Un corteo contro la mafia al quale prendono parte almeno un migliaio di persone. È l’iniziativa Fuori la mafia dal Comune, promossa dalla redazione de I Siciliani giovani e sposata da un lungo elenco di associazioni cittadine. Una manifestazione pubblica e aperta a tutti, che è arrivata sotto le finestre di Palazzo degli elefanti, di recente scosso dalla relazione della commissione antimafia regionale. Ma non c’è solo il documento elaborato dai deputati Ars tra i motivi che hanno spinto la cittadinanza attiva a mobilitarsi. Un serpentone di persone senza cartelli politici, ma con tanti striscioni: «Via i Ciancio, via i Bianco», «Bianco dimettiti», «No alla mafia, sì alla vita».
La manifestazione parte alle 18 circa da via Etnea, all’altezza dell’ingresso della villa Bellini. «Sono qui a protestare perché in questa città si muore di degrado e illegalità – dice Anna, 62 anni – È evidente e inaccettabile il legame di connivenza tra potere politico e interesse mafioso che avvolge tutte le vicende finite sui giornali». Il primo cittadino di Catania, sentito nelle scorse settimane dalla commissione nazionale antimafia, è finito nell’occhio del ciclone per un’intercettazione del 2013. L’allora candidato sindaco Enzo Bianco e l’imprenditore Mario Ciancio Sanfilippo, il giorno dopo l’approvazione del Pua (piano urbanistico attuativo, variante Catania sud) in consiglio comunale, parlano al telefono del voto. Andrea regge lo striscione «Via i Ciancio, via i Bianco», ha 14 anni e non si interessa molto alla politica: «Bianco lo conosco poco», ammette. Mentre Ciancio lo ha sentito nominare dal papà: «Mi ha detto quanto è influente la posizione del suo giornale, di cui è direttore e proprietario, in tempo di elezioni».
Ma tra i motivi della protesta contro l’amministrazione c’è anche l’inchiesta sulla costruzione della nuova darsena del porto di Catania, l’organizzazione di eventi culturali in discoteche sequestrate alla criminalità organizzata. «Non è la prima manifestazione contro la mafia alla quale partecipo – spiega Salvatore, 65 anni – Ma purtroppo le istituzioni se ne fregano. Sono tutte prese dai preparativi per i festeggiamenti di sant’Agata». Non è originario di Catania, dove si è trasferito da giovanissimo, e alla domanda se la consideri come la sua città risponde: «Sento di appartenerle, ma la vivo male. La vorrei meno silenziosa e più indignata quando vengono alla luce notizie che allungano l’ombra della mafia sulle istituzioni e sulla gestione degli affari più importanti». Il corteo non è seguito solo a piedi. Ci sono anche passeggini e biciclette che si muovono tra la gente. Non mancano i megafoni, c’è persino la chitarra di un suonatore di strada, che ha smesso di cantare per scandire i cori della protesta.
Nessun partito politico ha portato con sé la propria bandiera. Ma gli attivisti distribuiscono i volantini. Un foglietto finisce in mano a un uomo che, appoggiato al sostegno di una luminaria, lo sbircia e lo mette in tasca. Abita in via Etnea ma non sapeva che nel pomeriggio ci fosse in programma un corteo: «È sempre buono quando si manifesta contro la mafia», dice. Ma non conosce le ragioni che hanno portato alla mobilitazione. Non sa cosa sia il Pua. Non aveva sentito nulla, finora, dell’intercettazione Bianco-Ciancio. «Leggo poco La Sicilia – spiega – Mi informo soprattutto attraverso i giornali nazionali», ma promette che consulterà più spesso almeno i quotidiani pubblicati sul web. All’incrocio con piazza Stesicoro auto e motorini suonano il clacson, infastiditi dall’attesa per fare sfilare i manifestanti. «Inutile protestare quando i primi mafiosi si trovano a Roma», si sfoga un ragazzo che sta in sella a una motocicletta. Il vigilie urbano lo guarda e dice: «Deve aspettare comunque».
Intanto, dai megafoni, vengono scanditi gli slogan che hanno fatto da traino all’organizzazione di questa giornata: fuori la mafia dai quartieri, fuori la mafia dai palazzi, fuori la mafia dalla città. Tra le voci che li seguono ci sono anche quelle delle rappresentanze degli studenti dei licei catanesi Spedalieri e Principe Umberto. «La partecipazione è alta – afferma Riccardo Orioles, direttore de I Siciliani giovani e promotore dell’iniziativa antimafia – Ci sono tanti giovani e questo è un bel segnale». Che dovrebbe essere colto dalla giunta cittadina guidata da Enzo Bianco. «Il sindaco si difende con tanti “Non lo sapevo” – gridano i manifestanti al megafono – Ma se deve difendere la città da Cosa nostra non può non conoscerla». Il corteo termina in piazza Università alle 19.30, sotto le finestre del Comune, di fronte a un cordone di polizia e carabinieri che vieta l’accesso a piazza Duomo. È in quel momento che, sul tabellone luminoso presente in piazza, compare all’improvviso il volto del sindaco Bianco. È una vecchia registrazione, fatta in occasione delle festività agatine dell’anno passato. I manifestanti la commentano a suon di fischi, richieste di dimissioni e altri slogan di protesta.
Qualche ora dopo il termine della manifestazione arriva il commento del capogruppo Pd al consiglio comunale Giovanni D’Avola: «C’erano meno di trecento persone al corteo, considerando anche i curiosi che si trovavano in via Etnea per altri motivi, e cento al comizio finale». Il consigliere sostiene inoltre «che non si è certo trattato di una manifestazione civica ma di piccoli movimenti politici che peraltro i Catanesi non avevano ritenuto di eleggere in consiglio comunale. Spiace molto che la lotta alla mafia sia stata utilizzata per fini partitici». E bolla le ragioni del corteo come «basse strumentalizzazioni politiche».
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