«Mi chiamo Fabrizio Nizza, ho condanne per omicidi, estorsioni e associazione mafiosa». Inizia con queste parole la deposizione dell’ex capo della famiglia mafiosa dei Santapaola nel quartiere dormitorio di Librino nel processo d’appello con rito ordinario scaturito dall’indagine Iblis del 2010. La lunga inchiesta che ha tolto il velo sull’intreccio tra mafia, politica e mondo imprenditoriale all’ombra dell’Etna. Nizza ha scelto di collaborare con i magistrati da alcuni mesi. Dal dicembre dello scorso anno, con i suoi racconti ha riempito numerose pagine di verbali. Lunghi interrogatori, spesso omissati nelle trascrizioni in cui vengono svelati aneddoti e retroscena del periodo caldo che ha vissuto Cosa nostra tra il 2006 e il 2009.
Per riuscire a percepire la tensione che si respira in aula basta contare le opposizioni dei difensori ad ogni domanda dell’accusa sostenuta dai magistrati Gaetano Siscaro e Antonino Fanara. Gli animi si riscaldano in maniera netta quando si parla dell’omicidio eccellente di Angelo Santapaola e Nicola Sedici. Inghiottiti dalla lupara bianca nel 2007 per volontà, secondo il racconto del collaboratore, del gotha della famiglia mafiosa di Catania. «Mi racconta tutto mio fratello Daniele – spiega Nizza riferendosi al parente oggi detenuto e reggente nel quartiere di San Cristoforo – perché io all’epoca ero in carcere». Una scelta, quella di uccidere un mafioso legato da vincoli di sangue al patriarca Benedetto, che sarebbe stata presa dal figlio di quest’ultimo: «Enzo Santapaola, il piccolo, u nicu», racconta Nizza, riallacciandosi alla ricostruzione che gli fa il fratello dopo la scarcerazione.
«Era in programma una riunione con i Lo Piccolo di Palermo e altri di Barcellona Pozzo di Gotto ma non si presenta nessuno quel giorno. Mio fratello non assiste direttamente all’omicidio, ma sente i colpi e, quando entra nel capannone, trova Angelo e Nicola a terra. A sparare a entrambi è stato Orazio Magrì». La ruggine tra i Nizza – tutti inseriti in ambienti criminali compreso Andrea Luca, oggi latitante – e Angelo Santapaola avrebbe avuto come motivo anche il tentativo da parte di quest’ultimo di soffiare ai fratelli i contatti con i trafficanti albanesi per il rifornimento di marijuana in città.
Omicidi, droga ma anche politica. I contatti vengono riassunti all’interno di uno dei verbali depositati nei fascicoli del processo d’appello. Dichiarazioni che però risultano in parte omissate. Niente nomi ma la conferma, stando alle dichiarazioni di Nizza, di contatti avvenuti nel 2011 grazie ad alcuni intermediari appartenenti a Cosa nostra. A distanza di un anno si sarebbe votato per le ultime elezioni regionali in Sicilia. Nella disponibilità del gruppo Santapaola di Librino ci sarebbero stati i volantini del politico da eleggere contenuti all’interno di alcune scatole. Una campagna elettorale che alla fine potrebbe essere stata pagata con alcune decine di migliaia di euro.
Nel processo di primo grado con il rito ordinario, concluso nel maggio 2014, erano arrivate le condanne dei 22 imputati. Tra questi oltre a Santapaola Jr, i presunti capi mafia del calatino Rosario Di Dio e Pasquale Oliva, l’ex deputato regionale ed ex sindaco di Palagonia Fausto Fagone e gli imprenditori Santo Massimino, Francesco Pesce e Sandro Monaco.
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