Il ‘Tesoro’ a tutto ‘gas’ di Vito Ciancimino

Riproponiamo la lettura di questa intervista, pubblicata l’anno scorso, che dopo i fatti di oggi, ovvero il sequestro agli eredi Brancato (tra i fondatori della Gas spa) risulta quanto mai attuale….

 

Quella della Gas gasdotti spa è una telenovela che va avanti dai primi anni del 2000. Chi scrive, in realtà, la segue da qualche anno prima, ed esattamente dalla seconda meta degli anni ‘80 del secolo passato, quando i protagonisti di questa avventura imprenditoriale – con in testa l’ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino – facevano il bello e il cattivo tempo. Adesso, a quanto sembra, ci sono novità.

Ne parliamo con Giovanna Livreri (foto a sinistra), rinomato avvocato di respiro nazionale con studio in Sicilia e in varie città italiane, difensore di colletti bianchi, società, imprenditori e banche, con incarichi anche istituzionali prestigiosi, una donna che Grillo definì “Kazzuta” e che noi potremmo definire permanentemente al fronte. Pagando anche un salato prezzo personale, essendosi esposta non poco per l’accertamento e l’affermazione della verità e della giustizia. E’ successo anche che, a un certo punto, una parte dei suoi clienti se la sono pure presa con lei, consentendole però di svelare alcuni arcani.
Tornando alla storia che, in parte, questo giornale ha raccontato, possiamo dire che la Gas spa è una brutta bestia. Una storia complessa dove, oltre a Vito Ciancimino, troviamo politici e magistrati. Cioè il vero potere che tutti cercano e però non vedono.

Allora, avvocato, da dove cominciamo? Magari dal pronunciamento della Corte di Cassazione che, se non ricordiamo male, offre un crto spaccato della vicenda della Gas e del vero o presunto ‘Tesoro’ di di Vito Ciancimino?

“Cominciamo – ci dice Giovanna Livreri – ovviamente dal pronunciamento della Corte di Cassazione che il 5 ottobre scorso ha annullato, senza rinvio, la sentenza di condanna a carico di Gianni Lapis per intestazione fittizia dei beni di Ciancimino Vito”.

Il Professore Gianni Lapis, stando alla sentenza ora annullata per prescrizione dalla Suprema Corte, si sarebbe intestato i beni di Vito Ciancimino, con riferimento alle partecipazioni dello stesso Ciancimino nella Gas spa. Gianni Lapis, per la cronaca, avvocato e docente universitario di Diritto tributario all’università di Palermo, è uno dei soci storici – forse il più noto – della Gas spa, la holding fondata nei primi anni ‘80 dallo stesso Lapis, da Ezio Brancato (l’altro socio storico di tale società), con la ‘benedizione’ dell’allora leader degli andreottiani siciliani, l’eurodeputato della Dc Salvo Lima, e con la partecipazione occulta dello stesso Vito Ciancimino (come hanno sancito tutti i gradi di giudizio che hanno riguardato la vicenda del Tesoro di Ciancimino nella Gas gasdotti e per ultima la Cassazione stessa).

 

 

Vito Ciancimino negli anni ’50

 

 

 

“La Cassazione – spiega sempre l’avvocato Livreri – ha disposto il mantenimento della confisca del controvalore delle partecipazioni di Lapis nella Gas e del loro reimpiego nel finanziamento di altre società ed attività, anche nei confronti dei suoi figli e delle società capitalizzate. Le partecipazioni della Gas spa confiscate al gruppo Lapis equivale a circa la metà del valore attribuito alla vendita della Gas spa agli spagnoli della Gas Natural, vendita avvenuta nel gennaio del 2004”.

(La società, sempre per la cronaca, è stata venduta agli spagnoli al prezzo di 115 milioni di euro. Questo, come vedremo nello sviluppo della chiaccherata con l’avvocato Livreri, è un punto nodale di tutta questa vicenda).

“La Cassazione – aggiunge l’avvocato Livreri – afferma con chiarezza che l’intera società era nella disponibilità di Vito Ciancimino. Bene: come si spiega che il sequestro prima e la confisca dopo abbiano riguardato solo la metà del patrimonio della Gas spa, ovvero la parte riconducibile al professore Lapis?. La domanda non è peregrina, anzi. Se tutta la Gas spa, e quindi l’intero suo valore, era nella disponibilità di Vito Ciancimino (nella foto a destra), Lapis e famiglia hanno subito la confisca, mentre gli altri soci storici della stessa società, ovvero gli eredi di Ezio Brancato, sono invece rimasti indisturbati titolari dell’altra metà del ricavo della vendita della società. Come mai?”.

