Tra i referenti dei comitati territoriali di Siamo europei, il movimento dell’ex ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, c’è un nome inaspettato: è quello di Lanfranco Zappalà, vicepresidente del Consiglio comunale di Catania e, soprattutto, vero pilastro di Palazzo degli elefanti. Con i suoi sei mandati consecutivi al senato cittadino, sono quasi trent’anni che Zappalà solca i corridoi del municipio. Forte della sua amicizia personale e dello stretto legame politico con il sindaco di Militello in Val di Catania Giovanni Burtone (ex democristiano, adesso democratico) e della fedeltà sbandierata da sempre nei confronti dell’ex primo cittadino di Catania Enzo Bianco.
La nascita del nuovo partito di Calenda, annunciata qualche settimana fa, ha fatto subito rivolgere le attenzioni proprio verso Zappalà. La cui costituzione del comitato calendiano all’ombra dell’Etna era apparsa strana sin dalle origini. «Quando l’ho costituito erano i giorni delle elezioni europee – dice a MeridioNews il sei volte consigliere comunale – Mi sembrava giusto dare il mio contributo da vicepresidente del Consiglio comunale. Del resto, nel Partito democratico di Catania io ho questo ruolo e volevo fare la mia parte per aiutare un alleato». Perché a maggio 2019, quando si votava per il rinnovo dei seggi di Bruxelles, la rottura tra Calenda e il Pd non si era ancora consumata.
Anzi. In quei giorni il dialogo con il segretario nazionale Nicola Zingaretti era per Carlo Calenda croce e delizia. L’obiettivo era di fare mollare al Pd il suo simbolo per sceglierne uno comune, ma dal braccio di ferro, alla fine, venne fuori un ibrido che mantenesse entrambe le identità. Tutto questo, però, era prima che il Partito democratico si offrisse al Movimento 5 stelle come stampella per tenere in piedi il governo dopo la crisi balneare voluta dal leader della Lega Matteo Salvini. L’alleanza giallorossa a Calenda non è mai piaciuta. «E neanche a me – si accoda Zappalà – l’ho detto dall’inizio».
«Guardo Carlo Calenda in televisione, mi piace quello che dice e come lo dice, sono d’accordo con lui sul fatto che il Pd non dovesse fare l’alleanza con i grillini». Il «ma», con queste premesse, è dietro l’angolo. E infatti: «Ma il Pd è il mio partito – conferma – Certo, se Calenda mi chiedesse aiuto io farei il possibile, perché voglio tendere allo stesso obiettivo: un’alleanza tra le forze di centrosinistra, senza il Movimento 5 stelle». Includendo, ovviamente, anche i fuoriusciti di Italia viva. Cioè, in Sicilia, praticamente tutti i politici legati al deputato regionale Luca Sammartino, che studia da presidente della Regione. «A loro auguro buona fortuna, però la scelta di Renzi non l’ho capita. Quella di Calenda la condivido».
Sebbene entrambi se ne siano andati per la loro strada, abbandonando il Partito democratico e spaccandolo dal suo interno. «Sono convinto che si debba costruire una nuova casa comune del centrosinistra e penso che si andrà in questa direzione. Se così accadrà, non abbandono la mia barca per salire su quella di Calenda. Soprattutto se poi sarà la stessa». Per questo si propone per tenere il piede in tutt’e due le staffe. «Se vorrà la mia collaborazione, gliela darò dall’interno del Partito democratico».
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