Il solito attacco allo Statuto siciliano

Sul tema “Statuto siciliano sì o no?” giovedì scorso, a Palermo, a conclusione della sua campagna elettorale, Sonia Spallitta ha meritoriamente organizzato una tavola rotonda sull’Autonomia siciliana. Sono intervenuti: Ottavio Navarra, editore ed il professore Cristian Bevilacqua, Marina Filettino nel ruolo di moderatrice, Antonella Sferrazza, vicedirettore di LinkSicilia e Davide Camarrone, giornalista della Rai. 

L’attualità del tema e le polemiche suscitate in questi ultimi tempi dall’argomento in questione, ha richiamato a Palazzo Sambuca, ove ha avuto luogo il dibattito, una buona presenza di cittadini siciliani interessati al tema che non ha mancato, ancora una volta, prendendo spunto da un recente articolo di Francesco Merlo, di suscitare ulteriori polemiche.

A ben sentire nel corso del dibattito e nel ciclo degli interventi v’è stata una ponderata riflessione, da parte di tutti i relatori, sulla necessità di salvaguardare, con gli opportuni adeguamenti, lo Statuto siciliano con la conseguente difesa dell’Autonomia regionale, oggetto in questi ultimi tempi di attacchi immotivati.

E proprio, a mio avviso, le motivazioni, dal punto di vista giuridico (molto bene argomentate dal professore Bevilacqua ) e dal punto di vista storico (altrettanto bene suffragate da Antonella Sferrazza) sono quelle che sono mancate nell’intervento del giornalista Davide Camarrone, che è riuscito a sconcertare l’uditorio.

Credo che, dopo il suo intervento a totale difesa dell’articolo di Francesco Merlo, Davide Camarrone vada iscritto con pieno merito nel registro degli ‘indagati’ di quella categoria di negazionisti per partito preso, con bizzarre cognizioni storiche e giuridiche. Una ristretta cerchia di ‘intellettuali’ che vede come capostipiti lo stesso Francesco Merlo, Nino Sunseri ed altri commentatori non esattamente favorevoli alla sopravvivenza dello Statuto e dall’Autonomia siciliana. Rendendosi così complice, il nostro Camarrone, al pari dei suoi predecessori, di un disegno preciso, tendente a smantellare e consegnare alle oligarchie finanziarie e centralistiche le autonomie locali e le sovranità nazionali.

Del resto, bastava ascoltare quello che, a suffragio delle sue tesi, Camarrone ha sostenuto, negando in assoluto che il popolo siciliano, citando a sproposito Federico II, abbia mai conosciuto alcuna forma di autonomia e di indipendenza.

Farebbe bene l’illustre giornalista a ripassare un po’ di storia della sua Sicilia per scoprire, suo malgrado, che i siciliani, nella loro lunga nemesi, hanno conosciuto esaltanti momenti di indipendenza e di autonomia, dimostrando di vivere addirittura, in alcuni casi, una vita a carattere nazionale più che regionale. E quello che avvenne con Ruggero II e, successivamente, con Federico III Rex Siculorum.

Ruggero II fu un sovrano eccezionale per i suoi tempi che, a ragione, viene considerato il primo monarca moderno e la sua fu una monarchia forte ed illuminata.

Con Ruggero II, con buona pace di Davide Camarrone, viene istituito il Parlamento autonomo del Regno di Sicilia, il primo e più antico Parlamento della storia d’Europa e, contestualmente, la Legazia Apostolica che, affrancandosi dal potere della Chiesa, concedeva in piena autonomia al re il potere di nominare i vescovi.

Quella di Ruggero II fu, dunque, una monarchia moderna, ricca, potente e cosmopolita che diede ai siciliani un saldo ed autonomo sentimento nazionale.

L’altro monarca che diede al popolo siciliano un saldo sentimento di unità spirituale, nazionale e di autonomia fu poi Federico III, che caratterizzò il suo regno combattendo anche contro suo fratello Giacomo, ma soprattutto contro gli angioini e gli spagnoli per l’indipendenza del Regno di Sicilia. Tutto questo con l’appoggio incondizionato del popolo siciliano, che vide in questo re il vessillifero e l’incarnazione della propria autonomia ed indipendenza.

Federico III regnò per 41 anni come re nazionale e costituzionale. Fu il primo re della storia a governare sempre e solo con il consenso del Parlamento. Ciò avveniva per la prima volta nella storia, quando ancora le monarchie costituzionali non esistevano in nessun’altra parte del mondo.

