Il tentativo di trovare casa a due lavoratori del Gambia Agenzia: «Alcuni non vogliono i cani, altri gli stranieri»

«Ci sono proprietari di casa che non vogliono i cani e ci sono quelli che non vogliono gli stranieri». Così, come fosse una questione di scelte o di preferenze, si è sentito rispondere un attivista dell’Arci di Catania durante una telefonata con una nota agenzia di affitti immobiliari catanese di un franchising nazionale che ha fatto come intermediario per due ragazzi originari del Gambia. «Una conversazione telefonica assurda – racconta a MeridioNews l’attivista che ha fatto da intermediario – alla quale poi ne è seguita una seconda con una proprietaria di casa che ci ha liquidati allo stesso modo».

I due giovani, poco meno che trentenni, vivono a Catania da circa cinque anni e lavorano per una cooperativa sociale che si occupa di progetti di falegnameria e sartoria. «Hanno sempre abitato in stanze in affitto di un appartamento nella zona della Fera ‘o luni – spiega – ma adesso erano intenzionati a cambiare soluzione abitativa e anche zona». Inizia così la ricerca di un casa da condividere. La prima chiamata fatta all’agenzia immobiliare è prendere un appuntamento per visitare un appartamento in via Carlo Ardizzone, nella zona del Monastero dei Benedettini. «Sì, ma io ho fatto una domanda – puntualizza l’impiegata dall’altro lato della cornetta – di che nazionalità sono?». 

Di fronte alla domanda inaspettata, sebbene non inusuale, l’attivista resta ammutolito per qualche secondo. «Subito dopo le ho chiesto cosa cambiasse se un cliente della sua agenzia fosse nato in Italia o fuori dai confini nazionali», ricostruisce. «Io so i proprietari come sono combinati, ci sono quelli che sono tranquilli e quelli che sono meno tranquilli», risponde l’agente immobiliare. Palesata la nazionalità dei due aspiranti futuri locatari, la conversazione si fa più diretta: «Io le dico con molta franchezza che per quanto riguarda noi non ci sono problemi ma i proprietari di questo immobile sono un poco particolari – risponde – La signora è anziana e l’altra volta ho avuto problemi perché ho portato una ragazza greca». 

Stando alle giustificazioni addotte dall’impiegata, l’ostacolo sarebbe stato un ipotetico limite linguistico. «Problema che almeno nel nostro caso, come ho spiegato anche alla dipendente, non esiste perché i due ragazzi capiscono e parlano bene l’italiano e sono perfettamente integrati». Di fronte a questa precisazione la donna ribatte: «Sto cercando di essere più delicata possibile. Ma ci sono quelli che non vogliono i cani, e ora c’è la legge che li protegge – aggiunge – sono scelte». Raccolte comunque le informazioni necessarie da riportare all’anziana proprietaria dell’appartamento, prima dei saluti, l’agente immobiliare, ridacchiando, fa l’ultima domanda: «Ma sono una coppia oppure due maschi?». 

A questa telefonata ne è seguita poi una seconda. L’annuncio riguarda una casa nella stessa zona ma, questa volta, la proprietaria non ha fatto ricorso a nessun intermediario. Anche in questo tentativo arriva la fatidica domanda sulla nazionalità dei ragazzi intenzionati a prendere in affitto l’immobile e subito dopo la risposta: «Mi dispiace, non affittiamo agli stranieri». «Dopo questo secondo tentativo i ragazzi, dispiaciuti e demoralizzati, mi hanno chiesto di non andare avanti perché non volevano continuare a subire un’umiliazione del genere – riferisce l’attivista – Al momento, resteranno nelle stanze dove hanno vissuto finora ma di certo noi non lasceremo cadere così la cosa».

La città dell’Elefante, come molte altre in Italia, non è nuova a storie di ordinario razzismo. È di qualche mese fa la storia di una studentessa francese a cui la proprietaria di casa aveva addirittura chiesto una foto. «Non per essere razzista, perché io non ho nulla contro gli extracomunitari, ma volevo capire se fossi bianca o nera». A riportare a questa testata l’episodio è Dario Gulisano. Il responsabile politiche abitative della Cgil di Catania che, nell’ambito del progetto white list per fare incontrare domanda e offerta per gli affitti degli studenti, ne ha affiancati diversi anche stranieri. «La ragazza si chiama Miriam, è francese, ha un cognome straniero e suo padre è tunisino. Sul profilo Facebook non ha foto – riporta Gulisano – Quando ha contatto sul social la proprietaria per avere informazioni sull’appartamento ha ricevuto quella risposta. Alla fine, ovviamente, nonostante fosse rientrata nei requisiti richiesti per via della sua pelle bianchissima, non ha più avuto alcuna intenzione di affittare». 

Marta Silvestre

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