Il progetto per creare l’ecomuseo della Valle del Simeto «Non avrà un solo centro ma undici antenne nei Comuni»

Creare sul territorio della Valle del Simeto un percorso condiviso di conoscenza che mira a raccogliere, conservare e valorizzare l’eredità culturale e le tradizioni e a preservare i paesaggi nei quali gli abitanti si identificano. Far conoscere, agli stessi abitanti del territorio, le sue peculiarità e le potenzialità che ha da offrire. È l’obiettivo del progetto ecomuseale della Valle del Simeto, che nasce nel 2012 per volontà di un ampio partenariato tra istituzioni pubbliche e società civile, su iniziativa del Presidio Partecipativo del Patto di Fiume Simeto, per diffondere i nuovi criteri della museologia e fare da guida rispetto a varie esperienze avviate dai singoli Comuni della Valle del Simeto.

«Gli obiettivi dell’ecomuseo del Simeto seguono gli obiettivi degli ecomusei in Italia – spiega l’ingegnera Giusy Pappalardo, coordinatrice del progetto e ricercatrice del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’università di Catania – che rappresentano un patto tra gli abitanti del territorio e le istituzioni per prendersi cura del territorio e rivitalizzarlo a partire sia dalle sue specificità, sia da un’azione proattiva dei diversi attori territoriali, in sinergia con le istituzioni pubbliche». L’ecomuseo della Valle del Simeto si pone quattro macro obiettivi, da raggiungere attraverso altrettanti progetti pilota. Il primo si chiama Esiste un fiume e avrà come scopo quello di rimettere in luce la centralità del fiume sia dal punto di vista degli ecosistemi naturali, sia da quello del patrimonio storico, archeologico e culturale che ruota attorno a esso. «L’arte – chiarisce Pappalardo – diventa un’opportunità per ricucire la relazione tra gli abitanti dei Comuni attraversati dal fiume e mettere in luce bellezze e criticità tramite varie espressioni dell’arte locale».

Il secondo progetto è Paesaggi inclusivi e mira a intrecciare il tema della rivitalizzazione del paesaggio con l’inclusione sociale. «Si parte dal presupposto che questi progetti devono avere una componente di inclusione e prestarsi al contributo di soggetti che solitamente non vengono coinvolti. L’obiettivo – aggiunge – è coinvolgere il più possibile persone che vivono in quartieri fragili, disabili e anche i ragazzi dell’istituto penitenziario minorile».

Il museo va in campagna, terzo progetto pilota, mira invece a costruire una rete tra i musei già esistenti e l’ecomuseo. «Vorremmo lavorare in forte sinergia con i musei tradizionali – continua la responsabile – creando, attraverso l’archeologia partecipativa, una connessione tra ciò che è custodito dentro le scatole museali e i cosiddetti corridoi culturali di beni sparsi per il territorio. Dall’antico acquedotto greco romano ai ponti, fino ai vari siti archeologici della Valle del Simeto». L’ultimo progetto si chiama Nuove catene del valore e ha l’obiettivo di rafforzare delle forme di microeconomia locale, ispirata ai principi dell’economia circolare, per «fare in modo che questo territorio metta a sistema la valorizzazione del patrimonio e la possibilità di attivare delle catene economiche che offrano la possibilità, ai più giovani, di restare a lavorare sul territorio», spiega Pappalardo. 

Il processo museale del Simeto prende avvio dalla prima mappatura di comunità del 2009, il primo passo per arrivare al livello di consapevolezza che si ha oggi. Nel 2015 è stato sottoscritto il Patto di Fiume Simeto ed è nato il presidio partecipativo del Patto di Fiume Simeto, soggetto promotore dell’ecomuseo. «Da un paio di anni ci stiamo interrogando su come diventare formalmente ecomuseo». L’iter prevede una istanza da presentare alla Regione che, al momento, è in corso di valutazione da parte della Soprintendenza di Catania. «Se saremo riconosciuti – annuncia – entreremo a far parte degli ecomusei di interesse regionale». 

Al momento, in Sicilia se ne contano tredici. In attesa del responso, si procede con la programmazione: «Siamo in una fase in cui il nuovo assetto di governance dell’ecomuseo, formato da enti locali, università, associazioni e singoli cittadini – spiega Pappalardo – sta progettando le attività che si potranno svolgere da quando ci si potrà rincontrare di presenza». Tra queste, una campagna di inventario partecipativo per animare, includere e aprire il più possibile il dialogo con soggetti che ancora non sono stati raggiunti. Il primo passo è già stato fatto con il progetto Ciceroni multimediali, che vede impegnati gli studenti del liceo Fermi di Paternò in una prima fase di inventario sperimentale. «Il progetto copre un territorio molto vasto, per questo l’ecomuseo si sta configurando come un ecomuseo ad antenne. Riguardando undici Comuni, infatti, sarà policentrico e non centralizzato in un unico luogo. Ogni antenna territoriale – conclude – in questa fase, si sta organizzando per poter portare avanti delle attività specifiche nel proprio territorio». 

Giorgia Lodato

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