Iblis, scontro in aula tra le parti e i periti L’imprenditore: «Pagai altri 15mila euro»

Elementi di economia e agronomia. Trascorre così una delle ultime udienze del processo Iblis prima della pausa estiva, prevista per l’11 luglio. In attesa del rientro di uno dei membri del collegio che dovrà giudicare sulle presunte collusioni tra politica, imprenditoria e politica nel Catanese – Riccardo Pivetti, assente per motivi di salute – gli appuntamenti nelle aule del carcere di Bicocca trascorrono pigri. Con pochi testimoni e diverse questioni tecniche: su tutte, ieri, l’esame dei periti del tribunale chiamati ad analizzare conti e beni degli imputati alla ricerca di indizi. Introiti o spese non dichiarati e forse illeciti, tenore di vita al di sopra delle proprie possibilità e altro ancora, secondo l’accusa.

Tra un perito e l’altro, a tornare in aula è Angelo Brunetti, amministratore della Sicilsaldo, impresa che negli scorsi mesi ha ottenuto il pignoramento delle casse del Comune palagonese, mettendo in ginocchio la nuova amministrazione, per alcuni lavori del passato. Gli stessi al centro del processo e per i quali, secondo i magistrati, a Brunetti sarebbe stato estorto del denaro. Un pizzo da 60mila euro, raccontava l’imprenditore a marzo, durante la sua prima apparizione in aula. Ma nelle settimane successive – esattamente il 22 aprile – ci ripensa e invia una lettera ai pubblici ministeri Agata Santonocito e Antonino Fanara: «Quel giorno mi è stato chiesto se avessi versato altri soldi – scrive Brunetti – La domanda mi ha fatto pensare, il mio avvocato si è documentato e mi ha fatto vedere un’intercettazione». Da cui saltano fuori altri 15mila euro, consegnati dall’imprenditore al presunto boss della zona – e imputato in Iblis – Rosario Di Dio «per non essere più disturbato», secondo i racconti di Brunetti. Che aggiunge: «Era giusto che lo dichiarassi».

L’udienza procede con l’avvicendarsi al banco dei testimoni dei commercialisti Francesco Torrisi e Francesco Di Stefano, periti nominati per i conti rispettivamente degli imputati Tommaso SommaGiuseppe Rindone, e di Alfio Torrisi, ingegnere che si è occupato delle stime sulla casa e il terreno dell’imputato Pasquale Oliva. E se a non convincere il pm Fanara sono soprattutto i criteri scelti dai commercialisti, è proprio sull’immobile che si concentrano le maggiori polemiche. Un terreno coltivato ad uliveto e agrumeto del valore di 97mila euro e una casa colonica di due piani da 20milaristrutturata in seguito all’acquisto con una spesa di circa 30mila euro, secondo il perito.

«Ma lei in base a cosa dice che il terreno era coltivato? E se non lo fosse stato sarebbe cambiato il valore? Ma era coltivato prima o dopo? Ma come e quando sono state sostituite 300 piante?», sono solo alcune delle domande del contro esame dell’avvocato Giuseppe Strano Tagliareni, così lungo e dettagliato da far sbuffare l’intera aula, pubblico e corte compresi. «Non ho esaminato le piante una per una, ci vorrebbe un agronomo», risponde il perito. «Bene, mi associo alla richiesta di consultare un agronomo», ribatte il legale. «Ma veramente non l’ha chiesto nessuno…», conclude il presidente Rosario Grasso.

Claudia Campese

Giornalista Professionista dal 2011.

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