Il sogno a occhi aperti dell’acquario alla Bandita Da eccellenza europea a idea ormai dimenticata

Recuperi, riqualificazioni, trasformazioni di grandi aree abitate, ma tra tutti i grandi progetti mai realizzati a Palermo di certo un posto di rilievo merita quello dell’acquario della Bandita. Cinquanta milioni di euro. La mattina di San Valentino, il 14 febbraio del 2014, il sindaco Leoluca Orlando si è svegliato sotto una pioggia di rendering, schizzi, bozze arrivate da parte degli industriali palermitani, Confindustria in testa, insieme a Legacoop, più agguerriti che mai. Dalle loro parole traspariva sicurezza e determinazione, non avrebbero accettato un no come risposta: la loro idea era buona, funzionava, doveva funzionare, ma soprattutto, pretendevano tempi europei, due anni per completare la faraonica impresa di avere un acquario più grande, più moderno e più efficiente di quello di Genova. E che sarebbe dovuto sorgere alla Cala. Dopo pochi giorni la Giunta aveva fatto il proprio dovere indicando la zona prescelta per la struttura: si trattava del porto della Bandita, preferito al lungomare per cui già erano in cantiere ben altri progetti. Il count down era iniziato.

Un anno dopo, tuttavia, i lavori non erano giunti a metà, come da programma. Ma la speranza non era ancora persa, tutt’altro. Lo studio di prefattibilità del progetto era stato messo nelle mani di Ettore Piras, già direttore dei lavori dell’acquario di Genova. E mentre il Comune aveva già dato la propria disponibilità a un’azione di project financing, Confindustria si era messa alla ricerca di investitori. C’era anche un nome: Oceano mediterrano. Così avrebbe dovuto chiamarsi l’acquario, per il quale si stavano già imbastendo rapporti con Rimed, Cnr, Univerisità e Istituto zooprofilattico per delle convenzioni che si occupassero dell’aspetto scientifico del programma, che avrebbe potuto farsi forza con i 14 milioni di litri d’acqua previsti per le sei vasche della struttura. Una struttura che inoltre avrebbe dato lavoro a oltre 300 persone e che, costruita strategicamente nei pressi del capolinea della linea uno del tram, a un tiro di schioppo dal centro commerciale Forum; avrebbe dovuto essere grande volano del turismo. 

Ancora una volta si torna a parlare di tempistiche. E ancora una volta si individuano in due anni, non di più. Passa un altro anno, era il 22 marzo 2016 quando il sindaco Leoluca Orlando dichiarava a MeridioNews: «Non appena gli imprenditori presenteranno il progetto saremo pronti ad approvarlo l’indomani. Non vorrei dovesse finire come lo stadio di Zamparini». Detto, fatto. Nel 2017, durante una campagna elettorale in cui la Costa Sud, e quindi la Bandita, è stata tra i temi più cavalcati da Orlando, che ha fatto del suo rilancio la propria scommessa, ma dell’Oceano mediterraneo nessuna traccia nei discorsi, nemmeno in quelli più arditi dai palchi dei comizi. Figuriamoci poi l’inserimento nel cospicuo calderone del Patto per Palermo: ci sono altre priorità. E benché dalla commissione infrastrutture facciano sapere che ancora ogni tanto qualcuno ne parla e qualcosa potrebbe prima o poi muoversi, ormai quello dell’acquario della Bandita si può considerare come un sogno. Uno strano sogno dal quale ci si è ormai svegliati.

Gabriele Ruggieri

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