Ruggero II, la rivolta dei Vespri e Federico III di Sicilia si possono, a buon diritto, ritenere i soggetti fondanti ed i propulsori della presa di coscienza dei siciliani di essere indipendenti ed autonomi: e tutto questo con buona pace e a futura memoria di Davide Cammarone che, nel suo accorato intervento di qualche giorno fa, a Palazzo Sambuca, a difesa delle sue tesi, si ostinava a sostenere che mai il popolo siciliano ha conosciuto nella sua storia condizioni di autonomia e di indipendenza.

Ma, ancor più sconcertando l’uditorio, Davide Camarrone, per essere coerente ed in assonanza con il suo collega Francesco Merlo, il quale precedentemente aveva sostenuto che l’Autonomia siciliana la si era ottenuta con le lupare di Salvatore Giuliano, è andato ben oltre, affermando che lo Statuto e l’Autonomia siciliana non furono, e continuano ad essere, altro che il risultato di squallide operazioni criminali e mafiose.

Qualcuno dovrebbe ricordare e spiegare all’illustre giornalista che lo Statuto siciliano e la conseguente Autonomia furono la risultante delle tante lotte condotte dal Movimento separatista prima e da quello Autonomista poi, per affrancare la Sicilia dallo sfruttamento e dallo stato di colonia in cui era stata tenuta – ed ancora oggi tenuta – dall’Unità d’Italia ai nostri giorni.

Di questo se ne faccia una ragione. Come se ne faccia una ragione, e lo ha ribadito bene nel suo intervento di replica Antonella Sferrazza, che i padri della nostra Autonomia rispondevano ai nomi di Giuseppe Alessi, Salvatore Aldisio, Gaspare Ambrosini, Antonio Canepa, Attilio Castrogiovanni, Ettore Cipolla, Pompeo Colajanni, Andrea Finocchiaro Aprile, Guarino Amelia, Enrico La Loggia, Franco Restivo, Girolamo Li Causi, Mario Mineo, Vincenzo Purpura, Luigi Sturzo: uomini illustri e di grande dignità politica, culturale e morale, non certo orchestratori di operazioni criminali e mafiose. Di tutto questo ci spiace che Davide Camarrone non ne sia a conoscenza e ci fa per questo piacere, a questo punto, di avere colmato questo suo vuoto storico.

Ed è per questo che, per concludere, vale la pena sottolineare, a beneficio dell’interessato, che lo Statuto siciliano si ottenne per quanto detto grazie alla strenua lotta di uomini integerrimi che volevano bene alla loro terra con la conquista, il 15 maggio del 1946, della piena Autonomia politica, legislativa, amministrativa e fiscale. Uno Statuto, inteso appunto come conquista e non come concessione, che porta la firma di Umberto II e la controfirma del guardasigilli di allora, Palmiro Togliatti e, quindi, di fatto precedente alla Costituzione della stessa Repubblica italiana che lo recepirà per intero con legge costituzionale n° 2 del 1948.

La Regione siciliana nasce, quindi, da un accordo “pattizio” ancor prima della nascita della Repubblica tanto che, forzando il concetto e facendo proprio il pensiero di uno dei padri della nostra Autonomia e primo presidente delle Regione siciliana, Giuseppe Alessi, si può affermare che la Regione siciliana non si può definire, in senso stretto, una Regione a Statuto speciale, essendo nata prima della Repubblica e il suo Statuto precede la Costituzione repubblicana, portando la firma di Umberto II.

La Regione siciliana, per quanto detto, si può definire “non italiana”, ma legata all’Italia da un patto federativo, essendo la sua Carta costitutiva, per l’appunto, precedente di due anni la nascita delle Repubblica.

Lo Statuto siciliano fu dunque un accordo di origine pattizia. Pacta servanda sunt. Ma via via i patti da parte dello Stato Italiano e da parte del potere centrale nei confronti della Regione siciliana, superata l’emergenza del separatismo, saranno puntualmente disattesi nella maggior parte dei punti fondamentali dello Statuto; e tutto con la complicità, più o meno recente, della classe politica siciliana figlia degenere dei nobili padri dell’autonomismo, che per ascarismo e servilismo al potere centrale ha avuto anch’essa interesse a disattendere lo Statuto e a tradire l’Autonomia.

Ecco perché lo Statuto e l’Autonomia, che sono un patrimonio inalienabile del popolo siciliano, frutto delle sue lotte e delle sue conquiste, non vanno aboliti o svenduti, ma difesi strenuamente con tutte le forze dagli attacchi strumentali dei vari Merlo, Sunzeri, Camarrone e via via tanti altri funzionali a disegni strategici che intendono asservire le autonomie regionali e nazionali a quegli interessi delle oligarchie finanziarie mondiali che stanno affamando i popoli della terra.

 

Ignazio Coppola

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