Ce lo spieghi lei come mai…

“Questo fatto è il vero, inesplicabile problema sperequativo di tutta l’indagine sulla Gas spa. Una questione che rimane aperta, malgrado affermazioni e pronunciamenti di discolpe degli inquirenti che a suo tempo investigarono. Una storia finita in Procura a Caltanissetta prima e a Catania poi e financo sui media, per esempio, sul settimanale L’Espresso. Significativo è stato il botta e risposta tra il giornalista Marco Travaglio e il Procuratore della Direzione nazionale antimafia, Piero Grasso (ai tempi dell’indagine sul tesoro Ciancimino – indagine limitata alla partecipazione del gruppo Lapis – procuratore capo di Palermo). Un’indagine che è iniziata nel 2002 ed è proseguita e terminata con il solo rinvio a giudizio del professore Lapis unitamente all’erede di Vito Ciancimino, Massimo Ciancimino, nel 2006”.

Parliamo un po’ della sentenza della Cassazione.

“Nella Gas spa, come è ormai notorio, e con la sentenza della Cassazione ormai è storia, i gruppi di riferimento sono sempre stati due: Brancato e Lapis. Anzi, a dire il vero, più Ezio Brancato che Gianni Lapis. Tant’è vero che, all’atto di vendita della società, i quotidiani finanziari italiani ed esteri esordirono affermando che la società del gas dei Brancato era passata nelle mani spagnole della Gas Natural. Inoltre Ezio Brancato, patron della Gas spa, era, certamente più di Lapis, legato per ragioni politiche della Dc. Storia giudiziaria è divenuto anche l’incontro, nella villa di Mondello di Vito Ciancimino, nei primi anni ‘80, tra Lima, lo stesso Ciancimino, Ezio Brancato e Gianni Lapis. La sentenza di Cassazione ne conferma la valenza, attribuendo a questo incontro la natura di imprinting mafioso a tutta la vicenda imprenditoriale della Gas spa”.

Possiamo approfondire questi passaggi?

“Certo. Addirittura la sentenza della Corte d’Appello, confermata nella sua valenza dalla Cassazione, esordisce spiegando che non ha rilevanza stabilire chi e quale gruppo avrebbe provveduto a liquidare, all’atto della vendita della società agli spagnoli, la quota occulta di Ciancimino, poiché, in ogni caso, è tutta la società che viene considerata – indistintamente nelle quote – nella disponibilità di Vito Ciancimino. Entrambi i gruppi, con riferimento a Brancato e Lapis, hanno accettato consapevolmente il cointeressamento e la presenza di Vito Ciancimino nelle vicende della Gas spa e ne hanno scientemente condiviso tale presenza, ben consapevoli della illiceità, traendone guadagni immediati (la metanizzazione dei 58 Comuni siciliani ndr) e futuri, quali ricavi a catena, e creazione di altre società, e aggiungerei stipendi e compensi per parenti ed amici. Significativa, in quest’ultimo caso, è la vicenda della signora Moncada, ex moglie dell’onorevole Calogero Pumilia, già dipendente della Gas spa con regolare e ininterrotto stipendio fino alla vendita del gennaio 2004 agli spagnoli. Vorrei precisare che tutto quello che riferisco è negli atti del procedimento penale che ha riguardato la vicenda del ‘Tesoro’ di Vito Ciancimino”.

Ci sono anche riferimenti precisi nel pronunciamento della Corte d’Appello.

“La Corte d’Appello si spinge anche oltre in questo concetto innovativo di un unicum del centro degli interessi di Ciancimino nella Gas spa, là dove, con la sentenza del 2010, ordina che copia della stessa sentenza venga trasmessa alla Procura della Repubblica in sede (cioè presso il Tribunale di Palermo ndr) per quanto di competenza, in ordine all’ipotizzato reato di riciclaggio. Riciclaggio che si configurerebbe dalla liquidazione della quota occulta della Gas spa di pertinenza di Vito Ciancimino”.

In poche parole, bisognerebbe indagare sul resto del Tesoro di Ciancimino?

“Intanto per la vedova di Ezio Brancato, Maria D’Anna Brancato, c’è una richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura di Palermo per avere mentito all’autorità giudiziaria sulla circostanza della cointeressenza societaria nella Gas spa tra la sua famiglia, il marito Ezio Brancato, Vito Ciancimino e l’erede di quest’ultimo, il figlio Massimo Ciancimino. Il legale della donna ha annunciato dinanzi al Gip di Palermo che all’udienza del prossimo 23 marzo formalizzerà la richiesta di rito abbreviato. Ricordo che il suo ex socio storico, Lapis, ha riportato, nel 2007,  una condanna di 5 anni per la medesima cointeressenza con riferimento agli interessi di Ciancimino nella Gas spa”.

