Cavalli, pinocchi, cavallucci a dondolo, carretti, calessini, gobbi, ometti, asinelli, buoi, galli, elefanti e cammelli e anche Ciccu Peppi (che, nella tradizione siciliana, è il comandante delle truppe austriache contro cui combattono i soldati durante la prima guerra mondiale) in legno e maschere, mascherine e testoni in cartapesta. Questi sono i giocattoli raccolti nel museo Francesco Lombardo a Floridia, in provincia di Siracusa. Sono tutti pezzi unici realizzati dal maestro, originario di Palazzolo Acreide, da cui prende il nome la casa adibita a museo, meglio conosciuto – e oggi ricordato – con il soprannome di don Ciccio Pastasciutta.
Una collezione privata fatta di giocattoli (utilizzati anche come decorazioni dei presepi nel periodo natalizio) e maschere artistiche (usate soprattutto nel periodo di carnevale) realizzati, tra gli anni ’30 e gli anni ’50 del Novecento, messa in mostra all’interno delle stanze della casa museo in via Crispi, dal figlio di Don Ciccio, Giuseppe e dal nipote Francesco, che testimonia l’antica arte della lavorazione del legno e della cartapesta che dava vita ai giochi del passato «che, però – racconta Francesco Lombardo a MeridioNews – affascinano anche i bambini di oggi che, però, hanno in mente tutto un altro concetto di gioco». Più che a Natale, nel passato, in Sicilia ai bambini i doni si usava farli per i Morti ed «era usanza regalare un cavallo di cartapesta con il carrettino pieno di frutta secca, noci, castagne, fichi, melograno, mostarda e altri piccoli giocattoli dello stesso materiale o in legno», illustra Lombardo. È a questi che si dedica don Ciccio Pastasciutta, dopo un primo periodo di lavorazione della pietra con motivi floreali in stile Liberty, affiancandovi anche la realizzazione di creature in cartapesta (asinelli, leoni, orsi, Pierrot, volti di vecchi, teste di re e altre maschere) utilizzate per addobbare i carri allegorici che sfilavano per le vie di Palazzolo Acreide e dei paesi dell’hinterland ibleo per tutto il periodo di carnevale.
Riconosciuto dalla Soprintendenza come sito di interesse regionale, il museo privato viene visitato soprattuto da scolaresche che «nonostante siano immerse nell’era della tecnologia e del digitale, reagiscono con curiosità e stupore, posano lo smartphone in tasca e ascoltano e osservano con attenzione», spiega l’erede dell’estroso costruttore di giocattoli siracusano che, insieme al padre, si è impegnato per dare vita al museo. «Siamo tra i pochi detentori in Sicilia di questa antica arte della costruzione dei giocattoli, ormai quasi del tutto scomparsa, per questo abbiamo deciso di conservarla, custodirla e renderla anche fruibile regalandola alle generazioni future perché possa essere da stimolo alla loro creatività». Utilizzando i calchi e le sagome originali del nonno, hanno realizzato anche delle ricostruzioni di quelle opere d’arte che erano i giochi d’altri tempi. «Ci è stato proposto di vendere gli oggetti che abbiamo riprodotto con i calchi antichi, ma non abbiamo mai accettato perché è difficile dare un prezzo a una cosa di così alto valore».
Un contenitore culturale che conserva, tramanda e, in qualche modo, fa rivivere la storia. Durante le visite guidate al museo, infatti, per i più piccoli c’è la possibilità di salire in groppa a un cavalluccio a dondolo. «Diamo ai bimbi di oggi l’occasione di fare un’esperienza di vita dei bambini del passato, anzi forse semplicemente un’esperienza di un gioco reale, e loro si catapultano immediatamente», commenta Lombardo che nella vita ha seguito la tradizione del nonno dedicandosi alla decorazione pittorica, alla scultura e alla lavorazione della cartapesta. «La cosa più magica per i bimbi è il rapporto che si crea toccando e interagendo con il gioco soprattutto attraverso il dondolio e la simulazione del galoppo in sella a cavalluccio che – aggiunge – è proprio l’aspetto pratico che manca nei giochi moderni sempre più virtuali». È secondo lo stesso principio che Lombardo, negli anni, ha anche realizzato dei laboratori di lavorazione della cartapesta in alcune scuole elementari e medie del Siracusano. «Abituati a un rapporto sempre mediato con il gioco, i bambini sono felici di potersi sporcare le mani, di avere con l’oggetto del gioco un rapporto materiale che lo rende concreto e reale».
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