In Commissione Antimafia la storia di Daniele Ventura «Finalmente le istituzioni mi ascoltano, sono fiducioso»

«Finalmente le istituzioni mi ascoltano, adesso sono fiducioso. In passato non sempre è stato così, ho provato più volte quella sensazione di abbandono, quindi non posso che dirmi soddisfatto». Sorride finalmente Daniele Ventura, il giovane palermitano che dopo aver denunciato i suoi estorsori ha vissuto sulla propria pelle le ipocrisie di uno Stato che invita a combattere la mafia ma che spesso non dà i giusti strumenti e le necessarie attenzioni per sostenere i cittadini. Daniele è da poco tornato da Roma, dove il 6 febbraio è stato ascoltato dal comitato per l’analisi dei programmi e dei procedimenti di protezione dei testimoni e dei collaboratori di giustizia

Ne è passato di tempo da quel giugno 2011, quando Daniele inaugura il bar New Paradise in via Principe di Scordia, nei pressi di Borgo Vecchio. Un quartiere ad alta densità mafiosa dove infatti, a tre giorni dall’avvio dell’attività commerciale, Daniele (che ai tempi non aveva neanche 30 anni) riceve le prime richieste di pizzo. Temendo ritorsioni, il giovane accetta di pagare. Ma poi si arma di coraggio e va a denunciare i suoi aguzzini alla Direzione Investigativa Antimafia. Da quel momento la sua vita cambia: chiude l’attività a seguito del boicottaggio del quartiere, scrive un libro, si rivolge alle istituzioni (quasi sempre senza esito), lavora insieme a un’altra vittima di mafia (l’imprenditore Gianluca Maria Calì, che però è costretto a fine dicembre a chiudere la filiale palermitana della sua azienda di autonoleggio).

«Diciamo che è andato tutto bene, sono stati affrontati in maniera attenta i risvolti della mia vicenda – afferma Daniele – Ovviamente l’audizione è secretata, quindi non posso aggiungere molto di più. Io ho detto loro tutto quello che avevo da dire, sin dagli inizi per arrivare fino alle ultime novità. C’è stata una grande disponibilità e, devo dire, una grande conoscenza delle dinamiche che spesso portano ad avere difficoltà da parte di chi sceglie di denunciare i propri estorsori». 

Tra le difficoltà citate da Daniele c’è certamente il rapporto con Invitalia: l’agenzia del Ministero dello Sviluppo Economico aveva concesso al giovane palermitano un importante prestito per aprire la sua attività commerciale. Ma, nonostante le sue coraggiose denunce e gli esiti nefasti che ciò hanno comportato per la sua attività di piccolo imprenditore, continua a chiedergli la restituzione di quelle somme di quasi dieci anni fa. Attraverso il continuo invio di avvisi che non garantiscono certamente la necessaria serenità a un ragazzo di appena 35 anni che sta ancora cercando di rimettersi in piedi.

«Continuano a mandarmi lettere, e di questo aspetto si era interessato proprio il presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra – racconta Ventura – Potrebbero da un giorno all’altro sequestrarmi i conti, anche se finora per fortuna non l’hanno fatto. Forse grazie anche alle attenzioni delle istituzioni. Ma si sa che i governi cambiano, e quindi le cose potrebbero cambiare. Nell’ultima lettera Invitalia mi propone uno sconto del 15 per cento, chiedendomi dunque di restituire 40mila in 30 giorni. Ma questo continua a essere un grosso problema: dove li trovo tutti questi soldi in così poco tempo?».

Le attenzioni da una parte di Invitalia e dall’altra della Commissione Antimafia, dunque. E in mezzo, da metà gennaio, un nuovo impiego presso l’impresa edile Arnaldo Giambertone.  Ha funzionato dunque l’appello alla società civile che Daniele aveva lanciato proprio da questa testata. «Una nuova possibilità lavorativa che mi ha rassenerato – dice Daniele – Non solo per una questione economica, ma perché venivo da un momento di depressione e dunque essere nuovamente impegnato è un fatto bellissimo». 

Andrea Turco

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