Il caso Feltri in seconda serata a Le Iene L’agricoltore sui social: «Tv spazzatura»

S’intitola Il pastorello contro la mafia e dura poco più di sei minuti. È il servizio andato in onda il 3 ottobre nel corso della trasmissione televisiva Le Iene. Il «pastorello» è Emanuele Feltri, la storia è quella delle sue pecore ammazzate e del controllo mafioso nelle campagne di Paternò, in provincia di Catania. Lo stile del video è quello classico del noto programma di Italia 1: interviste sincopate, montaggio evidente, giornalismo d’assalto esibito. Da quando è stato caricato sul sito della rete del gruppo Mediaset, il servizio è stato visto oltre undicimila volte. Ma Emanuele Feltri, pubblicamente, ne prende le distanze: «Abbiamo passato due giorni insieme facendo riprese delle bellezze presenti nella valle del Simeto e parlando di valorizzazione e promozione e hanno voluto invece far vedere solo i problemi», commenta.

«Non sono un pastorello ma un agricoltore», comincia Feltri in uno sfogo su Facebook, il social network che in questi mesi ha accolto le sue denunce e le ha portate all’attenzione della stampa nazionale. Ma non è solo una questione di terminologia. Nel servizio della iena Riccardo Trombetta, il perito agrario etneo denuncia chiaramente che gli sono stati chiesti 200 euro al mese di pizzo e che «manco 50 centesimi gli do». «Lo hanno raccontato tagliando e incollando pezzi della mia intervista – puntualizza il giovane – Nessuno mi ha chiesto quel pizzo». Un modo sensazionalistico ma falso, spiega l’agricoltore, per affrontare l’argomento guardianie nella zona.

Ma l’inviato di Italia 1 non si ferma al colloquio con Feltri. Va a Paternò, parla con i cittadini («Il pizzo non esiste», gli dice qualcuno) e, in un breve intervento dallo studio, racconta: «Basta posare le telecamere ed ecco che più persone si avvicinano a noi e a mezza bocca ci fanno il nome di un esponente di una nota famiglia locale». Il nome in questione è quello di Rosario Di Perna, 57 anni, finito in manette già nel 2000 perché, secondo la Guardia di finanza, era parte di un giro milionario di usura ai danni degli imprenditori agricoli del Paternese. Di Perna è stato poi arrestato nuovamente, e stavolta condannato, nel 2010, perché aveva trasformato alcuni container in case abusive per braccianti agricoli immigrati. Riccardo Trombetta cerca Rosario Di Perna nella sua azienda e comincia: «Ci hanno detto che lei ha ammazzato le pecore di Emanuele Feltri».

«Ma lei lo sa che con me non ci può parlare? Sono un sorvegliato speciale, mi sono fatto tre anni di galera», risponde Di Perna. «Lei chiede il pizzo?», «Io non mi occupo di queste cose», «Ci hanno detto che lei sfrutta la manodopera», «Qua vogliono essere tutti pagati, il caporalato qui non esiste». Il dialogo tra il cronista e il presunto assassino di pecore è serrato. «Mi hanno esposto a un ulteriore pericolo, nonostante io abbia chiesto loro di parlare con i carabinieri che seguono le indagini data la delicata situazione», lamenta Feltri, che in questi mesi ha già ricevuto diverse minacce e intimidazioni. Dopo aver parlato di «tv spazzatura» per fare facile audience «sulla pelle degli altri», il giovane conclude: «Ricordo a Le Iene che io ancora vivo e lavoro in quella isolata contrada (Sciddicuni, ndr) che grazie a loro sarà ancora più pericolosa». Nel frattempo Goffredo D’Antona, l’avvocato di Emanuele Feltri, fa sapere tramite una nota che il suo assistito si riserva il diritto di tutelarsi con un’eventuale azione legale, nonché tramite «una segnalazione al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti».

Luisa Santangelo

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