Cosa succederà?

“Vedremo se e quando potremo apprezzare gli effetti giudiziari di tali indagini che, qualora si verificassero, potrebbero configurarsi come ancora più sconvolgenti di quelli che hanno portato alla confisca delle partecipazioni nella Gas spa nel gruppo Lapis. Questo perché – e parlo con competenza, considerato che sono stata il legale dei due gruppi – gli effetti investigativi dovrebbero essere di entità di gran lunga maggiore di quanto oggi ci si possa attendere con riguardo alla liquidazione ufficiale del prezzo della cessione della Gas agli spagnoli”.

A cosa allude quando parla di “entità di gran lunga maggiore”?

“Vi potrebbe essere una parte del patrimonio derivato dalla vendita della Gas spa a mani note, ma ancora ignoto. Quello che i soci chiamavano Gruppo FinGas, nel 2002, era stato apprezzato per un valore di circa 500 milioni di euro. Ebbene, malgrado tale valutazione, per altro coerente con la stima di valore di mercato, in assenza di fatti che ne potessero pregiudicare il valore, in apparenza incautamente, i soci della Gas spa – o per meglio dire il gruppo Brancato, ovvero la figlia di Ezio, Monia Brancato, che si è intestata la trattativa con gli spagnoli – giunge alla decisione di cedere il gruppo di aziende per il modico valore di circa 115 milioni di euro. Nella mia semplice comprensione dei fatti, mancherebbe all’appello almeno il triplo della cifra incassata ufficialmente dalla vendita del 13 gennaio 2004”.

Che significa tutto questo?

“La razionalità finanziaria e la casistica mi porterebbero a convincermi della circostanza per cui possa esserci stato un prezzo ufficiale in aggiunta ad un prezzo ufficioso di gratificazione per i soci di maggioranza relativa. E che parte del pagamento, come avviene spesso, possa essere avvenuto con altre utilità o beni all’estero. Mentre la circostanza della morte di Vito Ciancimino, avvenuta nel novembre del 2002, e la percezione dell’essere venuto meno l’interlocutore principe di Bernardo Provenzano (vero autore degli appalti della metanizzazione della Gas spa attraverso le imprese di mafia come la stessa Corte di Appello ammette nella sentenza di condanna nei confronti di Lapis e Ciancimino Massimo), potrebbero portarmi ad immaginare che la venuta meno di determinate coperture e di certi equilibri possano avere indotto i titolari della Gas spa a svendere il gruppo societario. Comunque, saremmo di fronte ad una svendita di proporzioni gigantesche”.

Cosa avviene a questo punto?

“Intanto, in data prossima alla vendita del gennaio 2004, da parte delle tre eredi del gruppo Brancato e, in particolare, dalla figlia Monia Brancato – che è stata l’unica vera protagonista della chiusura degli accordi con gli spagnoli – vi sono gli investimenti pluri milionari (in termini di euro, ovviamente), a Barcellona e Terragona, in Spagna, con la società Soproac XXI. E poi gli investimenti, altrettanto milionari effettuati dalla società Sirco spa in Romania con l’ingegnere Romano Tronci, in una delle discariche più grandi d’Europa. Parlo della società Agenda 21. In questo secondo caso, si sarebbe trattato di plusvalenze del gruppo Lapis che sono state confiscate dalla magistratura. Mentre nessuna delle somme finite nelle mani dei Brancato dopo la vendita agli spagnoli della Gas spa è stata posta sotto la lente d’ingrandimento della magistratura. Almeno così sembrerebbe essere ancora oggi”.

A cosa fa riferimento?

“Faccio riferimento sia ai circa 60 milioni di euro provenienti dai ricavi della vendita della Gas spa agli spagnoli, sia ad altre utilità di cui si conosce l’esistenza ma delle quali non c’è certezza sulla provenienza”.

Oltre a Salvo Lima e a Vito Ciancimino ci sono altri politici coinvolti nelle vicende della Gas spa?

