di Lorenzo Ambrosetti
Possono essere definite populiste quelle formule politiche per le quali fonte di ispirazione e termine di riferimento costante è il popolo.
Di populismo si è parlato con riferimento a varie articolazioni politiche che si sono succedute nella storia, tutte accomunate dal riferimento a questo concetto chiave, visto però piuttosto che in modo razionale, in modo vago o poetico, e comunque assolutamente irrazionale.
Infatti, il populismo ha sovente una matrice più letteraria che politica o filosofica in genere, e i suoi concretamenti storici sono accompagnati o preceduti da illuminazioni poetiche, da una scoperta o da una trasfigurazione letteraria di dati o supposti valori popolari.
Il populismo esclude la lotta di classe, è fondamentalmente conciliativo e raramente rivoluzionario.
IL populismo, fideistico nelle sue premesse, diventa nei suoi moduli operativi anche messianico, traendo alimento dal carisma del capo che ne interpreta e ne porta avanti i valori fondanti. Esso mira allespulsione dalla sua sfera di azione di tutto ciò che non è popolo.
Il populismo è distante sia dal socialismo che dal fascismo.
Per quanto riguarda il primo esso si pone nettamente come una ideologia concorrente e divergente e non come complementare e subordinata.
Rispetto al fascismo il populismo si differenzia per il suo carattere non elitario e per la caratteristica della mancata presenza della necessaria obbedienza ad un leader.
Nei fatti, comunque, in quasi tutti i movimenti populisti, si trova la presenza di un leader carismatico che ne interpreta i valori, ed una elite illuminata di interpreti quasi sacrali della volontà e dello spirito del popolo.
Il populismo si distingue poi dal tradizionalismo, perché pur privilegiando valori tradizionali non preconizza una società statica ed immobile, e dai movimenti di ispirazione cristiana perché non si ispira ad una realtà trascendente o religiosa.
In Italia il populismo è tornato in voga dopo la discesa in campo di Berlusconi del 1994.
E chiaro il riferimento costante ai presunti interessi e valori del popoli o degli italiani come anche si usa dire ormai nel linguaggio politico corrente, che Berlusconi fa in tutte le sue apparizioni televisive, perorando la causa della sua estraneità ad interessi di parte e riferendosi costantemente agli interessi della Nazione.
Il controllo dei mezzi di comunicazione di massa che ha caratterizzato il berlusconismo, ha di certo agevolato la deriva populista in cui è caduto il nostro paese, ed ha influenzato anche gli altri attori del processo politico.
Oggi, infatti, il riferimento al popolo, o meglio agli italiani, è la formula politica più diffusa tra tutti i partiti, ma come formula svuotata da ogni contenuto.
LItalia è sullorlo del fallimento, e il populismo che ha caratterizzato questa fase storica del nostro paese, è tra i principali artefici di questa situazione.
Se Berlusconi, e i politici che si sono a lui succeduti dal 1994 in poi, fossero stati più seri, avrebbero preso meno in giro gli italiani, e, evitando di fare costante riferimento a loro nei loro discorsi e nelle loro apparizioni, ma facendone realmente gli interessi, lItalia non sarebbe arrivata a questo punto.
Il modello americano, trapiantato in Italia da Berlusconi, della politica come spettacolo, e delluomo politico come attore di una fiction con tanto di protagonista e comparse, ha rovinato in nostro Paese.
Auguriamoci che in futuro ci sia maggiore serietà.
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