OGGI RICORDIAMO UN GRANDE PRESIDENTE DELLA REGIONE UCCISO DAI POTERI FORTI DELL’ITALIA DI ALLORA. A DISTANZA DI 34 ANNI ALCUNE SUE INTUIZIONI POLITICHE E AMMINISTRATIVE NON SONO SOLO GIUSTE, MA ANCORA PIU’ CHE MAI ATTUALI
La mattina del 6 gennaio 1980 veniva ucciso a Palermo l’allora presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella. I poteri forti dell’Italia di allora – e tra questi c’era anche la mafia – mettevano la parola “fine” in primo luogo alla vita di un uomo e, contestualmente, a un’esperienza politica e amministrativa che stava segnando in positivo la vita della Sicilia.
Oggi altri, meglio di noi, ricorderanno la figura di un grande uomo politico. Noi ci limitiamo a tratteggiare qualche passaggio della vita politica di un personaggio per molti versi unico, nella Dc siciliana dei suoi tempi e, in generale, nella storia dell’Autonomia siciliana.
Lo vogliano ricordare anche perché, oggi, il suo messaggio, in Sicilia e in tutta l’Italia, è attualissimo. Per vari motivi che proveremo a descrivere. Precisando che, chi scrive, quando avvenne questo terribile delitto, aveva diciannove anni.
In primo luogo, un ricordo personale. Quella mattina mi trovavo presso la chiesa di San Luigi Gonzaga. L’abitazione del presidente della Regione non era lontana. La notizia arrivò come un fulmine. Ricordo un sacco di gente – e io tra questi – precipitarsi in via Libertà. All’epoca ‘scrivacchiavo’ per un mensile universitario, Universitas, animato dal Padre Rizzo, un gesuita combattivo e innovativo.
Ricordo le scene strazianti. I fotoreporter. I militari. La gente che correva di qua e di là.
Tornato a casa i miei erano già a tavola. Dovevo avere una brutta faccia. Mio padre, guardandomi, mi chiese: “Che hai? Che è successo?”. Guardai in faccia mio padre e gli dissi: “Hanno ammazzato il presidente della Regione”.
Ricordo perfettamente il volto di mio padre cambiare colore. Rimase impietrito per alcuni lunghissimi secondi. Mio padre era un dipendente regionale. Lavorava al corpo ispettivo della presidenza della Regione. Era un ispettore regionale. Mi chiese: “Sei sicuro? Quando è successo? Dove?”. Risposi: “Forse meno di mezz’ora fa. Sotto casa sua. Gli hanno sparato”.
Vidi mio padre accasciarsi sulla sedia. Rimase seduto alcuni minuti. In silenzio. Poi disse: “Devo chiamare Salvatore. Subito”.
Salvatore era Salvatore Natoli, all’epoca assessore regionale, se non ricordo male ai Lavori pubblici. Ma allora non c’erano i telefoni cellulari. Solo nel tardo pomeriggio di quella domenica mio padre riuscirà a parlare con l’assessore Natoli.
Perché ricordo questo? Perché nelle settimane precedenti avevo sentito mio padre parlare di due riforme che definiva “importanti”, che allora capivo fino a un certo punto. Erano la riforma urbanistica, che era stata varata un anno prima dall’Assemblea regionale siciliana, ma che – mi raccontava mio padre – stentava a trovare applicazione; e della riforma, rimasta invece sulla carta, della pubblica amministrazione.
Sembra incredibile, ma Mattarella, già alla fine degli anni ’70, individuava nella riforma della pubblica amministrazione lo snodo per rilanciare l’economia siciliana. E questo si evince con estrema chiarezza dai suoi interventi dell’epoca.
Sulla riforma urbanistica ho raccolto, invece, un’altra testimonianza. E’ di qualche anno fa. Allora collaboravo con un mensile. Avevo iniziato una serie di interviste che, purtroppo, ho dovuto interrompere, ma che vorrei riprendere, con i personaggi che hanno fatto la storia della politica siciliana e dell’Autonomia.
Ricordo una bella intervista con l’ex presidente della Regione ed ex presidente dell’Ars, Mario Fasino. Secondo mio padre – che era un esperto di Diritto urbanistico – molti dei problemi (ma non i soli) di Piersanti Mattarella erano sorti quando, alla fine del 1978, l’Ars aveva approvato la grande riforma urbanistica: la legge regionale n. 71 del 1978. Legge, per altro, ancora in vigore.
Questa legge, tra le tante cose, riduce l’indice di edificabilità sul verde agricolo.
