«Da Taormina mandiamo soprattutto un messaggio culturale: accogliendo i leader nel teatro diamo subito il senso del G7, che deve discutere delle questioni geopolitiche immediate ma soprattutto deve avere uno sguardo di orizzonte». Matteo Renzi, di passaggio sabato nella cittadina ionica durante il suo tour siciliano, è tornato a parlare del meeting che si terrà il prossimo maggio. L’occasione è stata data dalla presentazione ufficiale del logo: il teatro antico stilizzato su sfondo bianco. Il primo biglietto da visita dell’evento che, sempre usando le parole del presidente del Consiglio, «darà in tutto il mondo un’immagine mediatica spaventosa di questa città». Eppure, stando a sentire un esperto di pubblicità come Salvo Scibilia – pubblicitario a Milano e docente di Sociologia della comunicazione all’università di Catania, in passato ha anche collaborato per le campagne di comunicazione del Partito democratico -, quel logo non solo è «rigido, scolastico e piattamente grafico, ma manca di fascino e di storia. Vende il luogo – sintetizza – non la valenza politica del G7».
Il premier ha annunciato che i temi del G7 saranno «educazione, cultura e identità». «Ma nel logo di questi grandi temi non c’è traccia – spiega Scibilia -, un marchio dovrebbe essere una sintesi concettuale a cui viene data una veste grafica gradevole all’occhio e memorabile, possibilmente a livello transnazionale se si tratta di un evento che si rivolge al mondo. In sostanza, uno che vede il logo alle isole Canarie deve capirlo». L’esperto ammette che «l’unica cosa che il logo del G7 ha è la chiarezza. È chiaro ma triste, scarno, non ha materia, né grasso. Ma soprattutto è una scelta buona per vendere Taormina. Quella stessa immagine – continua – potrebbe essere usata per una convention di panificatori a Taormina o per il festival del cinema di Taormina. Manca l’elemento caratterizzante».
E se fosse proprio questo l’obiettivo? Vendere la perla dello Jonio? Una scelta che Renzi ha definito «non organizzativa, logistica o burocratica, visto che a Taormina faremo qualche sacrificio logistico in più». «Ma davvero – sottolinea Scibilia – si fa un G7 per vendere Taormina? Non credo che ne abbia bisogno. Il proprietario di una trattoria può pensare all’afflusso di persone che avrà nel suo locale, ma non credo sia questo il ragionamento di un presidente del Consiglio». La riprova dell’insufficienza del logo per un evento simile potrebbe venire da un test. «Proviamo a levare le parole G7 Taormina e andiamo in giro a chiedere cosa rappresenta questo logo. Non credo – conclude il docente – che troveremo qualcuno che indovini, a meno che non lo abbia già visto».
Pochi mesi fa un altro evento organizzato dal governo, il Fertility Day, è stato al centro delle critiche. «Il problema – conclude Scibilia – è che il logo di Taormina non è casuale, così come non è casuale la pessima campagna del ministero della Salute: è invece lo specchio di una cultura della comunicazione che in Italia è veramente scarsa, basata sul banale mi piace o non mi piace».
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