«Il coronavirus ha fatto il miracolo». Mentre osserva il via vai di persone, il responsabile di uno dei pronto soccorso di Catania non può che allargare le braccia. «Dovrebbe essere sempre così, invece solo questa emergenza ha portato a una normalizzazione degli accessi». Nel caos provocato in Sicilia e nel resto d’Italia dal Covid-19 c’è un aspetto che invece fa respirare medici e operatori sanitari: nell’ultima settimana il cronico sovraffollamento dei pronto soccorso dell’Isola in diversi casi è sparito. Quasi dappertutto ridotto.
A Catania l’ospedale Garibaldi registra un calo medio del 20 per cento, il Policlinico del 30 per cento, stessi dati dal Cannizzaro dove in alcuni giorni della settimana scorsa si sono toccate punte del 40 per cento in meno di accessi. Al Civico di Palermo la percentuale è la stessa, riduzione tra il 20 e il 30 per cento. Una riduzione, non ancora quantificabile, si registra anche negli ospedali delle Asp delle due principali città. Parliamo soprattutto di «codici verdi autonomi». Cioè quei casi di pazienti poco critici che solitamente raggiungono le strutture sanitarie senza ricorrere prima all’ambulanza. In condizioni di normalità rappresentano circa il 60 per cento della totalità degli accessi.
«In tutta l’isola la gente si sta recando meno nei pronto soccorso, diciamo solo per le vere necessità – conferma Antonio Palermo, segretario regionale del sindacato dei medici Anaao e responsabile del pronto soccorso pediatrico dell’ospedale Garibaldi di Catania – È la paura a tenere le persone lontane, magari servisse a rispettare di più le strutture di emergenza, ma temo che, finita l’emergenza, tutto tornerà come prima».
Che in Sicilia i pronto soccorso vengano usati da troppe persone per problemi anche di poco conto è cosa nota. L’assessorato regionale alla Salute nel 2018 ha inviato alle aziende sanitarie delle linee guida per la gestione del sovraffollamento. «Incide negativamente sulla qualità del servizio offerto – si legge – aumenta il rischio di eventi avversi, peggiora la qualità percepita da parte dei pazienti e familiari-accompagnatori, peggiora il benessere psico-fisico degli operatori (burn out), riduce il rendimento lavorativo, aumenta l’insoddisfazione degli operatori, compromette la privacy dei pazienti, aumenta il rischio di aggressioni ed episodi di violenza». E sottolinea come l’incremento di accessi sia legato «principalmente alle patologie stagionali (come epidemie influenzali e ondate di calore) e al sottoutilizzo di servizi e strutture di cura primaria».
Manca cioè quella medicina del territorio da più parti invocata ma che nessuna ristrutturazione della rete sanitaria ha saputo nell’ultimo decennio rendere efficiente. «I Pta, i Ppi, in generale i punti di primo soccorso – spiega Palermo – sono rimasti delle soluzioni valide sulla carta. Per renderli un punto di riferimento andrebbe potenziata la parte diagnostica, spesso mancano i laboratori anche per le analisi più semplici. C’è anche da dire – aggiunge – che non è solo mancanza di fiducia da parte dei pazienti, spesso gli utenti vanno in pronto soccorso per risparmiare e usufruire degli accertamenti gratuiti». In Sicilia non si paga ticket per i codici verdi, mentre esiste per i codici bianchi, tranne per gli esenti.
«La riduzione nei primi giorni della settimana scorsa è stata evidentissima – analizza Massimo Geraci, responsabile del pronto soccorso dell’ospedale Civico di Palermo – soprattutto nelle fasce orarie in cui il pronto soccorso viene usato come ufficio pubblico. E cioè dalle 9 alle 13 e nel centro pomeriggio. Accessi sostanzialmente programmati. Lunedì mattina in particolare, solitamente giorno di fuoco, è stato spettrale. Roba che si vede solo per le partite importanti della Nazionale. Il lavoro è stato più sostenibile, organizzato, in una parola normale. Ma sappiamo che non durerà a lungo, già sabato si è tornati ai numeri consueti, anzi addirittura più alti». Pro e contro, alti e bassi dell’ondata coronavirus.
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