Enormi pietre ovunque e agrumeti che sembrano il letto di un fiume. Per i più fortunati terreni stracolmi di limo e produzioni andate perdute. Una settimana dopo l’alluvione che ha flagellato la piana di Catania non esiste una conta dei danni precisa. Forse potrebbe sfiorare il miliardo di euro. Numeri che lasciano senza fiato e che forse potevano essere decisamente più bassi con le dovute manutenzioni a torrenti e corsi d’acqua. Quanto successo tra Scordia e Lentini poteva essere previsto? La risposta è un coro unanime di denunce cadute nel dimenticatoio. «E se oggi piovesse di nuovo?», proviamo a domandare. «Sarebbe un’altra tragedia», rispondono gli imprenditori agricoli. «Negli ultimi trent’anni ho visto lavori di manutenzione soltanto due volte: nel 1986 lungo il fiume Costanzo e nel 2004 in un piccolo tratto del fiume San Leonardo». A parlare è Corrado Vigo, agronomo e consigliere dell’Ordine nazionale dei dottori agronomi.
Continuano a essere giornate di passione anche per Andrea Valenziani, di InCampagna, la rete siciliana di produttori per la vendita diretta di arancia rossa e prodotti bio. «ll fiume dove ha incontrato barriere ha sfondato tutto – racconta mentre ci guida lungo le strade a cavallo tra le province di Siracusa e Catania – Lasciare crescere alberi e canneto è come una bomba a orologeria». Parole a cui fanno da eco quelle pronunciate da Rocco Tambone, capo potatore di InCampagna: «In questo punto il passaggio dell’acqua era molto stretto, forse quattro metri. Adesso è arrivato a 20 metri». Nei terreni vicini, dove è stato possibile, gli operai hanno provveduto a liberare le piante dal limo. In alcuni punti l’inerte però è ancora fresco e bisognerà aspettare qualche giorno per consentire ai mezzi meccanici di entrare in azione. Soltanto dopo gli alberi potranno essere trattati nonostante i raccolti siano ormai compromessi.
In queste zone, pesantemente colpite dall’alluvione, proprio durante questo fine settimana farà un sopralluogo il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio. «Dovremmo spingere di più i politici a fare il loro dovere, il loro mestiere – sintetizza Vigo -. E anche tutti i dirigenti generali che sovrintendono queste porzioni di territorio, perché chi ci va di mezzo è l’agricoltura». Sembra rassegnato, ma è solo un’apparenza, Nino Tribulato. L’agricoltore di Lentini assicura il massimo impegno per ripartire, nonostante i danni enormi dovuti al fiume San Leonardo. La forza dell’acqua ha aperto una voragine inondandogli diversi ettari di terreno, in un punto già finito al centro di alcune cause in cui il tribunale regionale delle acque ha certificato le manchevolezze delle autorità preposte alla manutenzione. Insieme a Tribulato c’è il figlio Alessandro, da quest’anno impegnato nella produzione di canapa indiana. Delle sue cinquemila piante non è rimasto praticamente niente.
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