I silenzi della Chiesa siciliana sullo sfascio della Regione e sui tagli alla spesa sociale

MOLTO DELUDENTE L’OMELIA CHE IL CARDINALE ARCIVESCOVO DI PALERMO, PAOLO ROMEO, HA TENUTO DURANTE LA TRADIZIONALE SANTA MESSA DI CAPODANNO AL COMUNE DI PALERMO. IL CALCE IL TESTO INTEGRALE DEL’OMELIA

Un comunicato del Comune di Palermo ci consegna il testo dell’omelia che il Cardinale Paolo Romeo, Arcivescovo di Palermo, ha tenuto durante la Santa Messa di Capodanno.
Siccome noi le cose le diciamo per come le vediamo – e in questo caso commentandole, visto che in calce i nostri lettori troveranno il testo integrale dell’omelia – dobbiamo dire che siamo rimasti un po’ delusi dalle parole del Cardinale Romeo.
Per carità: condividiamo tutto quello che ha detto il Cardinale Arcivescovo di Palermo: tanto più che, in molte parti, ha citato le parole di Papa Francesco che colpiscono sempre nel segno.
Nulla da dire su quello che ha detto. E qualcosa da dire, invece, su quello che non ha detto.
Per quello che ne sappiamo, per quella che è stata la storia di Palermo e della Sicilia dal 1947 ad oggi, il Cardinale Arcivescovo di Palermo è sempre stato un Pastore di tutta la comunità siciliana. E’ stato così ai tempi del Cardinale Ruffini: i suoi interventi non sempre risultavano condivisibili al cento per cento, ma erano pur sempre un segno di vitalità e di attenzione alla società siciliana. E’ stato così ai tempi del Cardinale Salvatore Pappalardo, che le cose non le mandava certo a dire.
Oggi, in Sicilia, viviamo una crisi pesantissima. Economica e sociale. Siamo governati, a Roma, da logiche massonico-finanziarie – con i ‘fili’ mossi da Bruxelles e Berlino – che impoveriscono la nostra Isola. Su questo ci aspettavamo qualche messaggio dalla Chiesa siciliana, visto che Unione europea e Governo nazionale impoveriscono la Sicilia.
La stessa Sicilia è amministrata con i piedi, da una politica rapace e sorda, che sta praticamente abbandonando le fasce deboli della popolazione con la riduzione spaventosa della spesa sociale. Anche su questo tema ci aspettavamo qualche parola da parte del Cardinale Romeo.
Invece registriamo un discorso che a noi sembra ‘notarile’. Si ferma qui la Chiesa siciliana? Siamo veramente messi male.

S. MESSA DI CAPODANNO AL COMUNE
OMELIA DI S.E. CARDINALE PAOLO ROMEO
ARCIVESCOVO DI PALERMO

Palazzo delle Aquile, 1 gennaio 2014

Nm 6,22-27; Sal 66; Gal 4,4-7; Lc 2,16-21

1. Su invito del Signor Sindaco, una buona consuetudine fa ritrovare insieme le più alte cariche istituzionali il primo giorno dell’anno civile, qui al Palazzo delle Aquile, come a voler ribadire l’unica volontà di metterci tutti al servizio della nostra amatissima Palermo.

Ci viene posto nelle mani un nuovo anno, un nuovo tempo, un nuovo “pezzo di futuro” da costruire. E questo è senza dubbio un dono di Dio! Pur nella trepidazione del tempo che viviamo, ci auguriamo “buon anno!”, ci stringiamo insieme le mani, ci comunichiamo visibilmente la voglia di migliorare, e la nostra buona volontà. Perché questo nuovo anno sia migliore a partire da come noi cercheremo di viverne i giorni.

E sulle nostre mani che si stringono, e sugli auguri che ci scambiamo, si orienta il volto di Dio che ci dona la sua benedizione: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”.

Il volto di Dio sulle mani degli uomini. La benedizione che oggi im-ploriamo da Dio non ha niente di magico o propiziatorio: non rinnova automaticamente le cose. Essa ha bisogno di incontrare la buona volontà dei singoli, la nostra determinazione nel fare il bene, nel farlo insieme, e nel farlo meglio, nella volontà di costruire un mondo migliore, che sia per questo già benedetto da Dio.

