Imu, la marcia indietro di Monti (pensando al Sud)

Il governo Monti, bontà sua, almeno per ora, ci sta risparmiando l’Imu. Per chi non ha avuto il ‘piacere’ di seguire questo ‘appassionante’ dibattito sul nuovo balzello, ricordiamo che si tratta – o si dovrebbe trattare – di una nuova imposta ‘chiamata’ a sostituire, almeno in parte, l’Ici sulla prima casa. Di questa nuova imposta non è chiara la disciplina. E’ un’imposta patrimoniale? Se è così, bisognerebbe chiarirne la portata con una dettagliata analisi dei suoi effetti redistributivi. E’ un’imposta locale? Se è così si dovrebbe chiarire quali sarebbero i benefici ‘locali’ che dovrebbe garantire. Da quello che si è capito è anche un’imposta nazionale, visto che una parte degli introiti dovrebbe finire nelle ‘casse’ romane. L’unica cosa certa è che per ora, è sospesa. Come mai?

Volendo essere un po’ ‘maligni’, possiamo dire che, il ‘congelamento’ dell’Imu (temporaneo o definitivo?), è forse il primo atto ‘politico’ del governo Monti. E’ inutile che ci prendiamo in giro: ‘scaraventata’ sulle famiglie italiane in piena crisi (peraltro a ridosso del voto per le elezioni amministrative, almeno per ciò che riguarda la Sicilia), l’Imu non avrebbe fatto altro che accentuare la distanza tra politica e cittadini. Così anche il governo Monti ci ha ripensato. Non è un ‘regalo’ che il governo ci sta facendo: il capo dell’attuale governo del nostro Paese e i potentati, più o meno bancari e finanziari (e massonici) che lo appoggiano, hanno soltanto evitato una mezza rivoluzione sociale, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia dove un gran numero di famiglie non arriva più a fine mese.

L’Imu è un’imposta che deriva dell’Ici, a sua volta ‘filiazione’ dell’Isi, l’Imposta straordinaria introdotta nel 1992 dal governo Amato in una fase storica ed economica per molti versi simile a quella che stiamo vivendo oggi. Nel 1993 l’Isi è stata trasformata in Ici, signa che sta per Imposta (ordinaria) comunale sugli immobili, secondo quanto pevisto dal Dlgs 504/1992. Questo avveniva, come spiegano gli esperti, nel quadro di un coerente processo di responsabilizzazione e di accresciuta autonomia finanziaria degli enti locali del nostro Paese.

Il bello arriva nel 2008, quando il governo Berlusconi, appena insediato, sopprime l’Ici sulla prima
casa.
Questa è stata la prima grande fregatura che il Cavaliera ha rifilato al Sud del nostro Paese. Ricordate? I soldi per pagare il ‘taglio’ dell’Ici sulla prima casa Berlusconi li ha preso dal Fas, il Fondo per le aree sottoutilizzate destinato, per l’85 per cento, alle regioni del Mezzogiorno d’Italia. Soldi che sarebbero dovuti servire per la realizzazione di infrastrutture nel Sud, e quindi anche in Sicilia (strade, autostrade, aeroporti, porti turistici e via continuando). Risorse finanziarie utilizzate, almeno in parte, per il ‘taglio’ dell’Ici sulla prima casa. Di fatto, con le risorse finanziarie destinate al Sud abbbiamo tolto l’Ici sulla prima casa agili italiani del Centro Nord Italia. Meno male che Silvio c’è…

L’Ici, sempre per la cronaca, è sparita definitivamente lo scorso anno. Il Dlgs 23/2011 ne prevede la sua sostituzione con l’Imup a partire dal 2014. Lo scorso anno è arrivato il decreto “salva Italia” (convertito con legge 214/2011), che ha anticipato e modificato l’introduzione dell’Imposta municipale, ribattezzata per l’occasione “unica”.

Come ci spiegano gli esperti, l’Imu fa riferimento a varie fonti legislative che non sembrano molto conciliabili. Sembrerebbe un’imposta patrimoniale, con valenza redistributiva e dunque basata sulla capacità contributiva individuale. Ma ci dicono che è anche un’imposta comunale, dovendo assicurare un gettito certo agli enti locali, non si capisce bene in cambio di quali beni e di quali servizi locali. E allora?

Se è un’imposta patrimoniale, come già accennato, bisognerebbe chiarire quali sono gli suoi effetti redistributivi. Il tema non è secondario. Perché l’impressione che si ricava (visto che avrebbero voluto introdurla in aggiunta ad altre imposte esistenti e senza la previsione – sparita nella delega fiscale – di una riforma della tassazione dei redditi) è che si punti, alla fine, a colpire la fascia media della popolazione, già pesantemente tartassata dall’Irpef.

Infine – elemento tutt’altro che seondario – l’Imu, per quello che si è capito, visto che la confusione è tanta, dovrebbe stare a metà strada tra imposta comunale e imposta nazionale. Su questo punto, ci hanno anche spiegato che ogni Comune del nostro Paese dovrà devolvere allo Stato il 50 per cento del gettito di tale imposta calcolato sull’aliquota di base.

Non sappiamo se e quando questa nuova imposta vedrà la luce. Ma va detto subito che sarà una nuova iattura. Perché la previsione di quello che si annuncia come un trasferimento “fisso”, unitamente alla riduzione dei trasferimenti ai Comuni e alla stretta del Patto di stabilità, ridurrà al minimo – o forse eliminerà del tutto – la possibilità, da parte dei Comuni di ridurre le aliquote. Un’altra fregatura, soprattutto per il Sud d’Italia.

 

 

Giulio Ambrosetti

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