Il tribunale del Riesame di Palermo, accogliendo l’appello della Procura, ha disposto la custodia cautelare in carcere per Kadga Shabbi, ricercatrice universitaria libica fermata a dicembre per istigazione a delinquere in materia di reati di terrorismo. Il gip Fernando Sestito, non aveva convalidato il fermo ed aveva rigettato la richiesta di carcere avanzata dai pm, disponendo l’obbligo di dimora. Valutazioni non condivise dal pm titolare dell’indagine, Geri Ferrara, che, tra l’altro, aveva sottolineato nell’appello ai giudici del riesame come fosse illogico che alla ricercatrice non fosse stato impedita la comunicazione con l’esterno, visto che il reato che le si contestava, cioè la propaganda a organizzazioni integraliste islamiche, veniva effettuato proprio attraverso l’uso dei social. Il procuratore capo Lo Voi aveva giudicato la scarcerazione della studiosa «una misura inadeguata e contraddittoria» e per queste sue parole era arrivata in seguito arrivata la dura replica dei vertici dell’ufficio Gip, il Presidente Cesare Vincenti e il Presidente aggiunto Gioacchino Scaduto.
La Shabi è accusata di aver intrattenuto rapporti con organizzazioni integraliste, fatto loro propaganda, ricevuto materiale fotografico e video relativo anche a fosse comuni con cadaveri. La donna avrebbe anche tentato di far arrivare in Italia un familiare, poi morto durante gli scontri nella guerra civile libica.
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