Giovanni Ardizzone replica a muso duro a Crocetta «Caro presidente, l’Ars vale molto di più delle sue parole»

«Quello che dobbiamo fare in Sicilia lo dobbiamo decidere noi siciliani. Non può essere il Governo nazionale a dettarci l’agenda politica. E questo vale per il petrolio, per il gas e per tutto il resto. Mi dispiace dirlo, ma la posizione assunta dal presidente della Regione, Rosario Crocetta, è il frutto di una grande debolezza». Non ha peli sulla lingua, il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, che nel corso della chiacchierata ripete più volte due parole: Repubblica romana. In questo caso, però, Roma strappata allo Stato Pontificio non c’entra nulla. Insomma, Renzi non è Pio IX e in sua difesa non dovrebbero intervenire i francesi di Luigi Napoleone Bonaparte ma, al limite, i tedeschi della signora Merkel. «Per carità, non rivendico il Regno delle due Sicilia – dice sorridendo il presidente dell’Ars – Rivendico il ruolo centrale del parlamento siciliano. Il presidente Crocetta fa male a sottovalutare l’ordine del giorno approvato da Sala d’Ercole. Il parlamento dell’Isola vale molto di più delle parole del presidente Crocetta. E dico di più: non ci fermeremo qui. In conferenza dei capigruppo metteremo all’ordine del giorno un dibattito sull’eventuale utilizzazione degli idrocarburi presenti nel nostro territorio. E solleciteremo tutti i gruppi parlamentari a prendere una posizione politica».

Però c’è anche un problema di tutela dell’ambiente, come giustamente hanno fatto notare gli ambientalisti e l’Anci Sicilia.
«Intanto va detto che l’utilizzazione di questi idrocarburi dovrà passare dal vaglio di un’accurata analisi su eventuali problemi ambientali. Se ci saranno le condizioni per estrarre petrolio e gas si andrà avanti. Evitando, possibilmente, approcci ideologici. E tenendo conto che, in teoria, anche una delle tante petroliere che solcano il Mediterraneo, se dovesse subire guasti, creerebbe grandi problemi al nostro territorio. Detto questo, se ci saranno le condizioni per operare, è bene che Roma si metta in testa che non ci accontenteremo di 500 milioni di euro. Il tempo in cui i grandi gruppi del Centro Nord Italia piombavano in Sicilia massacrando il nostro territorio è finito».

Si riferisce alla chimica pesante appioppata alla Sicilia negli anni ’60 e ’70?
«Per l’appunto. Mi riferisco a Gela, a Milazzo, ad Augusta, a Priolo, a Melilli. È arrivato il momento di dire basta e di chiedere a gran voce i nostri diritti. L’idea che questi signori possano arrivare in Sicilia, fare affari, massacrare il nostro mare e l’ambente terrestre portandosi via gli utili e lasciando solo devastazione economica, sociale e ambientale non funziona più. Se ci sono le garanzie, vogliamo anche i benefici. E li vogliamo conoscere prima. Con impegni precisi che debbono essere rispettati».

A questo punto si potrebbe porre il tema dell’articolo 37 dello Statuto siciliano, che impegna le aziende con stabilimenti in Sicilia e sede sociale altrove a pagare le imposte nella nostra Regione.
«Assolutamente sì. È arrivato il momento di rivendicare con forza l’applicazione del nostro Statuto: tutto lo Statuto e non soltanto gli articoli 36, 37 e 38. Oggi il momento politico che vive il nostro Paese è particolare. Se qualche anno fa c’era la tendenza a dare più poteri alle Regioni, oggi avviene l’esatto contrario: è il governo centrale che sta provando ad accentrare tutti i poteri. La nostra risposta politica e culturale, su questo fronte, deve essere netta e precisa».

Il presidente Crocetta, in realtà, sta facendo l’esatto contrario.
«Quella del presidente Crocetta è una manifestazione di estrema debolezza politica. Tra l’altro, non avrebbe dovuto prendere un impegno del genere. Ed è la seconda volta che sbaglia. L’ha fatto rinunciando per tre anni agli effetti di contenziosi finanziari in atto tra Regione e Stato. E sta ripetendo l’errore con la questione dell’utilizzazione degli idrocarburi. Prima di assumere una decisione che riguarda tutti i cittadini della Sicilia il presidente della Regione deve passare dal parlamento. Sono queste le regole della democrazia, quando di mezzo ci sono gli interessi del popolo siciliano».

Magari Crocetta e qualche senatore si stanno ingraziando Renzi per acciuffare poltrone nel futuro Parlamento nazionale.
«Non è una questione che appartiene alla mia analisi politica. Dico solo che oggi, in Italia, c’è una concentrazione di poteri forti che punta a schiacciare le Regioni. Per travolgere tutte le Regioni, non soltanto quelle a Statuto speciale».

Presidente, approfittiamo per parlare con lei della sostanziale abolizione del ruolo del Commissario dello Stato. Franco Piro, intervenendo sul nostro giornale, dice che la costituzionalità delle leggi regionali verrà affidata, di fatto, al patteggiamento tra governo nazionale e governo regionale.
«Il rischio c’è. Ma c’è un altro rischio che riguarda il Governo nazionale. Il rischio è che, d’ora in poi, le tensioni sociali siciliane si scarichino direttamente su Roma».

Se l’Ars dovesse decidere di assumere 30mila precari, in assenza del filtro dell’ufficio del Commissario dello Stato, dovrebbe essere il governo nazionale a dire no: sta dicendo questo?
«Esattamente. D’ora in poi ci vorrà grande senso di responsabilità da parte dei parlamentari siciliani. Bisognerà essere autorevoli».

Lei invoca autorevolezza per il parlamento siciliano, a fronte di un parlamento nazionale che non sembra molto autorevole, se è vero che Renzi sta governando a colpi di decreti. Uno stile di governo che, di fatto, sta esautorando le assemblee di Montecitorio e palazzo Madama.
«Purtroppo questo è vero. Il parlamento nazionale è debole perché composto da nominati. Ciò rafforza inevitabilmente il potere esecutivo».

Lei, spesso, parla di apertura della Sicilia al mondo arabo. 
«È una mia vecchia convinzione che si è rafforzata in questi anni. La Sicilia, ribadisco, deve guardare al mondo arabo. Cioè a coloro che hanno le risorse e le possono investire nella nostra isola senza le puzzette sotto il naso tipiche di certi veneti e di certi lombardi. Anche su questo fronte è arrivato il momento di dire basta a certi imprenditori del Nord Italia che hanno lucrato sulla Sicilia depredandola e lasciando solo macerie. Gente che pensa di fare il bello e il cattivo tempo solo perché detiene il monopolio della grande stampa nazionale. E che, anche in funzione di certa stampa, pensa di continuare a lucrare sulla pelle dei siciliani».  

Giulio Ambrosetti

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