“Per quello di cui sono venuta a conoscenza, di certo, oltre Lima e Vito Ciancimino e qualche magistrato a me noto, è certo che è stato socio occulto, per sua stessa ammissione in sede di interrogatorio reso nel 2005, anche l’onorevole Calogero Pumilia, più volte sottosegretario e compagno di partito dello stesso Ezio Brancato. Entrambi facevano parte di una corrente della sinistra Dc prima e della corrente di Lima dopo. Ezio Brancato con un incarico politico di tesoriere locale del partito. Brancato e Pumilia sono stati protagonisti della concessione per la metanizzazione del Comune di Licata, in provincia di Agrigento. Infine Pumilia, a quanto risulta, titoli azionari alla mano consegnati dallo stesso agli inquirenti, era titolare del 10 per cento delle azioni della Gas spa. Insomma, un caso provato dell’esistenza di quote occulte nella Gas spa di politici e fittiziamente intestate a Ezio Brancato prima e, dopo la morte di questultimo, transitate in capo alle eredi Brancato: la moglie Maria D’Anna e le figlie Antonella e Monia Brancato. Azioni, quelle dell’onorevole Pumilia, che negli anni ‘80 avevano un valore pari a circa 20 milioni di lire. Una partecipazione, quella dell’onorevole Pumilia, rimasta tale anche dopo il successivo immediato aumento del capitale sociale della Gas spa, pari a 2 miliardi di vecchie lire”.

Un momento avvocato: negli anni Ottanta 2 miliardi di vecchie lire erano una cifra astronomica. Chi poteva permettersi di ‘scucire’ 2 miliardi di lire per aumentare il capitale di una società?

“Faccio prima a dire chi non avrebbe potuto permetterselo. Di certo non poteva permetterselo il dottore Ezio Brancato con il suo stipendio di impiegato presso l’assessorato regionale all’Agricoltura e titolare di un modesto patrimonio immobiliare, per altro non smobilizzato. E mi è difficile immaginare che un professore universitario, anche se avvocato tributarista affermato come il professore Gianni Lapis, potesse approntare tale cifra. Sono invece portata a credere che la capitalizzazione e a maggior ragione la ricapitalizzazione della Gas spa sia stata compiuta con la notoria ricchezza finanziaria occulta di qualche politico della Dc di allora. Politico che il Brancato conosceva, per via di cose, meglio e di più del suo socio Lapis che ne era consulente. Parlo di Vito Ciancimino. Certo è una coincidenza rilevante che Ezio Brancato fosse il tesoriere locale della Dc e che la Gas viene deciso di costituirla nel salotto di Vito Ciancimino con lo stesso Ezio Brancato, Lapis e l’onorevole Lima nella cui corrente militavano lo stesso Brancato e l’onorevole Pumilia. Certo è una coincidenza rilevante che la Etna Costruzioni, società notoriamente di Vito Ciancimino e per la quale fu condannato per mafia, avesse sede a Palermo, in via Libertà 78, nello stesso plesso immobiliare dove ha studio il professore Gianni Lapis. Ed è ancora un’altra coincidenza rilevante che Ciancimino e Lapis, così come Brancato, condividessero tutti lo stesso notaio: il notaio Stella. Troppe coincidenze che definiscono un fatto”.

Cioè?

“Anche qui, debbo dire, resta inspiegabile come tutta la ricostruzione dei flussi finanziari per individuare chi avrebbe potuto ricapitalizzare la Gas spa si sia sempre concentrata e limitata sul professore Lapis e il suo gruppo familiare. Insomma, se proprio la debbo dire tutta e per non offendere le intelligenze di chi legge, sembra che nessuno sia interessato a capire come un ordinario impiegato regionale come Ezio Brancato possa avere trovato, negli anni Ottanta, e da un giorno all’altro, qualche miliardo di vecchie lire”.

Si è parlato di un ruolo delle banche…

“Chi ha dimestichezza con le imprese e con le banche si rende conto di quanto ciò sia improponibile. Anche se, a dir la verità, ogni volta che la Gas spa conseguiva una concessione, a festeggiare con la coppa in mano, nello studio del fidato Notaio Stella, c’era qualche assiduo funzionario di banca. In particolare un dipendente della Banca Nazionale del Lavoro”.

Che dire, in conclusione, avvocato?

“Che, intanto, le eredi Brancato, tra un investimento milionario in Spagna ed un investimento, altrettanto milionario, in Italia, si godono indisturbate un ingentissimo patrimonio, forse anche più cospicuo di quello che il loro socio storico, Lapis, per via della confisca, ha perduto per sempre. Questione di fortuna, di sviste, di amici fidati e di Santi in Paradiso? Non saprei. Certo, tutto ciò è inquietante. Rimane in me il dubbio che tutto verrà risolto solo a prescrizione penale compiuta”.

 

 

 

 

Giulio Ambrosetti

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