Il bene confiscato di via Federico Delpino, nel quartiere Librino, non accoglierà i senzatetto. E non è più solo questione di tempo. Dopo un iter lungo quasi due anni e la speranza che anche la città di Catania potesse avere un dormitorio pubblico, l’amministrazione comunale si è accorta che «la struttura è troppo decentrata – ammette a MeridioNews l’assessore ai Servizi sociali Giuseppe Lombardo – e ce ne siamo resi conto all’atto pratico dell’insediamento». Avrebbe dovuto essere una casa per 25 clochard etnei e, invece, è rimasto vuoto. Mentre gli oltre ottanta senza fissa dimora continuano a vivere per strada, anche in piena pandemia, tra ordinanze anti-bivacco del sindaco Salvo Pogliese, sfratti da panchine e pensiline per «occupazione di suolo pubblico» e rimozione di quelle che l’ex assessore leghista Fabio Cantarella aveva definito «villette di cartone».
Adesso, quell’edificio nel quartiere periferico della città metropolitana sarà «destinato a un altro tipo di attività sociali», come ha detto l’assessore Lombardo ma che, almeno per il momento, restano non meglio precisate. Mentre per la realizzazione di un dormitorio è necessario ricominciare da zero con tutte le procedure. «Dobbiamo ripartire dal mettere a gara i fondi per un altro bene in una zona più centrale della città», dice il membro dell’amministrazione Pogliese. «Quello che è successo è davvero paradossale – commenta al nostro giornale Dario Gulisano, volontario di Arbor, unione per gli invisibili – Come è possibile che in due anni l’amministrazione non sia stata in grado di capire che il bene non era adatto a essere un dormitorio per i senzatetto perché si trova in un luogo dislocato rispetto al centro?». A giugno scorso era stato proprio l’assessore Lombardo ad assicurare a MeridioNews che era «questione di giorni» e poi la struttura sarebbe stata pronta all’uso.
E, invece, per l’ennesimo inverno i clochard resteranno senza un tetto sopra la testa anche perché «il tendone tensostatico della Croce Rossa che nel 2019 era stato allestito in piazza della Repubblica non è più possibile utilizzarlo per motivi sanitari legati alla pandemia», afferma Lombardo che esclude anche la possibilità di riaprire ai senza fissa dimora la struttura del Palaspedini come è già stato fatto per i giorni dell’allerta meteo per il ciclone. «Già in quella occasione – chiarisce l’assessore – era stata una forzatura anche perché nell’impianto ci sono associazioni che svolgono regolarmente attività sportiva». E così passano le estati e passano gli inverni con la questione del disagio abitativo declinata solo come un problema di decoro pubblico. «Abbiamo sempre sostenuto – dice Gulisano – che sarebbe stato preferibile un edificio in una zona più centrale per favorire l’inclusione ed evitare la ghettizzazione nelle periferie. Ma non ci saremmo mai aspettati – continua il volontario – che l’amministrazione se ne fosse accorta ora, dopo una procedura durata circa due anni, lasciando ancora i clochard senza una casa. È una situazione assurda e scandalosa: questa amministrazione – conclude – ha dimostrato, ancora una volta, di non avere un minimo di sensibilità nei confronti degli ultimi che, piuttosto, vorrebbe soltanto rendere invisibili».
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