Le richieste arrivano con un messaggino e, spesso, utilizzando un linguaggio da bar. E per i clienti più fidelizzati non era nemmeno necessario specificare tipologia di sostanza stupefacente e quantità, era sufficiente scrivere «per me oggi il solito», «mezza birra» o «una coca». Di questi, infatti, era già conosciuta la preferenza e immediatamente partiva la consegna a domicilio. Da qui, quindi, il nome dell’operazione Drug Away condotta della squadra mobile di Palermo, che ha portato alla luce una sorta di mercato a domicilio della droga, messo in piedi da un’associazione a delinquere nel cuore di Palermo che andava avanti almeno da tre anni.
Un’organizzazione stabile resa ancora più salda dai vincoli familiari e coniugali, costituita fondamentalmente da due famiglie e caratterizzata da ruoli interscambiabili dove le donne avevano un ruolo assolutamente paritario. Ecco l’elenco degli arrestati: Eduardo Premuda, 46 anni, Natalina Valenti, 42 anni, Stefano Premuda, 23 anni, Alssandro Filippone, 26 anni, Jessica Premuda, 26 anni, Maria Assunta Perricone, 52 anni, Vito Valenti, 44 anni, Vincenzo Valenti, 30 anni, Cristian Valenti, 21 anni, Ornella Leto, 29 anni , e Giuseppe La Cara, 64 anni.
«Su un’associazione composta da 11 persone – ha spiegato il vicequestore aggiunto Carla Marino, dirigente dei falchi della squadra mobile – ben cinque ruoli vengono ricoperte da donne, madri, mogli e sorelle, che non hanno un ruolo marginale, ma preminente». Nel caso di arresto dei mariti, infatti, assumevano il compito di ricevere le telefonate, di occultare e consegnare la droga. Donne che agiscono con «una regia ben precisa quando il congiunto era detenuto e impossibilitato alle consegne a domicilio».
A riprova della indissolubile coesione del gruppo, anche la condivisione dei mezzi di trasporto, e di una cassa comune per provvedere al sostentamento esclusivo di tutti i gruppi familiari dell’associazione. Una sorta di grande call center della droga dove le utenze funzionano 24 ore su 24 con scambi frenetici che raddoppiano nel fine settimana. Le indagini, durate circa sei mesi, hanno dimostrato come in un mese e mezzo da un telefonino partissero oltre 600 contatti con 300 cessioni di droga: un solo soggetto ha venduto oltre un chilo e mezzo di sostanza stupefacente tra cocaina, hashish e marijuana.
Con una media di cessioni di 500 grammi di hashish e mezzo grammo di cocaina in una sola volta. La zona di vendita prediletta era il quartiere Ballarò ma, per gli acquirenti più affezionati, le consegne erano a domicilio, anche più di una al giorno. Per una clientela variegata, dal professionista allo studente, dal commerciante all’impiegato, che spesso si indebitava e faceva ricorso anche al credito. «Molti di loro sono stati già sentiti, e sono stati realizzati numerosi sequestri» rivela il capo della squadra mobile Rodolfo Ruperti e, mediamente, una sola utenza piazzava sul mercato 6-7 chili di droga per un giro d’affari da oltre centomila euro al mese.
«Al momento dell’arresto tutti i componenti erano in libertà – ha spiegato il capo della mobile – Il gip ha ritenuto molto grave la condotta dei componenti perché costante nel tempo, con 30 cessioni al giorno che raddoppiavano nel fine settimana, e poi avevano spacciato anche quando erano ai domiciliari». Sui possibili contatti con la mafia da parte degli arrestati, nessuna conferma anche se Ruperti ammette: «La droga è un business chiaramente in mano a gruppi criminali. Questa indagine ferma la sua attività a debellare questo gruppo e il mercato che avevano creato. Ma è chiaro che se si risalisse la china, si giungerebbe sempre a organizzazioni strutturate che lucrano sulla salute delle persone». Infine, il capo della mobile ha lanciato un appello ai cittadini: «Non drogatevi, chi assume la droga favorisce Cosa nostra».
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