Sembra una cavalcata la seconda parte della testimonianza del maggiore dei Carabinieri etnei Lucio Arcidiacono al processo Iblis sulle presunte collusioni tra politica, mafia e imprenditoria. Il militare del reparto operativo speciale snocciola in scioltezza – come suo solito – nomi, eventi e date. Ma all’udienza di oggi passa anche da un argomento all’altro, seguendo il ritmo incalzante delle domande dei pubblici ministeri Agata Santonocito e Antonino Fanara. Una lunga lista di argomenti già trattati ma sempre in cerca di conferme, in un procedimento che si dirige verso le sue fasi finali. Dai rapporti di Cosa Nostra etnea con le famiglie di Agrigento e Trapani, alle presunte estorsioni subite e raccontate dai numerosi altri testimoni del processo, il resoconto delle indagini coordinate da Arcidiacono riempie un’altra mattinata.
A riprova dell’attività del ramo imprenditoriale della mafia etnea anche in altre province, il maggiore dei Carabinieri racconta della vicenda Eurospin. E di come la fioritura di punti vendita del noto supermercato low-cost in Sicilia fosse stata gestita, secondo i Carabinieri, d’accordo con le famiglia criminali locali. A curare i rapporti per l’azienda sarebbe stato Ferdinando Bonanno, referente Eurospin – «condannato in appello per concorso esterno in associazione mafiosa» – in costante contatto con la famiglia Aiello. Con Vincenzo, ritenuto il rappresentante provinciale di Cosa nostra catanese, e con Alfio, il fratello. Insieme avrebbero trattato l’apertura di nuovi punti vendita ad Agrigento, nel 2004, con il benestare dell’allora boss latitante Bernardo Provenzano. Sarebbe stato un suo uomo, Giuseppe Falsone, a spiegare al capo in diversi pizzini le difficoltà economiche che affrontavano gli uomini dell’agrigentino che gestivano i supermercati di una grande catena siciliana, Despar, «sponsorizzata da Matteo Messina Denaro», spiega Arcidiacono. E sempre Falsone avrebbe raccontato a Provenzano come questo nuovo affare con Eurospin avrebbe potuto risollevare le casse mafiose locali, tra guadagni diretti dalla casse e assunzioni pilotate.
«Bonanno era così disponibile che, quando nel 2006 gli Aiello si informano sulla possibilità di aprire un punto vendita in Toscana, passa loro il numero telefonico di un dirigente Eurospin responsabile del Nord Italia», continua il maggiore. E il presunto matrimonio continua anche in Sicilia, dove la catena apre anche a Palagonia. «Acquistando terreni agricoli per 570mila euro, sicuri quindi del loro cambio di destinazione d’uso», argomenta il militare spiegando dei rapporti intercettati tra Bonanno, il presunto esponente di spicco della mafia calatina Rosario Di Dio e alcuni politici locali: grazie al «saldo legame e alla comunanza di intenti con l’allora assessore Antonino Sangiorgi e l’ex sindaco Fausto Fagone». Entrambi tra i politici imputati in Iblis.
Diversi ma sempre illeciti sarebbero invece gli affari condotti da Cosa nostra etnea a Trapani. E viceversa. Sempre tramite i rapporti intessuti da Franco Costanzo, ritenuto dai Carabinieri il referente di Enzo Aiello. Tra i tanti rapporti, ad attirare di più l’attenzione dei magistrati è la costruzione dei parchi eolici. Quasi sempre collegati al nome di Vito Nicastri, imprenditore ritenuto vicino al boss Messina Denaro. Un caso su tutti è quello già affrontato e che riguarda il parco eolico di Ramacca-Raddusa-Assoro. Tra gli imprenditori coinvolti nei lavori – e oggi nel processo – anche Santo Massimino. «Nel 2007 abbiamo riscontrato diversi contatti diretti tra Massimino e Antonino Bergamo, il perno delle attività di Enzo Aiello – spiega Arcidiacono – Con quest’ultimo, l’imprenditore si è incontrato a Sferro, dove ha chiamato una utenza di una società riconducibile a Nicastri per presentargli proprio Aiello, presente in quel momento». Un presunto preludio a nuovi affari nel campo delle energie rinnovabili.
[Foto di Leandro Rolim]
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