Il potere di Montante nei palazzi della Regione Crocetta, Lombardo, Cuffaro e il regista Lumia

Le indagini sul sistema Montante non sono finite. Con il deposito delle motivazioni si è chiuso un capitolo, quello del primo filone d’inchiesta che ha fatto emergere l’associazione a delinquere guidata dall’ex numero uno di Confindustria e finalizzata a supportare, coprire e rafforzare l’Antimafia trasformata in business. «Un autentico potere occulto – lo ha descritto la giudice Graziella Luparello – estremamente pericoloso, non parallelo a quello statuale o regionale, ma ad esso perpendicolare, in quanto intersecava le più diverse istituzioni, ai diversi livelli, finendo per controllarle, condizionarle o comunque influenzarle». 

E la politica? Cosa è stato il sistema costruito da Antonello Montante nei palazzi della politica regionale e nazionale? Di quali pedine si è servito e che risultati ha avuto? Per provare a rispondere a queste domande la squadra mobile di Caltanissetta ha ancora circa tre mesi di tempo. A gennaio, infatti, scadrà l’ultimo proroga sul secondo filone di indagine. Che, per quanto finora emerso, vede indagati Rosario Crocetta, le sue due ex assessore alle Attività produttive Linda Vancheri e Mariella Lo Bello, l’ex presidente dell’Irsap Mariagrazia Brandara. Indagato pure l’ultimo presidente di Sicindustria Giuseppe Catanzaro. E altri soci: Carmelo Turco, Rosario Amarù e Totò Navarra. Devono rispondere a vario titolo di associazione a delinquere, finanziamento illecito ai partiti, abuso d’ufficio e corruzione.

In attesa dei prossimi eventi, però, già nelle oltre 1.700 pagine che motivano la condanna di Montante a 14 anni di carcere, si parla ampiamente del suo potere alla Regione. Non solo nel periodo di governo di Crocetta, ma anche con i suoi predecessori Raffaele Lombardo e Totò Cuffaro.

Sono quattro i casi relativi all’epoca Crocetta: le nomine allo Ias (Industria acqua siracusana, controllata dall’Irsap), la vicenda della mancata fusione Ast-Jonica Trasporti, l’interesse dell’imprenditore Di Risio per l’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese, e lo scontro tra Montante e Nicolò Marino. 

Alla presidenza dello Ias, proprio su indicazione di Montante, viene nominata Rosaria Battiato, la moglie del colonnello Giuseppe D’Agata, ex capocentro della Dia di Palermo poi ai servizi segreti, a processo con rito ordinario. Montante è il riferimento politico della donna durante il suo mandato. Tanto che quest’ultima, di fronte alla difficoltà di comunicare con la presidente dell’Irsap Brandara, si lamenta con l’ex numero uno di Confindustria. A Montante basta una chiamata per organizzare un incontro a Palermo a cui lui stesso partecipa. «Si è in presenza di una disarmante commistione di interessi – si legge nelle motivazione della gup Luparello – ove risulta non più distinguibile ciò che dovrebbe essere sotteso all’azione di esponenti di vertice dell’amministrazione regionale e ciò che, in maniera difficilmente decifrabile, muove i comportamenti di un imprenditore privato». E ancora, Montante viene etichettato come «deus ex machina delle dinamiche del potere all’interno della Regione e dei suoi enti».

Altra vicenda in cui la commissione di interessi di Montante è apparsa evidente è stato il tentativo di fusione tra l’Ast (l’azienda siciliana trasporti di prorpietà della Regione) e una sua partecipata, la Jonica Trasporti, di cui Montante deteneva il 49 per cento del capitale. Un’operazione che avrebbe portato il socio privato, entrando con una piccolissima quota in Ast, ad avere un diritto di prelazione in caso di privatizzazione di cui già si parlava. Potendo così mettere le mani sull’enorme patrimonio immobiliare di Ast. A questa operazione si oppongono Gaetano Armao, ieri come oggi assessore regionale all’Economia, e Giacomo Cusumano, in quel momento vicepresidente dell’Ast. Entrambi oggetto di dossieraggio la cui paternità oggi viene attribuita con certezza a Montante.

«Il tutto – sottolinea la giudice – secondo le dichiarazioni di Armao e Cusumano, si svolgeva sotto il cono d’ombra di Confindustria Sicilia che, alleata con l’allora presidente della Regione Raffaele Lombardo, aveva ritenuto di perorare l’ennesimo atto predatorio in danno della cosa pubblica». E poco oltre si aggiunge: «Ve n’è abbastanza per affermare che la politica regionale dell’epoca sembrava ispirata, in una logica di solidarietà con personaggi di Confindustria e, in particolare, con Montante, alla depredazione della res publica in favore del soddisfacimento degli appetiti privati».

Gli stessi appetiti che si riscontrano nella vicenda dell‘ex stabilimento Fiat di Termini Imerese. «Ricordo – racconta Armao ai magistrati – che si presentò a Palazzo d’Orleans il senatore Lumia in compagnia dell’imprenditore Di Risio per manifestare al presidente Lombardo l’intenzione da parte del Di Risio stesso di rilevare l’ex Fiat di Termini». Il progetto, però, prevedeva un finanziamento di 20 milioni di euro alla società D.R. da parte dell’Irfis, la banca della Regione. E l’operazione fu bloccata proprio da Armao. «Il senatore Pistorio – riferisce l’assessore – mi riferì che Lumia e Montante erano “imbestialiti” per la mia iniziativa». Per la giudice c’è dunque Montante dietro gli accessi abusivi alla banca dati delle forze dell’ordine alla ricerca di informazioni su Armao, ma anche dietro quelli su un altro ex assessore di Lombardo, quel Nicolò Marino diventato presto il nemico numero uno del sistema confindustriale, a causa delle sue posizioni intransigenti verso i privati nel settore dei rifiuti, a cominciare da Giuseppe Catanzaro, successore di Montante al vertice di Confindustria Sicilia e proprietario della discarica di Siculiana.

Ma l’influenza di Montante sulla politica regionale andrebbe ancora più a ritroso nel tempo, coprendo quindi gli ultimi 15 anni. Per la giudice, anche se il fatto non è oggetto di imputazione, «è assolutamente provato il finanziamento occulto della campagna elettorale di Totò Cuffaro». Conclusione a cui si arriva grazie alle dichiarazioni dell’imprenditore pentito Marco Venturi. «Ricordo anche che Montante ripeteva che “pagava la campagna elettorale a tutti”, ciò mi ebbe a dire anche con specifico riferimento a Cuffaro in relazione all’elezione nel 2001 a presidente della Regione, specificandomi che aveva erogato contributi economici in nero, anche se non mi disse l’importo», dichiara Venturi. A parlare è anche Michele Trobia, amico di Montante, che racconta di aver portato 800 milioni di lire a Cuffaro in una borsa. «Io entravo con lui in piena giunta regionale con Totò Cuflaro – dice, intercettato -. Arrivavamo con la macchina, quella con la scorta, fino davanti l’ascensore… scendevamo, non si chiedeva dov’era Cuffaro, lui entrava direttamente, entrava nel salone della giunta… nessuno lo bloccava... iva drà… lui si chinava a Totò Cuffaro, chiddru si alzava usciva fuori trasiva nà so stanza e parlavano».

Salvo Catalano

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