Il M5s denuncia l’aumento delle pensioni dei deputati all’Ars «È la storia di Robin Hood al contrario, qui si ruba ai poveri»

«Come la storia di Robin Hood, però al contrario: in questo caso si ruba ai poveri per dare ai ricchi». Gli antieroi popolari per la deputata del Movimento 5 stelle Jose Marano sarebbero i suoi colleghi parlamentari all’Ars che hanno deciso «su base volontaria» di aumentarsi la pensione e il trattamento di fine mandato. Lo scorso 31 ottobre, infatti, è stato dato il via libera agli uffici per calcolare i contributi da versare considerando sia l’indennità che la diaria. Una possibilità offerta a chi siede tra i banchi di sala d’Ercole dalla legge regionale 19 del 28 novembre 2019 che comporta un aumento degli assegni. «Il gruppo parlamentare del M5s è stato l’unico ad astenersi dalla votazione di quella norma», sottolinea il capogruppo Giorgio Pasqua prima di fare i conti precisi in termini economici, con tanto di schemi alla mano. 

Finora, il calcolo dell’imponibile ai fini previdenziali per i parlamentari regionali in pensione non prevede anche l’inserimento della diaria (cioè, i costi per i soggiorni a Palermo) ma soltanto l’indennità parlamentare. I conti, insomma, saranno fatti sull’intera busta paga dei deputati che ammonta a circa ottomila euro netti al mese (seimila euro di indennità e oltre quattromila di diaria lordi). «Noi ci siamo opposti a questa legge già quando è stata votata circa un anno fa – ricorda Pasqua – e lo facciamo ancora di più adesso, in piena pandemia, mentre ai cittadini si richiedono sforzi enormi. Qualcuno ci ha definito “delinquenti” – lamenta il capogruppo pentastellato senza nominare il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè – perché abbiamo sollevato questa battaglia degli aumenti che loro negano». 

Stando al prospetto mostrato da Pasqua, attraverso lo strumento di condivisione dello schermo sulla piattaforma Zoom durante la conferenza stampa, gli aumenti ci sarebbero. Per i deputati con una sola legislatura, prima (senza diaria), era prevista una pensione di 718,10 euro lordi; adesso, invece l’assegno lieviterebbe fino a 1.207,71 euro (con un aumento di 489,61 euro); per chi invece a palazzo dei Normanni c’è stato per due legislature l’aumento sarebbe di 775,20 euro, con una pensione che passerebbe da 1.248,23 euro a 2.123,43 euro. «Un incremento che costerebbe alla Regione circa 700mila euro in più l’anno – analizza Marano – se facciamo i conti tenendo in considerazione i 55 deputati in carica (esclusi i 15 del M5s che non hanno aderito, ndr)». In realtà, però, non è ancora chiaro il numero dei parlamentari che hanno dato il via libera. «Questo bisognerebbe chiederlo al presidente Nello Musumeci o a Miccichè», rispondono i deputati.

«Non vogliamo creare lotte di classe – aggiunge Pasqua a corredo dei dati – ma fuori dal palazzo ci sono commercianti, imprenditori e artigiani che soffrono e aspettano fondi. Abbiamo proposto di trattare ai fini pensionistici i parlamentari come ogni altra categoria di lavoratori». Due sono i disegni di legge con cui il M5s ha provato a proporre delle «soluzioni alternative a questo ricalcolo: uno per mettere ordine alla normativa delle pensioni – spiega il primo firmatario Stefano Zito – con l’idea di fare confluire i contributi all’Inps o alle altre casse pensionistiche a cui versavano in precedenza i deputati; il secondo – continua – per abrogare la legge 19 del 2019 che consente il calcolo dei contributi su indennità e diaria. In  questo ddl abbiamo anche previsto anche il taglio dello stipendio dei deputati». Disegni di legge che adesso dovrebbero seguire l’iter in commissione prima di arrivare in aula per essere votati. «Noi non ci arrendiamo – conclude Marano – perché non possiamo permettere che si vivano due realtà parallele: la gente comune fuori dal palazzo e i privilegiati della casta».

Marta Silvestre

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