Questa legge era stata voluta e difesa in Aula proprio da Mattarella: voluta, difesa e fatta approvare da un’Aula riottosa proprio dal presidente Mattarella. Legge approvata contro il parere di tanti parlamentari, anche democristiani: ovvero dello stesso Partito di Mattarella.
Chiesi all’onorevole Fasino – anche lui democristiano – che all’epoca era l’assessore che si occupava proprio di questa materia, cosa pensava di questa legge.
L’onorevole Fasino mi raccontò una storia che ho fedelmente riportato nell’intervista. Mi raccontò che, nei giorni ‘caldi’ in cui a Sala d’Ercole si dibatteva la riforma urbanistica, aveva incontrato Vito Ciancimino, che allora era il responsabile degli enti locali della Dc di Palermo. Ciancimino aveva espresso a Fasino il suo disappunto per la legge in discussione a Sala d’Ercole. Il suo disappunto e quello dei suoi ‘amici’. E il disappunto nasceva anche dalla secca riduzione della possibilità di edificare sul verde agricolo.
Un anno dopo lo stesso Fasino incontra di nuovo Ciancimino. Questo dovrebbe essere avvenuto qualche mese prima dell’omicidio di Mattarella. La legge in questione era già in vigore. Anche se veniva applicata tra mille difficoltà. Fasino chiede a Ciancimino se i suoi ‘amici’ si sono finalmente convinti della bontà della riforma urbanistica siciliana. Ciancimino gli risponde di no. E aggiunge che i suoi ‘amici’ erano sempre più arrabbiati.
Perché abbiamo voluto ricordare così il presidente Mattarella? Perché, a 34 anni di distanza, la Sicilia, rispetto all’urbanistica e alla pubblica amministrazione, non ha fatto grandi passi in avanti.
Mattarella, nel 1978, si batte come un leone in Assemblea regionale siciliana per far passare la riforma urbanistica. E lo fa perché – da esponente colto e illuminato della vera classe dirigente siciliana – capisce che l’abusivismo edilizio rischiava di travolgere il verde della nostra Isola. Insieme con la legge regionale n. 78 del 1976 (voluta dal predecessore di Mattarella, il presidente Angelo Bonfiglio: legge che introduce l’inedificabilità assoluta lungo le coste, entro i 150 metri dalla battigia), la legge regionale n. 71 del 1978 getta le basi per la tutela del territorio siciliano, che arriverà qualche anno dopo con la legge regionale che istituirà i Parchi e poi le Riserve naturali.
L’attualità di Piersanti Mattarella sta nel fatto che, ancora oggi, non solo la politica siciliana non ha aggiornato una legge urbanistica con una nuova riforma, ma ha provato ripetutamente a cambiare in peggio quanto fatto da Sala d’Ercole in quegli anni.
Non è un caso se nella Finanziaria presentata dal Governo di Rosario Crocetta – forse uno dei peggiori Governi della storia dell’Autonomia – c’era, tra le tante ‘perle’, anche una sanatoria edilizia camuffata anche nelle aree verdi e lungo le coste! Sanatoria – per fortuna! – intercettata e bloccata dal provvidenziale intervento dei parlamentari del Movimento 5 Stelle.
Lo stesso discorso vale per la riforma della pubblica amministrazione. Mattarella ipotizzava, già allora, maggiore ‘trasparenza’ nei procedimenti amministrativi. ‘Batteva’ tantissimo, ripetutamente, sulle ‘procedure amministrative’. Non soltanto per snellire i procedimenti amministrativi, ma anche – forse soprattutto – per eliminare le ‘stazioni di servizio’, ovvero i punti dove i procedimenti amministrativi si ‘bloccano’, per sbloccarsi dopo il pagamento delle tangenti.
Cos’è cambiato da allora ad oggi? Poco. O forse nulla. Anzi, non solo è cambiato poco, ma le procedure sono state complicate da una legislazione antimafia farraginosa che, spesso, crea problemi a tutti, tranne che a quelli ai quali, invece, dovrebbe crearli… Tant’è vero che, ancora oggi, ci interroghiamo su come venire a capo – ad esempio – delle forniture nella sanità pubblica, dove si spendono un sacco di soldi e dove ne succedono di tutti i colori.
Per non parlare dei tempi della burocrazia regionale: celeri quando un progetto interessa il potere (è il caso del centro agro-fotovoltaico tra Gela e Butera, che interessa il presidente Crocetta, esitato a tempo di record dagli uffici dell’assessorato regionale al Territorio e Ambiente); e lentissimi quando riguardano i normali imprenditori.
Tutte cose che Piersanti Mattarella, alla fine degli anni ’70 del secolo passato, avrebbe voluto cambiare.
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