Una presunta associazione a delinquere nel campo dell’assistenza (a minori stranieri non accompagnati, anziani e diversamente abili) che – per spingere forsennatamente i profitti – «tagliava» sulle spese previste dai contratti nelle maniere più svariate. In alcun casi il mediatore culturale non era un vero mediatore culturale. In altri, i materassi che accoglievano i giovani migranti venivano «raccattati dalla spazzatura», infestati di pulci com’erano, al punto che qualche ragazzo preferiva dormire sul pavimento. Senza dimenticare i pasti serviti già avariati, delle volte «conditi» da vermi. E poi sforbiciate sul numero dei dipendenti, che lavoravano più del dovuto, tasse non pagate e un meccanismo – messo a punto con la complicità di due dipendenti Inps – per aggirare non solo le sanzioni, ma prima ancora le ispezioni e le verifiche.
L’operazione Blonds (dal cognome del principale indagato, Pietro Marino Biondi) si compone in effetti di due distinte indagini, una della procura di Catania, l’altra dei magistrati di Gela. Il punto di contatto tra i due filoni sta nelle persone coinvolte: i quattro indagati di Gela sono presenti anche nella lista di 12 persone stilata dai magistrati etnei. Le otto cooperative sequestrate, tuttavia, gestivano appalti in ogni parte d’Italia, e le loro sedi legali sono dunque dislocate su diverse Regioni. Il centro di comando effettivo del gruppo, secondo i magistrati, si trovava però a Catania, negli uffici amministrativi di via Muscatello 40. Progetto Vita onlus è per altro in liquidazione. Nel corso delle indagini, infatti, la procura ha inoltrato istanza di fallimento, accolta dal tribunale.
I due rivoli dell’inchiesta hanno avuto origine in modi molti diversi. Gli approfondimenti della procura di Gela prendono avvio da una manifestazione di protesta inscenata il 18 maggio 2017 dai 150 richiedenti asilo ospitati da villa Daniela, struttura gestita dal gruppo. In quell’occasione, i migranti si recarono anche in Comune e per l’appunto in Procura. A Catania, invece, nel settembre 2017 la miccia è stata accesa da una segnalazione della procura dei Minori, al termine di un’ispezione. In quest’ultimo caso le indagini sono state demandate alla sezione Polizia giudiziaria dei carabinieri, nel Nisseno invece hanno operato gli agenti del commissariato di polizia, con un contributo degli stessi carabinieri.
Le due figure di vertice della presunta associazione sarebbero il 62enne Pietro Marino Biondi e la 42enne Gemma Iapichello, che gestivano la galassia di cooperative e associazioni contenuta nel consorzio Progetto Vita onlus. L’uno e l’altra si trovano adesso al carcere di piazza Lanza, mentre altri dieci indagati vanno ai domiciliari. A eseguire l’ordinanza di custodia cautelare emessa il 4 dicembre dal gip di Catania sono stati stanotte quasi 200 militari etnei. Le accuse sono – a vario titolo – frode, corruzione, estorsione e maltrattamenti. I pm di Gela, invece, contestano – oltre all’associazione a delinquere – i reati di frode e caporalato, perché secondo gli investigatori i migranti ospitati a villa Daniela venivano anche mandati nei campi a lavorare. E facevano pure i turni per garantire la sicurezza nella struttura.
La procura gelese calcola che all’interno di villa Daniela veniva spesa una somma pro capite giornaliera di 2,50 euro. Cifra bassissima, se si considera che doveva assicurare ogni servizio: cibo, vestiti, alloggio, assistenza di ogni tipo e tutela sanitaria, non sempre affidata a un vero medico. Tutti i migranti ospitati dalle otto cooperative hanno fatto richiesta di asilo politico per fini di giustizia. I pm gelesi stanno invece valutando la richiesta di incidente probatorio.
Ci sono poi, tra gli indagati, due dipendenti dell’Inps. Sono Natale Di Franca e Paolo Duca: il primo impiegato negli uffici catanesi, l’altro in quelli di Sondrio. I due – secondo le procure – davano priorità alle pratiche avanzate da Biondi, lo avvertivano in anticipo sulle visite ispettive e sulle verifiche e sorvolavano sulle sanzioni. In cambio avrebbero ricevuto l’assunzione di familiari nelle otto coop gestite da Progetto Vita. Che sono state sequestrate stanotte. Strutture, associazioni e cooperative avevano un valore netto di circa 3 milioni di euro, e gestivano un portfolio di appalti da quasi 20 milioni. Oltre che per l’arricchimento personale, i proventi illeciti venivano reinvestiti – lo spiegano i carabinieri di Gela – nella gestione di un altro business, le case di cura per anziani. Come di consueto, le due procure stanno verificando l’entità del danno all’Erario.
I nomi degli indagati:
Le cooperative sequestrate:
Associazione Solidarietà 2000
Cooperativa Comunità Per Vivere Insieme,
Cooperativa Onlus Pianeti Diversi
Cooperativa Progetto Vita Onlus
Cooperativa Comunità Il Quadrifoglio Onlus
Cooperativa Alba
Cooperativa Le Fata Dell’arcobaleno
Associazione Albero Della Vita
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