Il ‘caso’ Cuffaro tra ‘fortuna’ e ‘virtù’ in una Sicilia (di Crocetta) che affonda sempre più

FORSE IL PENSIERO DI MACHIAVELLI POTREBBE SPIEGARE GLI SCIVOLONI DELL’EX PRESIDENTE DELLA REGIONE. MA LA SPIEGAZIONE DI UN’ISOLA CHE SPROFONDA VA RICERCATA IN UN’ANTIMAFIA DELLA MISTIFICAZIONE CHE CONDUCE TANTI SICILIANI A UN RAFFRONTO CON IL RECENTE PASSATO. E ALLORA…

La vicenda legata al vitalizio erogato a Totò Cuffaro  da parte dell’Assemblea regionale siciliana – vitalizio che non abbiamo ancora capito se ritirato o meno – sollecita qualche riflessione. Non tanto e non soltanto su questi soldi (6 mila euro lordi al mese), ma sull’atmosfera che continua ad aleggiare sull’ex presidente della Regione siciliana.

Cominciamo col dire che, a nostro modesto avviso, l’erogazione di questo vitalizio è stata una scelta sbagliata. E’ un atto sbagliato in sé, ed è un pessimo servizio che qualcuno – di certo in buona fede – ha reso a un personaggio che è oggetto, ormai da anni, di un accanimento difficilmente riscontrabile in altri uomini pubblici.

Lo stesso Cuffaro, se fosse stato un po’ più lucido, e non provato da una vicenda giudiziaria tormentata, avrebbe di certo rifiutato il vitalizio. Per un motivo semplice: perché l’odio e l’invidia che si sono scatenati contro di lui già a partire dal 2001, difficilmente avrebbero lasciato passare nel silenzio questa storia. E infatti la storia è venuta fuori, con altro fango addosso a un uomo massacrato da tutte le parti.

La prima considerazione che ci viene in mente è che Cuffaro è stato sfortunato anche nel bene che qualcuno, dopo la sua caduta, ha cercato di procurargli. La vicenda del vitalizio, sotto questo profilo, è emblematica.

A differenza di qualche suo maestro, che è stato più temuto che potente, Cuffaro, al contrario, è stato un uomo politico potente, ma non temuto. Vuoi per il suo carattere bonario, vuoi perché, spesso con troppa mal riposta fiducia, si è fidato degli altri.

Un uomo politico, secondo Machiavelli deve mediare tra fortuna e virtù.

La fortuna – che è legata al caso, o a quella che chiamiamo la sorte – secondo lo scrittore fiorentino controlla solo una parte delle vicende umane: talvolta tale parte può essere importante, centrale: ma è sempre e solo una parte.

La fortuna, inevitabilmente, mette alla prova gli uomini – soprattutto gli uomini pubblici, gli uomini di potere – ora agevolandoli, ora ponendo ostacoli sulla loro strada. Gli uomini hanno a disposizione un mezzo per fronteggiare i colpi della fortuna: la virtù.

Per Machiavelli, la virtù consiste nel sapersi difendere dalle insidie della vita, privata e, soprattutto, pubblica. E’ la virtù che, spesso, ci salva dagli imprevisti del destino.

Insomma, la fortuna, in parte, si prende metà della nostra vita: ma l’altra metà, ci ricorda il pensatore fiorentino, appartiene a noi: al nostro carattere. La virtù, insegna Machiavelli, prepara gli uomini a saper sfruttare al meglio i momenti favorevoli.

Cuffaro ha sfruttato al meglio i momenti favorevoli? Forse in parte sì. Ma di questi momenti favorevoli, spesso, gli è sfuggito il rovescio della medaglia. Errore tremendo.

Due gli episodi che, forse, ha sottovalutato.

Primo episodio: quando, alla fine degli anni ’90 del secolo passato, con l’operazione Udeur, è passato da un Governo regionale di centrodestra a un Governo regionale di centrosinistra. Per poi, nel 2000, tornare a un Governo di centrodestra.

Una certa sinistra non ha mai ‘digerito’ il ritorno di Cuffaro nel centrodestra. Un conto rimasto sospeso. Che, poi, gli è stato presentato da una parte politica che – soprattutto in Sicilia – ha sempre avuto grande influenza su certi meccanismi giudiziari, soprattutto in chiave di ‘offesa’ (la ‘difesa’, come insegna la condanna dell’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo, è spesso più millantata che reale).

Secondo episodio: la sua candidatura alla presidenza della Regione siciliana nel 2001, che gli ha scatenato gli ‘odi’ di una certa area di Forza Italia che, dal 2001 al 2006 – particolare da non trascurare – ha gestito il Ministero degli Interni con ‘annessi e connessi’.

Non è certo questa la sede per ripercorrere le indagini e il processo Cuffaro, che forse meriterebbero un libro. Ma non sfugge a qualunque osservatore distaccato l’accanimento nei riguardi di questo personaggio politico che, del resto, ha fatto poco o nulla per alleggerire la pressione su di lui (sbagliatissima la sua ricandidatura alla presidenza della Regione nel 2006, devastante la sua presenza in tv con la ‘coppola’).

Come spesso accade in Italia con personaggi chiamati ‘comunque’ a esercitare il ruolo di colpevoli da condannare e basta, nel caso di Cuffaro le prove raccolte a suo carico – in alcuni casi piuttosto dubbie – sono state quasi del tutto offuscate da un’atmosfera negativa che lo ha accompagnato e l’accompagna tutt’oggi.

