Da meta delle troupe televisive di tutto il mondo a luogo abbandonato. Per colpa di una politica che, secondo il racconto dei protagonisti, baderebbe più alle clientelare che alla cultura. È il teatro stabile dell’opera dei pupi, un edificio di due piani a sé all’interno del complesso fieristico Le Ciminiere, inaugurato nel 2001 e dall’anno successivo chiuso – tranne che per singoli eventi – fino a oggi. Sono passati dodici anni da quando la struttura ha vissuto il suo unico momento di splendore, affidata alla storica compagnia catanese di pupari dei fratelli Napoli. Che oggi si trovano invece al centro commerciale Vecchia Dogana, all’interno del porto etneo, ma forse non per molto. Nonostante siano tra le pochissime attività a non subire la crisi, grazie al frutto del proprio lavoro: «Perché la nostra è una ditta individuale e quindi non riceve finanziamenti», spiega Gaetano Rosario Napoli, il più grande dei quattro fratelli d’arte.
La storia comincia nel 2001 quando, per volere dell’allora presidente della Provincia di Catania Nello Musumeci, viene costruito e inaugurato il teatro stabile dell’opera dei pupi al secondo piano di una palazzina dentro Le Ciminiere. Una struttura pensata appositamente per ospitare i pupari e la loro arte e non le normali compagnie teatrali. «Al piano terra, oltre al botteghino, c’è poi un grande salone che sarebbe dovuto diventare il museo dei pupi», spiega Napoli. Ma intanto a Musumeci subentra Raffaele Lombardo e lo spazio espositivo rimane uno dei tanti punti non rispettati del passaggio di consegne. Non solo. Allo scadere del primo anno, sotto la nuova presidenza, ai Napoli non viene più rinnovata la convenzione e i pupari sono costretti a lasciare la struttura. Nonostante il successo, gli spettacoli mattutini alle scolaresche, quelli serali aperti a tutti e l’interesse dei media nazionali e internazionali. Senza considerare l’investimento di soldi pubblici per il teatro e la pubblicità.
Passano dieci anni e la struttura viene concessa solo per singoli eventi. «Grazie al volere dei vari assessori, il teatro veniva aperto per un paio di giorni ogni tanto – continua Napoli – A noi come ad altre compagnie di pupari che però l’hanno danneggiato per inesperienza». Inutile chiedere a qualunque referente politico perché si preferisse tenere l’edificio chiuso piuttosto che riassegnarlo a loro. «La risposta che ci veniva riferita era sempre una: “Ma i Napoli quanti voti pottunu?“», racconta con un sorriso amaro il fratello maggiore. «Solo che noi non facciamo politica, facciamo cultura».
Oggi gli spettacoli dei Fratelli Napoli vanno in scena alla Vecchia Dogana, con il teatro e il museo che hanno sempre voluto per se stessi e la città. Una delle poche strutture – che rientra tra i servizi e non tra le botteghe – ancora attive al centro, come raccontato da CTzen nei giorni scorsi. «Alla scadenza del contratto, mio fratello Fiorenzo (il minore, che gestisce l’azienda di famiglia, ndr) ha deciso di non rinnovarlo per l’inadempienza della società nei nostri confronti – spiega Gaetano Rosario Napoli – Al momento la questione è ferma, ma potremmo essere costretti ad abbandonare anche quel posto». Forse per tornare al teatro stabile dell’opera dei pupi, se il sindaco Enzo Bianco rispetterà l’impegno preso con i fratelli Napoli di riaffidare loro la struttura non appena passerà sotto la tutela comunale, dopo il discioglimento delle Province voluto dalla Regione Sicilia.
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