2. Il nuovo anno è posto, da un lato sotto la paterna benedizione di Dio, e dall’altro sotto la materna protezione di Maria: oggi celebriamo la Madre di Dio.
Maria è madre nostra. E una madre è sempre agli inizi di una novità, e più precisamente è agli inizi della novità della vita. Maria è all’inizio di una nuova storia, anche la nostra nuova storia del 2014.
Inoltre, la “madre” che ci viene proposta è la Madre di Gesù Cristo, Madre di Dio perché Madre del Verbo Incarnato, che nasce – come ci ha ricordato San Paolo – “nella pienezza del tempo” (cf. Gal 4,4). Come Madre di Dio, Madre del Bambino Gesù, è soprattutto all’inizio del tempo “pieno” della salvezza, di una pienezza di senso data al tempo.
Allora, da un lato, ponendo all’inizio del nuovo anno la figura di una madre, la Vergine Maria, ne invochiamo la protezione e rinnoviamo l’affidamento della nostra storia a lei. Dall’altro, guardando a lei come Madre del tempo compiuto, Madre della salvezza fatta carne, desideriamo che quest’anno sia non soltanto uno scorrere cronologico di eventi, ma una sfida quotidiana a riempire di senso il tempo, a fare attenzione alla qualità del tempo che abbiamo ricevuto in dono, in una parola, a prendere coscienza della direzione verso la quale andiamo, come diceva spesso il Beato don Pino Puglisi, che con il suo martirio rimane una stella luminosa per le nostre scelte.

3. Come rendere “pieno” il tempo? Come dargli senso e compi-mento? Il Santo Padre Francesco, con il tradizionale Messaggio in occasione della 47a Giornata Mondiale per la Pace, ci offre una pista concreta. Il tema su cui ha voluto fissare l’attenzione quest’anno è “Fraternità, fondamento e via per la pace”.
Sin dall’inizio del suo ministero di Successore di Pietro e Vescovo di Roma, Papa Francesco ha voluto sottolineare l’importanza di superare una “cultura dello scarto” e di promuovere una “cultura dell’incontro”, per contribuire a realizzare un mondo più giusto e pacifico.
Il Santo Padre ha denunciato con forza, proprio a Lampedusa, quella “globalizzazione dell’indifferenza” che ci fa lentamente “abituare” alla sofferenza dell’altro, chiudendoci in noi stessi e ripiegandoci nei nostri egoismi. Nel Messaggio, egli rileva con chiarezza: “Una fraternità priva del riferimento ad un Padre comune, quale suo fondamento ultimo, non riesce a sussistere. […] A partire dal riconoscimento di questa paternità, si consolida la fraternità tra gli uomini, ovvero quel farsi “prossimo” che si prende cura dell’altro” (n.1).
Dio Creatore ha voluto gli uomini uniti in fraternità, ma tale fraternità originaria è stata ferita dal peccato che rende ogni uomo un egoista, che chiude il cuore di Caino al fratello Abele.
Si chiede il Papa: “gli uomini e le donne di questo mondo potranno mai corrispondere pienamente all’anelito di fraternità, impresso in loro da Dio Padre? Riusciranno con le loro sole forze a vincere l’indifferenza, l’egoismo e l’odio, ad accettare le legittime differenze che caratterizzano i fratelli e le sorelle?”.
Solo Gesù Cristo è la risposta. Egli ci rivela l’amore del Padre suo e Padre nostro: “La radice della fraternità – afferma il Papa – è contenuta nella paternità di Dio. Non si tratta di una paternità generica, indistinta e storicamente inefficace, bensì dell’amore personale, puntuale e straordinariamente concreto di Dio per ciascun uomo (cfr Mt 6,25-30). Una paternità, dunque, efficacemente generatrice di fraternità, perché l’amore di Dio, quando è accolto, diventa il più formidabile agente di trasformazione dell’esistenza e dei rapporti con l’altro, aprendo gli uomini alla solidarietà e alla condivisione operosa”.
Gesù è venuto a rivelare, nell’unica paternità di Dio, l’unica famiglia degli uomini: “Nella famiglia di Dio, dove tutti sono figli di uno stesso Padre, e perché innestati in Cristo, figli nel Figlio, non vi sono “vite di scarto”. Tutti godono di un’eguale ed intangibile dignità. Tutti sono amati da Dio, tutti sono stati riscattati dal sangue di Cristo, morto in croce e risorto per ognuno. È questa la ragione per cui non si può rimanere indifferenti davanti alla sorte dei fratelli” (n. 3).

