Il turismo relazionale nel cuore della Sicilia Il tour del visitatore è tra abitanti e tradizioni

Chiedersi in quanti modi si possa fare turismo in Sicilia equivale a domandarsi con quanti condimenti si possa cucinare la pasta. E mentre ancora si fatica ad inquadrare, localizzare e delineare compiutamente l’indotto-turismo sull’isola, ecco che emerge una nuova tendenza: il turismo relazionale. In questa formula, il dialogo è tutto: l’idea è, infatti, mettere a contatto chi arriva in terra sicula con chi ci vive, facendo diventare quest’ultimo protagonista a casa propria. 

Pierfilippo Spoto è di Sant’Angelo Muxaro, piccolo centro dell’entroterra agrigentino, e ha 47 anni oltre a un bagaglio molto assortito. Laureato in scienze bancarie, va a Londra per perfezionare l’inglese con l’intenzione di fermarsi un paio di mesi, ma poi ci vive per due anni e mezzo arrivando a gestire un locale; torna, lavora ad Agrigento per conto di un broker lombardo, diventa escursionista. Per lui, questa nuova forma di turismo si traduce nella riscoperta del territorio attraverso itinerari che fondono passeggiate naturalistiche, visite presso le attività commerciali e degustazione di prodotti tipici. 

L’illuminazione, però, Spoto ce l’ha ad appena dieci anni, quando suo padre, segretario comunale, scende al bar per una pausa e fa la conoscenza di due ragazzi tedeschi arrivati in paese durante un viaggio on the road; l’uomo inizia con l’offrire loro la colazione e finisce con l’ospitarli, dopo averli portati a visitare il patrimonio archeologico della zona. A quella scampagnata partecipò anche Pierfilippo, ignaro del fatto che, qualche anno dopo, avrebbe camminato per lavoro. Dal 2008 il santangelese totalizza più di cento escursioni l’anno a cavallo tra le provincie di Agrigento e di Palermo, sui monti Sicani; nell’ultimo periodo ha anche i margini per spalmare la propria attività in 365 giorni. «Finisco un’escursione e mi sento realizzato. Il mio obiettivo è tanto semplice quanto complesso: non dovere andare via». 

Spoto è titolare di una società di servizi turistici, la Val di Kam, della quale, da qualche tempo, i fruitori non sono solo gli stranieri, ma anche gli stessi siciliani. «Amici e conoscenti mi hanno chiesto insistentemente di dedicare i miei percorsi anche a loro, e dunque ho predisposto passeggiate naturalistiche, relazionali ed emozionali, ossia con interventi di carattere artistico e culturale a cura di Ilaria Bordenca, danzaterapeuta e mia carissima amica». Tipicità della natura, con i suoi frutti, e dei comportamenti umani, con la loro spontaneità, quindi, si fanno prodotto da offrire ai turisti. «Dalle nostre parti ti puoi permettere lussi che nelle città ti sogni, come la panettiera madrelingua inglese o la signora che pulisce i finocchi con la porta aperta e tu che inviti la comitiva incuriosita ad entrare con un semplice amunì, trasemmu». 

Partendo da queste premesse, si può far diventare itinerario turistico praticamente tutto, nella speranza che il capoluogo, con la sua Valle dei Templi, faccia da traino. «Se pensiamo che a Palermo i visitatori li portano persino allo stadio, ci risulterà facile mettere a punto pacchetti di ogni tipo, ponendo sempre al centro la valorizzazione delle nostre risorse. Il centro di Agrigento, ad esempio, è un paese nella città: abitazioni, putìe, lape ambulanti, c’è quel microcosmo che manca in città dove ormai si è consolidato un assetto turistico-commerciale». Si ottimizzano qualità ed energie, tra i monti Sicani, anche se di strada da fare ancora ce n’è. «Se da una parte si aprono scenari nuovi e ricchi – conclude Spoto – dall’altra si va ancora a tentativi: manca un incubatore attraverso il quale si illustrino ai giovani i nuovi know-how di agricoltura e zootecnia, in modo da fare diventare le loro intuizioni progetti per il futuro». In attesa che si sveglino le istituzioni, Pierfilippo Spoto immagina, e anche realisticamente, la sua Sicilia, dove si possono ottenere informazioni turistiche dappertutto, anche dal tabaccaio.

Gino Pira

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