Il Comune in affitto dalla società dei Tregua Un immobile fatiscente costerà 480mila euro

Un immobile fatiscente e cadente in via Manzoni, a due passi dalla questura di Catania: le pareti scrostate dall’umidità, cedimenti dal soffitto, la cui altezza è comunque inferiore ai limiti di legge per l’abitabilità. Difficile trovare qualcuno che accetti di prenderlo in affitto. Eppure i proprietari sono riusciti a individuare il conduttore giusto: il Comune di Catania, che ha sottoscritto un contratto di sei anni da 6.666,66 euro al mese, 80mila euro annui. Per un totale di 480mila euro. Più del doppio rispetto ai canoni di locazione indicati dall’Agenzia del territorio per questa zona della città. Una decisione che, in tempi di apparente annunciata spending review, l’amministrazione ha preso in favore della società Imeservice, proprietaria dell’immobile. In altre parole alla famiglia Tregua, proprietaria anche del Quotidiano di Sicilia. Amministratrice delegata della srl è infatti Raffaella Tregua, figlia di Carlo Alberto Tregua, numero uno del Qds. A denunciare la vicenda è il consigliere del Partito democratico, Niccolò Notarbartolo, che ha presentato un’interpellanza all’amministrazione in cui chiede «quali siano le ragioni di opportunità politica, le convenienze o le altre positive esternalità sottese alla stipula di tale contratto».

Il Comune, con la determina B16/575 del 12 dicembre, stipula il contratto, prevedendo di destinare l’immobile da 300 metri quadrati in parte agli uffici della direzione Risorse umane P.O. Politiche giovanili, in parte al Centro nazionale di ricerca in comodato gratuito per farne la sede del progetto delle Smart cities and communities Dicet – Livinglab di cultura e tecnologia. Tanti 300 metri quadrati, si dirà. Peccato che – si legge ancora nell’interpellanza – l’immobile versa in condizioni fatiscenti. «La struttura, cadente e funzionalmente obsoleta, è distribuita su due piani. Al primo piano ci sono tre stanze di cui una per l’accoglienza e le altre che ospitano i pochi dipendenti, con scrivanie piazzate anche nei sottoscala ed un piccolo bagnetto di circa due metri quadri con infissi in alluminio anodizzato. Nello stesso piano c’è un’ulteriore stanza che dovrebbe essere data in comodato al Cnr, cui è inibito l’accesso perché inutilizzabile a causa di cedimenti sul soffitto. Dal piano terra si accede anche ad un seminterrato di circa 40 metri quadri in condizioni di assoluto degrado e quindi inutilizzabile, ed un ammezzato di circa 20 metri quadri le cui altezze sono inferiori ai limiti previsti dalla legge per l’abitabilità e quindi inutilizzabile. Al primo piano ci sono cinque piccole stanzette che ospitano i dipendenti. Complessivamente le superfici utili sono di molto inferiori rispetto ai 300 mq riportati in contratto».

E’ la stessa Margherita Oliva, responsabile dell’ufficio comunale per le Politiche giovanili, quello che secondo le intenzioni dell’amministrazioni sarebbe dovuto essere trasferito nell’immobile di via Manzoni, a esprimere la sua contrarietà in una nota inviata all’architetta Maria Luisa Areddia, a capo della direzione Patrimonio. Nella missiva, datata 13 novembre, si parla di «locali del seminterrato in pessimo stato e troppo umidi per essere utilizzati, umidità presente anche nel seminterrato e nel piccolo vano in soppalco, così come ai vani ai civici 91d e 91c. Si evidenzia – scrive ancora Oliva – un cattivo odore proveniente dalle griglie di areazione dagli scantinati che ammorba l’aria di tutto l’ufficio». 

«Il contratto – scrive Notarbartolo –  prevede che i locali saranno destinati ad ufficio; si osserva a tal proposito che: la destinazione d’uso dei locali al primo piano (Categoria C1) non è confacente all’uso a cui sarà adibito l’immobile; le altezze del piano ammezzato non rispettano le norme di sicurezza, piano che quindi non può essere destinato ad uffici; i locali interrati non possono assumere la destinazione d’uso di uffici».

Ma c’è di più. Il progetto del Cnr, a cui il Comune intende lasciare parte dell’immobile a titolo gratuito, nonostante, ricorda Notarbartolo nell’interpellanza, «l’ente ha ricevuto un importante finanziamento per quel progetto», finirà tra tre mesi, esattamente il 15 aprile del 2015, mentre il contratto dell’affitto scadrà il 31 dicembre del 2020. 

Si aggiunge la valutazione economica. «In base ai parametri dei valori minimi e massimi per le locazioni nella zona in questione esposti dall’Agenzia del territorio il prezzo appare palesemente non congruo». Secondo questi paletti, un locale nella zona di via Manzoni, ha un valore di affitto compreso tra 7 e 10 euro al metro quadro. Se anche si considerassero tutti i 300 metri quadri dell’immobile di proprietà dei Tregua – mentre come si è visto la superficie davvero utilizzabile si riduce – si arriverebbe a un massimo di 3mila euro al mese. Meno della metà di quanto pagherà il Comune. «Un simile uso del denaro pubblico – scrive Notarbartolo – non sembra confacente alla tutela del pubblico interesse ed alla luce delle considerazioni sovra esposte ritengo doveroso che la documentazione venga trasmessa alla Procura Regionale della Corte dei Conti»

La vicenda, secondo il consigliere del Pd, va inquadrata in un raggio più ampio, che comprende la gestione di tutto il patrimonio comunale. «In tante altre grandi città Italiane si sperimentano modelli innovativi. Mentre a Catania l’immobilismo dell’amministrazione sta conducendo ad un sempre crescente degrado del patrimonio immobiliare comunale ed al suo conseguente depauperamento». E cita alcuni immobili abbandonati: gli ex plessi scolastici Capponi Malerba a Picanello, Vitaliano Brancati a Librino, Padre Santo Di Guardo a San Giovanni Galermo, Livio Tempesta a San Cristoforo, il vecchio mercato ortofrutticolo a San Giuseppe La Rena. «Ad oggi risultano inutilizzati, ma disponibili le strutture dell’ex Mercato Ittico, del plesso scolastico che ospitava l’Istituto Giovanni XXIII, l’ex cinema Midulla a San Cristoforo». Per questo, conclude Notarbartolo, «chiedo quali siano le azioni che l’amministrazione intende porre per rendere efficiente la attualmente carente gestione del patrimonio immobiliare comunale».

Salvo Catalano

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