Il 28 novembre chiude il Poco Loco di Aci Castello  Dagli attentati incendiari alla Macarena sui tavoli

Ci sono posti che appartengono alla memoria collettiva di tutti noi. Anche quando capita di non frequentarli da anni, sapere semplicemente che sono lì, rimasti immutati, fedeli a se stessi, ogni volta che ci passiamo davanti, è un qualcosa che conforta. Perché ci rimandano ad altre epoche della nostra vita, ad emozioni e momenti spensierati vissuti insieme a persone che hanno fatto un pezzo importante di viaggio insieme a noi, e magari adesso le abbiamo perse di vista, non ci sono più, oppure ci stanno accanto a dimostrare che crescere e poi invecchiare non vuol dire necessariamente perdersi; cosicché guardare la porta di ingresso, anche se da anni non la si oltrepassa, ci fa pensare che una volta entrati dentro, una volta rotti gli indugi e deciso di aprirla, quella benedetta porta, tutto sarà come prima, proprio come lo era tanti anni fa e l’oltrepassarla era un gesto che apparteneva alla nostra quotidianità. 

Così è stato per il Poco Loco, il primo locale mexican style della nostra città. Anche se in realtà si trova ad Aci Castello, appena arrivati dal lungomare della Scogliera, in quel viale delle Palme dove, molti anni prima, passeggiavano Bruno Martino e Peppino Di Capri, Caterina Caselli e Patty Pravo, in attesa di esibirsi al Night Vitale, che si trova proprio sotto il Poco Loco. Chiuso ormai da decenni, testimone di un’epoca, gli anni ’60 e ’70, che ad Aci Castello furono scintillanti ben prima che nascesse il mito di Taormina e delle isole Eolie.

Il Poco Loco alza la saracinesca nel 1994. E davvero in pochi, in quei giorni, sono pronti a scommettere sul successo di una formula importata dal Centro America: cucina a base di tapas, tortillas, spezie, cibo piccante, sangria a fiumi, ambientazione a base di sombreri attaccati nei muri e ritratti di cactus e altre amenità messicane varie, tanta musica dal vivo e la possibilità di lasciarsi andare in maniera godereccia ma non eccessiva, dentro.

All’inizio la notorietà fu più per gli attentati incendiari, che nel cuore della notte svegliavano i castellesi con il cuore in gola per l’accorrere dei vigili del fuoco: «Hanno dato fuoco al Poco Loco». Ma quella fase turbolenta poi finì e il Poco Loco diventò quello che tutti noi conosciamo bene: il posto dove andare a divertirsi senza spendere una cifra, soprattutto in occasione di ricorrenze speciali (tra addii al celibato, feste aziendali, diciottesimi, feste di separazione pure) sapendo di poterlo fare senza dover essere troppo in tiro, senza dover avere l’abito giusto, con quel sano gusto per lo sbraco che poi, ad un certo punto della serata, complice qualche bicchiere di sangria o di cocktail in più (perché la purezza del modello durò pochi mesi, come forse era giusto che fosse: l’american bar ed un tocco di cucina italiana, compresa una non disprezzabile pizza, entrarono trionfalmente nel menù) portava tutti sui tavoli a ballare seguendo il ritmo del complesso che suonava dal vivo le hit latinoamericane del momento, dalla Macarena alla Bomba Sensual, spesso suonate da complessi italianissimi, proprio come succedeva negli anni ’80 con la disco. 

E a chi non è capitato di vedere la vicina di tavolo sovrappeso come una fotocopia di Kim Kardashian, complice sempre quel bicchiere in più, lanciandole occhiate sensuali – per fortuna non sempre corrisposte – mentre la cantante cantava il ritornello de El Talisman?

Venerdì 28 il Poco Loco chiude. Scade il contratto di affitto e non è stato trovato l’accordo per il rinnovo, tra il gestore e i proprietari dell’immobile. Corre voce che dovrebbero farvi una palestra. Resta la tristezza per una saracinesca che scende su un posto che ci rimanda alla nostra adolescenza e alla nostra giovinezza. Ci siamo molto divertiti, in comitive numerose così come in tavoli da quattro amici al bar, magari quando non si sapeva dove andare e si finiva con l’andare lì. Qualcuno ha pure conosciuto la donna o l’uomo della sua vita.

Non è una vicenda così importante, o una di quelle destinate a rimanere nella memoria. Ma il bello di alcune di esse è proprio questo: che non appartengono alla storia dell’umanità, ma a quella di ciascuno di noi. Ed è più importante.

Sipario.

Luigi Pulvirenti

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