4. Tale fraternità costitutiva dell’umano, riconosciuta e vissuta, è fondamento per la realizzazione della pace. I più forti, i più capaci, i più fortunati hanno il dovere di venire incontro alle necessità dei più deboli, lungo tre linee: solidarietà, giustizia sociale, carità universale. Perché si promuova “un mondo più umano per tutti, un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da ricevere, senza che il progresso degli uni costituisca un ostacolo allo sviluppo degli altri” (n.4).
Il Papa collega poi il tema della fraternità ad uno sviluppo dell’economia che sappia individuare rimedi reali alla povertà. Il problema della povertà, che è – afferma il Papa – prima di tutto povertà di relazioni, emarginazione e discriminazione, deve spingere, a livello globale, ad un “ripensamento tempestivo dei nostri modelli di sviluppo economico” fondati su logiche consumistiche e materialistiche, di profitto e non di sviluppo.
A livello puntuale, invece, il Santo Padre propone un cambiamento di stili che parta dal cuore dell’uomo, con uno stile di vita più sobrio che si limita a consumare l’essenziale e una conseguente riscoperta delle virtù umane “della prudenza, della temperanza, della giustizia e della fortezza. Esse – afferma Papa Francesco – ci possono aiutare a superare i momenti difficili e a riscoprire i vincoli fraterni che ci legano gli uni agli altri, nella fiducia profonda che l’uomo ha bisogno ed è capace di qualcosa in più rispetto alla massimizzazione del proprio interesse individuale (n. 6).
Più avanti, il Santo Padre denuncia la guerra di tutti i tipi, come pure la corruzione e il crimine organizzato. La fraternità vince l’indifferenza nella quale si consumano i tanti conflitti attualmente nel mondo. Ma la fraternità è motore per quel duro lavoro necessario a conseguire la non-proliferazione e il disarmo, incluse le armi nucleari e chimiche.
Nei conflitti sociali, solo la fraternità è rimedio alla corruzione, al crimine organizzato, al traffico di droga, alla schiavitù, al traffico di esseri umani e alla prostituzione, e a quelle forme di ‘guerra’ economica e finanziaria che “distruggono la vita, le famiglie, e gli affari”. Perché si tratta di una molteplicità di forme nelle quali si coniuga l’egoismo.
Infine, il Papa considera l’urgente necessità di preservare e coltivare la natura come la nostra casa terrena e la fonte di tutti i beni materiali, ora e per le future generazioni: la fraternità si allarga anche al futuro della Terra, all’ambiente come dono del Creatore, da godere in comune, gratuitamente e con equità, per noi e per quanti verranno dopo di noi, anche loro nostri fratelli.

6. Attraverso la sua Parola e attraverso il Magistero del Santo Padre Dio ci dona anche per quest’anno speranza. Il Signore non ha mai perso tempo per entrare in dialogo con gli uomini, per offrirci il dono di una vera fraternità che, anche a livello della nostra Città, siamo chiamati a vivere e sperimentare, camminando insieme.
Riprendo allora la benedizione di Dio per il nuovo anno che inizia, e mi piace vederla come affidata anche alle opere dell’uomo. L’atto del “bene-dire” divino, ossia del “dire il bene” è affidato anche al “fare il bene” da parte dell’uomo, e – in questa particolare sede – a quelle scelte e a quelle decisioni di quanti, al servizio dei cittadini e dalla fraternità cittadina, a diverso titolo, si fanno ogni giorno autentici strumenti di Dio e dei fratelli.

 

Redazione

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