Il ricovero in isolamento dei pazienti positivi al Coronavirus Tra radio e libri, «ma chi si aggrava non riesce a far niente»

Ci si aggrappa alla tecnologia. È questa la soluzione adottata dalla maggior parte dei pazienti positivi al Coronavirus che al momento sono ricoverati in isolamento al Civico e al Cervello di Palermo. Perché oltre a fare i conti con gli sviluppi piuttosto incerti del Covid-19, devono vedersela anche con la solitudine forzata. Quella che da giorni, ormai, sta sperimentando l’intero Paese, invitato a rimanere a casa fino a che l’emergenza non sarà rientrata per limitare il rischio di contagio. Attualmente, ci sono sei persone ricoverate nel presidio di via Trabucco. Mentre sette sono i pazienti che al momento si trovano al Civico, a cui si sono aggiunti ieri due pazienti in condizioni più gravi arrivati a bordo di un aereo militare dalla Lombardia, dove i posti letto in Terapia intensiva sono esauriti. 

«Qualcuno legge, per chi può. Molti altri stanno al telefono con amici e parenti, altri ancora ascoltano la radio o stanno al computer, per chi è ancora in grado di poterlo fare – racconta il professore Antonio Cascio, direttore dell’Uoc di Malattie infettive del Policlinico -, se si aggravano poi non si sentiranno più di fare niente». La medicina contro l’isolamento, per ora, è fatta quindi di videochiamate e qualche telefilm in streaming. Mentre fuori dalle loro stanze si cerca di tenere sotto controllo la situazione. «Il lavoro chiaramente è di più – precisa il professore Cascio -, sabato, domenica, notte, giorno, quando occorre siamo qui. Gli infermieri sono costretti a fare un lavoro più pesante, perché il personale è già carente di per sé. Azzardato comunque dire che sia tutto sotto controllo, nel senso che purtroppo le previsioni non sono rosee».

Anche perché «potrebbe essere che il numero di pazienti ricoverati aumenti in maniera consistente, c’è il rischio che purtroppo dovremo metterci i pazienti siciliani nei presidi di Terapia intensiva se tutto ciò che facciamo non è necessario», aggiunge il primario. Si sta continuamente all’erta, insomma. E mentre isolati nelle loro stanze i pazienti sembrano rimanere stabili, compresa la signora bergamasca in vacanza a Palermo con un gruppo di amici, fuori da quell’isolamento, per i corridoi e i reparti degli ospedali il personale sanitario è come in trincea e pronto al peggio. «Poiché i gesti valgono più di mille parole, oggi mentre tutto il paese li applaudiva in un flash mob collettivo, la Triplice e il Governo hanno dato l’ennesima sberla in faccia ai professionisti della sanità», denuncia infatti il segretario generale Fsi-Usae Adamo Bonazzi. 

«Ribadendo i diritti degli altri lavoratori, ancora una volta nei fatti – insiste – si sono dimenticati di tutelare il personale sanitario e lo hanno trattato alla stregua di quella truppa che veniva definita come “carne da cannone”. A parole li si ringrazia, con i gesti li si condanna a morte».

Silvia Buffa

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