Dovremmo pensare prima a risolvere altre tipologie di problematicità, a partire dal fatto che in Sicilia il 55 per cento dei consultori familiari non ha uno psicologo». 

Una questione di priorità che, secondo l’esperto che è stato anche responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’Asp di Siracusa, dovrebbero essere rispettate. «Tra l’altro – sottolinea Giardina – intervenire su queste strutture già esistenti per riempirle di professionisti, di cui al momento sono carenti, sarebbe anche più semplice a livello burocratico». Intanto, però, in Regione la proposta dell’istituzione della figura dello psicologo di base «è stata accolta positivamente», come conferma al nostro giornale la deputata del Movimento 5 stelle Stefania Campo che è stata la prima, nel 2018, a presentare un disegno di legge su questo tema. «La mia proposta era arrivata in un’epoca pre-pandemia – dice Campo – perché già allora ero fortemente convinta della fondamentale importanza di questa figura per lo sviluppo della vita sociale di tutta la popolazione, non diverso da quanto accade per il medico di base o per il pediatra. Con la pandemia, però, è diventata una questione ancora più urgente perché l’isolamento ha esasperato dinamiche personali e familiari». 

Del resto, anche dai dati dell’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (Ocse) pubblicati nel rapporto 2021 sullo stato di salute dei 38 Paesi membri, si evince che «l’impatto della pandemia sulla salute mentale è stato enorme». L’idea dello psicologo di base, però, nasce per affiancare il medico di famiglia. «Il 20 per cento delle persone che vanno nello studio medico di base, in realtà, sono soprattutto anziani affetti da patologie croniche – spiega Giardina – In questo caso, lo psicologo dovrebbe intervenire per pazienti a rischio che hanno malattie croniche e problematiche più di natura esistenziale e relazionale che medica». Il testo unico, sintesi dei ddl presentati nell’ordine da Stefania Campo (M5s), Vincenzo Figuccia (Lega), Giovanni Cafeo (Lega), Eleonora Lo Curto (Udc) e Marianna Caronia (Lega), dovrebbe venire fuori anche dopo gli incontri con i rappresentati del settore e della categoria, ovvero gli psicologi stessi. 

«Io la vedo come un supporto che andrebbe a compensare il costo di tanti farmaci prescritti che potrebbero essere evitati – aggiunge la deputata pentastellata – Se la figura dello psicologo diventa, al pari di quella del medico, una persona a cui rivolgersi, credo i pregiudizi che ancora esistono potranno essere superati più facilmente. Soprattutto – afferma Campo – credo che cadrebbero le resistenze culturali nell’ammettere di avere bisogno di questa figura». Per l’ex presidente dell’ordine degli psicologi, però, proprio per questo sarebbe meglio «partire da una sperimentazione in alcune aree dell’Isola anche diverse tra loro, dalle periferie delle grandi città fino alle aree a rischio dei piccoli paesini, per capire come va». A questo si dovrebbe affiancare una buona campagna informativa e pubblicitaria che possa aiutare le persone a vincere certe reticenze. «Io credo – conclude l’esperto – che bisognerebbe partire innanzitutto dall’istituzionalizzare la figura di uno psicologo interno alle scuole, che abbia proprio un ufficio accanto a quello del preside come già accade in altri Paesi europei, che sia in prima linea con i bambini, gli adolescenti, i ragazzi e anche le loro famiglie e che faccia da filtro anche con i professori».  

Marta Silvestre

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