Il 36enne aggredito nel Laos ritorna in Italia Fratello: «È in terapia sub-intensiva a Varese»

«Siamo arrivati in Italia, Luca è già ricoverato in ospedale a Varese». È una storia a lieto fine, quella di Gianluca Di Gioia, il 36enne originario di Caltavuturo avvelenato e rapinato il 24 agosto nel Laos, dove si trovava in vacanza. «È molto debilitato. È ancora ricoverato in reparto di terapia sub-intensiva, non si rende ancora conto di dove si trova e parla con molta fatica», spiega a MeridioNews il fratello Salvatore, che in questi giorni ha tenuto tutti costantemente aggiornati. Lo ha fatto soprattutto attraverso il gruppo Facebook creato appositamente dagli amici più intimi per aiutare la famiglia a sostenere il notevole costo delle cure mediche, al quale il ragazzo è stato sottoposto nella clinica privata del Bangkok Hospital di Udon Thani.

Sono tornati tutti e tre, i due fratelli e la madre, con la stessa compagnia che giorni fa aveva cercato di bloccare il loro rientro in Italia, nonostante l’immediato incasso dei centomila euro necessari e raccolti grazie alla solidarietà degli utenti: «Abbiamo comunque viaggiato con Emirates, era l’unica compagnia che accettava un barellato», dice il fratello, ancora perplesso per l’impedimento dei giorni precedenti che ha ritardato il rientro in Italia di Gianluca. «Il problema, forse, è che per ogni nazione toccata volevano soldi. Sempre e solo il dio denaro, sapevo già che tutto gira intorno a lui, ma prima avevo una visione sicuramente più ingenua, non potevo immaginare, prima di questi fatti, un’avidità così estrema. Che schifo».

Sono parole amare, le sue. Ma si rabbuia solo per un attimo, Salvatore. La felicità per il rientro in Italia del fratello gli fa dimenticare qualsiasi cosa. E ad essere finalmente più serena non è solo la famiglia del giovane insegnante di inglese, ma anche gli oltre ottomila utenti del gruppo virtuale, che attraverso la piattaforma social hanno seguito con apprensione ogni aggiornamento sullo stato di salute di Gianluca. Dal coma farmacologico durato circa dieci giorni, sino al risveglio della scorsa settimana e il peggioramento a distanza di poche ore, a causa di una grave crisi respiratoria. Sono tutti rimasti col fiato sospeso, fino alla notizia della ripresa e del rientro di oggi. Adesso non resta che aspettare che il ragazzo, cosciente ma molto debole, si riprenda del tutto e provi a ricordare cosa è accaduto quel fatidico giovedì nel Laos, prima che gli agenti della polizia locale lo trovassero in fin di vita lungo la strada sotto la pioggia battente. 

Silvia Buffa

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