Sia chiaro: la nostra non è la difesa di Cuffaro e meno che mai un’assoluzione. I fatti dai quali l’ex presidente della Regione è finito stritolato sono tutt’altro che edificanti. Come nel caso della clinica Santa Teresa di Bagheria, dove, però, rimane misterioso il perché alcuni personaggi della sinistra – che, al pari di Cuffaro, intrattenevano rapporti con l’ingegnere Michele Aiello – sono rimasti e rimangono ancora nell’ombra.

Sulla sua strada Cuffaro ha trovato anche la ‘virtù’ dell’allora procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, Piero Grasso, che, eliminando l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa (sempre difficile da provare e, nel caso di Cuffaro, forse ancora più difficile) e ‘azzicandogli’ l’ipotesi di favoreggiamento alla mafia, lo ha praticamente inchiodato.

Resta da capire, al di là di una vicenda giudiziaria che, forse, andrebbe riletta con maggiore attenzione, il perché di una sorta di ‘volontà generale’ negativa nei confronti di Cuffaro.

Deve far riflettere, ad esempio, il fatto che all’ex presidente della Regione siano stati negati i servizi sociali. Cuffaro deve restare in carcere.

Oggi la storia del vitalizio che, come già accennato, getta ulteriore discredito su questo personaggio e su chi ha provato a non accanirsi contro di lui (i parlamentari di Sala d’Ercole che si sono rifiutati di votare l’emendamento dei grillini che avrebbe voluto eliminare il vitalizio).

Perché tutte le cose che girano attorno a questo personaggio finiscono, alla fine, per danneggiarlo?

Forse la chiave di lettura potrebbe essere il raffronto tra l’oggi e gli anni di Cuffaro.

La caduta di Cuffaro, di fatto, ha legittimato la presenza nel Governo della Regione del PD. All’inizio in modo occulto, poi in modo sempre più palese. I quattro anni di Governo Lombardo sono stati anni di Governo del PD.

L’elezione di Rosario Crocetta è la diretta conseguenza dell’azione politica di Lombardo e delle divisioni create ad arte da Gianfranco Miccichè nel centrodestra siciliano.

Già durante il Governo Lombardo erano in tanti a riflettere non tanto sul ‘tradimento’ dell’allora presidente della Regione, quanto sul mal Governo dello stesso Lombardo e dei suoi assessori.

Oggi, davanti ai disastri creati dal Governo Crocetta, in tantissimi siciliani – ormai la stragrande maggioranza – è maturato non il dubbio, ma la certezza che “quando c’era Cuffaro, pur con tutti i limiti, si campava”, mentre “con Crocetta e Lumia non si campa più”.

E più il Governo Crocetta e il suo alleato senatore Lumia vanno avanti, più nei siciliani si radica la convinzione che i tempi attuali sono molto peggiori del passato.

Se passiamo in rassegna tutte le categorie sociali, ci accorgiamo che la situazione – soprattutto nell’ultimo anno e mezzo – è peggiorata per tutti. Precari, Comuni, Province, Formazione professionale, Parchi e Riserve naturali, agricoltura, artigianato, industria, servizi sociali, commercio, pesca, insomma tutto è peggiorato. Non c’è settore della vita pubblica siciliana che non sia stata ‘toccata’ dall’ala ‘gelida’ del Governo Crocetta. Anche l’Ars è oggetto delle ‘attenzioni’ di questo personaggio.

Quello di Lombardo era un Governo con il fiato del PD e di Confindustria Sicilia sul collo: ma era un Governo che riusciva a mantenere almeno un po’ di dignità istituzionale, soprattutto nei rapporti con Roma.

Oggi, il Governo Crocetta non è solo ‘inginocchiato’ rispetto a Roma, ma è un Governo sta solo impoverendo la Sicilia: toglie a tutti e scontenta tutti. Con il presidente che sembra un Girolamo Savonarola venuto a castigare Sicilia e siciliani (anche se in stile un po’ ‘ruspante’…).   

Lo stesso PD siciliano è in oggettiva difficoltà davanti a un agglomerato di potere che prende e non dà. E, soprattutto, che concentra tutte le ‘operazioni’ in pochissime mani: acqua, rifiuti, fondi europei (gravissima la denuncia di ieri da parte del ‘Tavolo per le imprese’ di Catania circa la totale mancanza di coinvolgimento dei territori nella Programmazione dei fondi europei 2014-2020) e quel poco che resta ancora da ‘razziare’.

Il risultato è che oggi il presidente Crocetta, che continua a ripetere di essere stato “eletto dal popolo”, in realtà non può recarsi in una piazza della Sicilia, perché viene sommerso dai fischi.

Crocetta, poi, ha anche un ‘merito’: quello di aver del tutto convinto i siciliani che una certa ‘Antimafia’ non è altro che una grande mistificazione che serve solo a fare affari.

In questo scenario è inevitabile il confronto con il passato: cioè con Cuffaro. Ed è inevitabile che chi oggi comanda in Sicilia – e forse non soltanto in Sicilia – si augura che Cuffaro resti in galera per altri cento anni.

Perché la galera di Cuffaro, oggi, oltre che sconto di pena per un reato grave, serve anche – e forse soprattutto – a giustificare il fallimento di una certa ‘Antimafia’ e di una lunga stagione politica di tante ombre e di pochissime luci.

 

 

Giulio Ambrosetti

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