Nessuna consegna dei lavori e nessuna proroga formale. Quel che è certo è che il Palazzo di cemento non sarà «il regalo di Natale per le 96 famiglie in attesa degli alloggi», come aveva invece auspicato l’ormai ex assessore ai Lavori pubblici Pippo Arcidiacono. Dalla fine di novembre, la delega è passata a Enrico Trantino, uno dei due nuovi componenti della giunta di Salvo Pogliese. «Ho chiesto un cronoprogramma serrato alla ditta e ho concesso una trentina di giorni in più rispetto alla data ipotizzata in precedenza», dichiara a MeridioNews l’assessore, esponente di Diventerà bellissima.
Ancora un rinvio e un altro nodo al fazzoletto, fissato questa volta per la fine di gennaio del 2020. «Ho difficoltà a parlare di questo tema – non nasconde l’assessore che ha ereditato la vicenda che va avanti a rilento da anni – soprattutto perché ho il timore che possano insorgere appetiti da parte di chi versa in stato di bisogno». La preoccupazione riguarda il rischio che gli assegnatari – scelti da due diverse graduatorie comunali tra chi vive in situazione di emergenza abitativa e chi ha subito degli sfratti – possano prendere l’iniziativa di occupare il palazzo.
«Da quello che mi risulta mancano ancora gli ascensori, la canna fumaria e altre cose», riferisce Trantino alla fine di una riunione con i vari dirigenti dell’assessorato, disarmati di fronte alle scadenze fissate e alle difficoltà di farle rispettare. «Il problema è che la ditta si è aggiudicata l’appalto con un ribasso del 55 per cento che è eccessivo e si riflette sull’efficienza dell’intervento».
Affidati alla ditta Salvatore Coco di Paternò, i lavori al civico numero 3 di viale Moncada, di rinvio in rinvio sono in ritardo di circa due anni rispetto al cronoprogramma iniziale. Dopo il ritrovamento di arsenali di armi e ordigni e il blocco dovuto allo sciopero dei lavoratori per i mancati pagamenti, il motivo della lentezza degli interventi di recupero e risanamento è stato l’insufficienza di manodopera impiegata. A ogni scadenza una proroga, e a ogni proroga la minaccia di penali per la ditta che però non sono mai arrivate.
La torre di cemento, con i suoi 52 metri d’altezza per 16 piani, resta l’ennesima incompiuta della città. Costruita nel 1981 dall’imprenditore Francesco Finocchiaro – ritenuto uno dei quattro cavalieri dell’apocalisse mafiosa dal giornalista Pippo Fava – negli anni è passata dall’essere un simbolo del degrado come centrale dello spaccio in mano alla famiglia mafiosa degli Arena ad aspirante emblema di legalità del quartiere dormitorio della periferia sud-est della città.
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