Non so voi, ma a me le foto sui social che in questi giorni ritraggono i miei concittadini (e non) alle prese con lo straordinario spettacolo della neve mettono davvero buon umore. Non so perché. Forse sarà per il fatto che essa ha determinato una resa momentanea di quel sentimento di addannazza siamo soliti rivolgere – chi più, chi meno – agli amici del Nord nel mostrare la magnanimità del nostro clima. O forse, molto più semplicemente, sarà perché questa neve, in fondo, ci voleva proprio.
È come se tutti, per un attimo, fossimo tornati bambini. Innocenti. E non credo ci possa essere dono più grande per una persona adulta. La neve seppellisce tutto e rende ogni cosa più pulita. La neve è un gioco da tirarsi addosso senza che il dolore lamenti il suo salario. La neve è un sorriso screpolato ma acceso. La neve fa il solletico al gelo. La neve, a volte, è un foglio bianco da cui ripartire.
La provincia di Catania, oggi città metropolitana, non è abituata alla neve intesa quale decoro urbano, cittadino. E i catanesi – parafrasando, visto che ci siamo, il titolo di un libro che non ho mai letto – non sembrano fregarsene. Anzi, spalancano le braccia nell’accoglierla anche se, come tutto ciò che li riguarda, poi, alla fine, scivola via. Condanna tremenda. E quei bimbi, quelli veri, altissimi nelle loro emozioni, sono preziosi come il monello raccontato da François Truffaut ne I 400 colpi, Antonie Doinel, che saltella dinnanzi alla scoperta del mare, libero come lui. La neve è anche normalità. E lo stupore che ne deriva è il principale sintomo della sua assenza, della sua necessità.
Ed è stato bello per una comunità devastata come la nostra, sottoposta alle più indicibili e stomachevoli violenze organizzate finanche negli ospedali, abbia saputo rispondere pure in chiave solidale agli effetti collaterali che ne derivano, regalando un po’ di tepore a chi ne aveva più di bisogno. Un plauso che attiene a un ordinamento civile e rispettoso, con buona pace di chi è sempre in campagna elettorale, quale che sia la parte dello schieramento in questione.
C’è una canzone, Next Exit, degli Interpol, importante band newyorkese protagonista della revival new wave dei primi anni Zero, la cui prima strofa fa così: «We ain’t going to the town/ We’re going to the city/ Gonna track this shit around/ And make this place a heart». E questa neve, forse, un po’ di merda in giro ne ha tolta. Almeno dentro i nostri cuori. Sì, questa neve è un miracolo, e Dio solo lo sa se noi catanesi ne abbiamo di bisogno.
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